Non so cosa faranno i White Stripes da grandi, non so come saranno, però intanto ci provano - già questa mi sembra una notizia, anche se non è ben chiaro se la loro musica ha possibilità di crescere o semplicemente invecchia.
Questo pare un album di pausa, divertente senza novità, felicemente incoerente, sconnesso con letizia. Inizia con insolenti professioni di fede al diavolo Stones, con scosse telluriche che portano i musicisti ad aggrapparsi agli strumenti più che a suonarli, ma presto divaga verso un provocatorio Messico e poi cornamuse che neanche a Bron Y Aur, torna a un ispido garage dalle profondità Sixties e chiude su un folk hillbilly con chitarra slide che sarebbe piaciuto ai frateli Coen per i titoli di coda di Fratello, dove sei? Non sono esercizi di stile ma la mutevole testa di Jack che non vuole saperne di stare ferma e ordinare i dati: un ammirevole creativo disordine generato in tre settimane di lavoro in studio, che paradossalmente, suggeriscono dalla regia, è il periodo più lungo mai impiegato dai WS per una loro opera.
Il Messico che si diceva è quello di Conquest, cover della vecchia diva country Patti Page, le cornamuse trapuntano Prickly Thorn, But Sweetly Worn e St. Andrei (con la gracchiante voce di Meg) mentre Icky Thump, Bone Broke, Little Cream Soda sono i rimandi al bruto garage folk rock blues che alberga in fondo all’anima di Jack. Da non dimenticare I’m Slowly Turning Into You: non tanto per la canzone in sè, deboluccia, ma per l’idea, nata da un video di Michel Gondry, della faccia di Jack che diventa quella di Meg passando per i tratti di un centinaio di persone.
Riccardo Bertoncelli
http://www.delrock.it/album/2007/icky_thump.php