Bulgari, i gioielli e le attrici
"Ho venduto la Dolce Vita"
Il presidente della famosa casa orafa ricorda gli anni dello splendore tra Roma e Hollywood e ripercorre le tappe che l'hanno portato a scegliere la vendita al francese Arnault: "Non c'è stato un solo italiano disposto ad allearsi con noi. Totale disattenzione all'eccellenza: per la mostra sui nostri 125 anni non è venuta una sola istituzione, in Francia è venuta tutta la Parigi che conta"
È stato preso a male parole da Anna Magnani quando aveva solo 20 anni ("ma come vi permettete di farmi servire da 'sto moccioso!)". Ha fatto da "casco blu" tra Liz Taylor e Richard Burton quando un giorno sì e uno no ("spesso un po' alticci...") piombavano litigando nel negozio di famiglia in via Condotti - anno domini 1963 - per far pace a colpi di smeraldi e diamanti. Ha disegnato collier finiti al collo di tre generazioni di Oscar hollywoodiani, da Sofia Loren a Meryl Streep fino a Nicole Kidman.
Eppure oggi - 24 ore dopo aver girato l'azienda di famiglia a Bernard Arnault in cambio del 3% di Lvmh (con la regia di Credit Suisse) - per Paolo Bulgari è il momento della commozione. E di un po' di rabbia. "La prego di capirmi, sono ancora troppo emozionato". Poi apre il cassetto dei ricordi. Uno scrigno pieno di gioielli e aneddoti che - dalla Dolce Vita ai nuovi ricchi del terzo millennio, dalla bottega aperta nel 1884 dal nonno greco Sotirios Bulgaris fino alla multinazionale di oggi - sono la fotografia in chiaroscuro dell'Italia di questi decenni: tanta creatività, tanto spirito d'iniziativa ma alla fine "una cronica incapacità delle istituzioni a far sistema - come dice Bulgari - per sostenere le nostre eccellenze".
Partiamo dalla fine, Bulgari. Perché vendere se poi è così dispiaciuto?
"È stato un passo inevitabile. Ci stiamo ragionando da tempo. La famiglia è sempre più grande. Tanti figli, cugini e nipoti. Il prossimo passaggio generazionale rischiava di essere complicato. E per senso di responsabilità verso i 4mila dipendenti abbiamo preso questa decisione. Come può immaginare, con grande sofferenza personale".
Perché avete venduto ai francesi?
"Perché non c'è stato un italiano disposto ad allearsi con noi! E non sa quanto mi spiace. Per cinque anni abbiamo cercato partner tricolori, pronti anche ad andare in minoranza. Ci hanno risposto tutti picche. Certo rimane un po' d'amarezza per questo Paese...".
In che senso?
"C'è una totale disattenzione all'eccellenza. Mi tolgo un sassolino dalla scarpa: noi diamo lavoro a tanta gente in Italia, siamo un gruppo trasparente che non ha mai avuto bisogno della politica. Mi immaginavo che alla mostra per i nostri 125 anni a Roma venisse a trovarci qualche istituzione".
E invece?
"Non è venuto nessuno. Quando abbiamo replicato in Francia al Grand Palais l'anno scorso c'erano 5mila persone con tutta la Parigi che conta".
Un bel risultato per chi ha iniziato da artigiano...
"Lo spirito artigianale resta il nostro segreto. Mio nonno è arrivato a Roma dall'Epiro per vendere argenti in strada. Io sono entrato a bottega a 18 anni. Ero uno studente di Legge con il bernoccolo dell'architettura, convinto da un padre suadente a lavorare con lui. Niente week-end, nessun orario, era un'altra Italia. Ho rubato i segreti del mestiere a zio e papà un po' alla volta. E ora sono ancora qui, cinquant'anni dopo, che continuo a disegnare collier, anelli e braccialetti".
Ingrid Bergman, Sharon Stone, Claudia Cardinale, Monica Vitti, Romy Schneider. Mezza Hollywood e quasi tutta Cinecittà hanno indossato le vostre creazioni. Qual è la cliente o il gioiello che ricorda con più affetto?
"Vuol saperlo davvero? Una collana di rubini, al collo di mia figlia di 15 anni. Ho la foto qui con me".
Nostalgia della Dolce Vita a Roma?
"Altri tempi. Allora c'era tanto ottimismo. Roma contava più di Parigi. I grandi compratori di gioielli erano gli americani e gli italiani. I francesi, con buona pace di Arnault, non erano allora né sono oggi grandi clienti. Questione di oculatezza...".
Certo non badavano a spese Richard Burton e Liz Taylor...
"Può dirlo! Erano qui per girare "Cleopatra". Innamoratissimi. Litigiosissimi. E spesso alticci. Arrivavano come due furie nel negozio di via Condotti. E lui, per far pace, le regalava una gioia".
Beata lei e beati voi. Ha avuto compratori più difficili?
"Un vero choc per me è stata Anna Magnani. Entrò in negozio. "Vai a servirla" mi dissero. Io avrò avuto sì e no 20 anni e lei, che aveva un carattere forte, non la mandò giù. "Sono una grande cliente - disse - chi è questo ragazzino?" Mi trattò malissimo".
È vero che Audrey Hepburn, la Holly Golightly di "Colazione da Tiffany", si serviva da voi?
"Siamo gioiellieri riservati.... Ma credo di averla vista entrare qualche volta in negozio".
Cosa piaceva di Bulgari a queste star?
"La creatività e il lavoro artigianale. Abbiamo inventato i gioielli multicolori quando a Parigi tagliavano solo diamanti...".
Oggi i tempi sono cambiati. Da voi vengono Madonna, Tina Turner. Altro stile, non le pare?
"Sì. Ma la vera rivoluzione è che il baricentro del mercato si è spostato verso Medio Oriente e Asia".
E la vecchia bottega di nonno Sotirios è diventata una grande azienda quotata in Borsa...
"Era un passo inevitabile. Nel '95 abbiamo deciso di accelerare l'espansione e ci siamo quotati. Abbiamo perso flessibilità. Ma siamo entrati in un agone più grande. Non sono pentito".
Tanta gente fatica a permettersi l'indispensabile. Che effetto fa disegnare oggetti "superflui" da decine di migliaia di euro?
"Vendiamo anche gioielli da mille euro. Certo non è poco. Ma le assicuro che la bellezza di un oggetto non la fa il prezzo. Creare un bel gioiello che costa poco è la sfida più affascinante".
Adesso che farà? Va in pensione?
"Scherza? Non ha idea di quanto mi sia costata questa operazione. Ma la vita continua. Domani sono di nuovo in azienda a studiare gioielli".
Fonte:
Repubblica