MILANO, 21 ottobre 2007 - Click. "Mi ha fatto i complimenti per la vittoria ma ho dovuto riattaccare perché non si sentiva bene". Kimi Raikkonen si è presentato in Ferrari così: vincendo al primo colpo in Australia il GP inaugurale del 2007 e pigiando il pulsante di "Fine chiamata" in faccia a Michael Schumacher, che Jean Todt gli ha passato sulla scaletta che lo portava sul podio di Melbourne. Senza troppi giri di parole, senza troppa deferenza. Poteva forse non diventare campione del mondo uno con questa personalità? Così puntualmente è accaduto in questo indimenticabile 2007.
CHE SOFFERENZA - Certo, a rivedere il film di questa stagione bisogna ammettere che il rischio di non farcela è stato concreto. Spuntarla proprio all’ultima gara sorpassando in classifica due piloti come Lewis Hamilton e Fernando Alonso è un piccolo miracolo. Ma in fondo è giusto così. Per tanti motivi. Il primo è che al primo anno al Cavallino Kimi ha vinto più di Felipe Massa, il compagno di squadra più esperto, e di tutti i rivali. Il secondo è che il conto con la fortuna era in pesante credito dopo le clamorose rotture meccaniche nei momenti chiave degli scorsi anni, in particolare nel 2003 e nel 2005. Il terzo è che non si attacca per caso la cornetta a un sette volte iridato. Anche se ti chiamano Ice Man, uomo di ghiaccio.
PREDESTINATO - Un soprannome vero solo in parte. Durante i GP risponde ai giornalisti quasi a monosillabi. "Ma è per isolarmi da tutto e pensare solo alla guida" si difende lui. Tutti quelli che conoscono il Kimi privato dicono invece di un ragazzo allegro, simpatico, dolce, uno a cui piace divertirsi (magari con qualche bicchiere di troppo). Certo quando è in pista diventa un vero martello. Un predestinato anche lui che ha esordito nel 2001 alla Sauber non senza polemiche. La Fia non voleva dargli la Superlicenza perché arrivava dalla F. Renault senza essere passato dalla F.3000, all'epoca l'anticamera della F.1. Un anno al team svizzero e poi Ron Dennis lo ha fortemente voluto per rilanciare la McLaren. A Woking è rimasto dal 2002 al 2006, sfiorando il trionfo nel 2003 e nel 2005, battuto da Schumi e Alonso.
ZITTITI I CRITICI - Ci piace pensare che Kimi Raikkonen è il campione del mondo più degno anche per chiudere equamente la brutta vicenda della Spy Story. Sapeva di "aggiustato" quella sentenza di condanna della McLaren ma non dei suoi piloti. Il 28enne di Espoo ha messo le cose a posto pareggiando i conti con la sfortuna e restituendo il titolo piloti al Cavallino dopo due anni di digiuno. Soprattutto dopo un'estate in cui è stato pesantemente e ingiustamente criticato: non era più corretto aspettare prima di dare giudizi negativi su un pilota che cambiava team e necessitava di un logico periodo di adattamento? Come non ricordare i tedeschi che insinuavano persino di una "sindrome Schumi" per Kimi: "Si blocca e si innervosice appena Michael è al box Ferrari, ne patisce la presenza". La risposta di Ice Man è arrivata. Click.
Giusto Ferronato
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