00 24/01/2004 18:03
Formaggi della Sardegna

Quando pensiamo a questa bellissima isola, immediatamente abbiamo negli occhi lo splendido mare che tutto il mondo ci invidia!
Fra i tesori che possiamo scoprire visitandola, oltre alla natura, alla storia e all’artigianato, la Sardegna possiede un enorme patrimonio eno-gastronomico, ricco e completo, che tocca il suo culmine con la grande varietà di formaggi di pecora.
Anche se nelle nostre città ora possiamo trovare una buona selezione di formaggi,il mio consiglio è di andare ad assaggiarli in loco.
Oltre a godere degli splendidi luoghi e della cordialità del popolo sardo potrete gustare l’intera gamma dei prodotti caseari: caprini in purezza (terra di pecore per eccellenza: ce ne sono più di sette milioni!), misti, freschi ed a vari stadi di stagionatura e magari avere l’occasione di parlare direttamente con il produttore.


FORMAGGI
Caprino a latte crudoDopo aver portato il latte alla temperatura di 3° C, si inserisce il caglio di capretto.
La cagliata avviene dopo circa 30 minuti e viene rotta spesso con le mani per ottenere dei grani piccoli come chicchi di riso.
Generalmente viene data una forma tronco-conica.

Fiore sardo DopFormaggio di origine antichissima risale al periodo nuragico, quindi bimillenario, poiché è realizzato con latte crudo della razza autoctona sarda che discende direttamente dal muflone. E’ prodotto, nella quasi totalità, tradizionalmente dai pastori nei loro caratteristici rifugi di montagna, costruzioni che presentano un focolare al centro. Ed è la presenza di questo focolare che conferisce un caratteristico sentore di affumicato al formaggio quando questo viene prodotto secondo la tradizione. Durante la maturazione le forme, a volte, subiscono un trattamento con grasso di pecora conferendo alla crosta una colorazione marrone scuro.

GranSardoL’ultimo nato nella grande famiglia dei grana arriva da una zona inaspettata: la Sardegna! Inaspettata non per la produzione di formaggi, anzi, fra i migliori nazionali, ma perché il grana non è per tradizione un formaggio di questa meravigliosa isola.
Alla fine degli anni Novanta il Pecorino Romano, grande prodotto realizzato principalmente in Sardegna, subisce una forte crisi produttiva dovuta a due principali fattori: il crollo della richiesta del formaggio da parte degli Stati Uniti e l’abolizione dei contributi europei per la produzione dello stesso. Che farne di quella grande quantità di latte impiegata per il Pecorino? Ed ecco dal gran senso pratico dei sardi e dalla loro sapienza casearia nascere un nuovo prodotto, quasi una sfida, il GranSardo.
Essendo realizzato con latte di pecora il gusto è completamente diverso dai tradizionali grana prodotti con latte vaccino, ma sorprende la particolare dolcezza dovuta al pascolo della Macchia Mediterranea. E’ assolutamente da provare anche se pur essendoci una grande abbondanza di latte se ne producono solo 2000 forme all’anno, risultando abbastanza difficile reperirlo nei negozi.

Pecorino di OsiloLa lavorazione e la stagionatura vengono condotte artigianalmente presso l’azienda o l’abitazione del pastore. Si utilizzano caldaie in rame stagnato in cui viene trasformato solitamente il latte proveniente dalla mungitura della sera e del mattino.
La coagulazione del latte, alla temperatura di 36-37° C, prevede l’impiego di caglio liquido di vitello ed avviene in 30-40 minuti. La rottura del coagulo si protrae sino a ridurre la cagliata in granuli delle dimensioni di chicco di mais; fa seguito la semicottura sino alla temperatura di 45-47° C. La massa caseosa viene quindi lasciata depositare sul fondo della caldaia e successivamente modellata sottosiero a formare un cilindro allungato. Il taglio, in tante porzioni quante sono le forme da ottenere, viene eseguito sottosiero o sul tavolo spersore. Le porzioni avvolte in un telo vengono sistemate negli stampi e sottoposte a pressatura per diverse ore. Durante questa fase vengono effettuati i rivoltamenti e, dopo alcuni di essi, l’adeguata sistemazione del telo al fine di rendere liscio il piatto della forma.
Il formaggio, salato in salamoia satura per circa 24 ore, con rivoltamento dopo 12, viene posto ad asciugare per qualche tempo e infine avviato alla stagionatura
La produzione di questo formaggio potrebbe essere aumentata e per questo Slow Food intende aiutare i pastori nella produzione di questo formaggio, invece di portare il loro latte ad altri.

Pecorino romano DopE’ un formaggio storico: i legionari romani aggiungevano sempre un’oncia di pecorino alla loro razione di farro, prima di andare in battaglia!
Nato nelle campagne romane, da cui prende il nome, attualmente la quasi totalità viene prodotta in Sardegna sia per il grande numero di pecore presente nella regione sia per la presenza di aree verdi incontaminate con pascoli ricchi d’erba tenera e saporita di cui gli animali hanno bisogno, sia per la grande esperienza dei casari sardi.
La cagliata viene rotta ottenendo granuli grandi come chicchi di riso, sottoposta a cottura e portata in vasche di drenaggio per un prima spurgatura.
La pasta così ottenuta viene tagliata a blocchi e messa in stampi metallici dove subirà un’ulteriore pressatura (24 ore). Dopo aver marchiato le forme (produttore, mese e anno) si procede alla salatura a secco (solo sale) operazione che durerà due mesi.
Durante la stagionatura le forme vengono lavate con acqua e sale.
Una volta le forme più pregiate e quelle destinate all’esportazione, venivano “cappate” cioè rivestite da una pellicola scura di plastica (o protettivi per alimenti) che ricordava l’antica usanza di massaggiare le forme con la morchia o cenere.

Pecorino sardo DopE’ il formaggio più tipico della Sardegna, e ne esistono innumerevoli tipi: fresco, semistagionato, stagionato, affumicato.
La salatura può essere a secco o in salamoia (quest’ultimo è il metodo più utilizzato).

PerettaE’ un formaggio a pasta filata confezionato, appunto, a forma di pera (assomiglia molto ad un provolone piccolo).La condizione migliore per gustarlo è dopo 4-5 giorni di stagionatura.Provatelo anche arrosto, col miele.

Ricotta gentileQuesto tipo di ricotta viene anche chiamata “ricotta romana” poiché il siero per la lavorazione è quello risultante dalla lavorazione del pecorino romano.
Il siero riscaldato in caldaia ad 80 gradi viene continuamente mescolato.
Appena le proteine del siero, sottoforma di fiocchi bianchi, iniziano ad affiorare si arresta il movimento. Quando tutti i fiocchi sono affiorati vengono raccolti con una schiumarola e porzionati in contenitori di plastica forati.
Dopo un periodo di raffreddamento (5-10 gradi) in un’apposita camera fredda la ricotta è pronta per essere consumata.