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IL TOSSICOLOGO: DANNI ALLA SALUTE SE L’ESPOSIZIONE È PROLUNGATA NEL TEMPO

Uova alla diossina, allarme in Europa

In Germania, dove è partito lo scandalo, sono stati chiusi 4.700 allevamenti.
Prodotti a rischio in Olanda e Gb


MILANO - Oltre 4.700 allevamenti di polli e maiali chiusi in Germania, 527 tonnellate di mangime contaminato, 136mila uova "a rischio" esportate in Olanda e da qui spedite, sotto forma di prodotti alimentari, al Regno Unito. Sono i numeri dello scandalo diossina che si sta allargando a macchia d'olio, facendo tremare i consumatori europei.

LO SCANDALO - In Germania, dove è nato il problema e dove la magistratura ha già aperto un'inchiesta, sono stati chiusi temporaneamente migliaia di allevamenti a causa della contaminazione di uova e mangimi. Un colpo ulteriore al settore, che ha visto un drastico calo delle vendite. La società sotto accusa - la Harles & Jentzsch, che ha ammesso di "correggere" i mangimi con residui di olio biodiesel - sapeva già da marzo che i propri grassi alimentari contenevano elevati livelli di diossina, ma il Ministero dell'Agricoltura dello Schleswig-Holstein è stato informato solo il 27 dicembre dei risultati. Le analisi indicavano che i livelli di diossina rilevati nei grassi alimentari destinati alla produzione di mangimi sono due volte superiori alla norma. Il Ministero della Salute tedesco ha fatto sapere che la percentuale di diossina contenuta nelle uova è 3-4 volte superiore alla soglia consentita, ma «non pericolosa per la vita umana». Resta il fatto che si tratta di una sostanza tossica e persistente negli organismi.

LATTE A RISCHIO - Intanto l'allarme si estende. Secondo il quotidiano tedesco Bild un allevatore di bovini potrebbe avere usato il mangime sotto accusa ed è possibile che abbia prodotto latte contaminato, finito nei supermercati con gli altri prodotti sotto indagine: uova, carne di pollo e di maiale. «Il mangime contaminato da diossina è stato dato anche alle mucche - ha detto alla Bild Manfred Santen, di Greenpeace -. Negli animali la diossina si deposita nella parti grasse, quindi anche nel latte». Prudente Christiane Gross, portavoce dell'associazione non governativa Foodwatch che si batte per i diritti dei consumatori nel settore alimentare: «Al momento non è escluso che il latte contaminato da diossina abbia raggiunto gli scaffali dei supermercati». Il tabloid tedesco riporta il caso di Juergen Spreen-Ledebur, un allevatore di mucche dello Schleswig-Holstein, la regione a nord della Germania dove ha sede la Harles & Jentzsch: l'allevamento è fermo da tre giorni e Spreen-Ledebur è costretto a buttare 1.700 litri di latte al giorno.

DUE LOTTI IN OLANDA - Il portavoce del commissario europeo per la Salute John Dalli ha rassicurato i consumatori europei sottolineando che il livello di contaminazione delle uova tedesche «è relativamente basso». Nello scandalo dei mangimi contaminati che esplose in Belgio nel maggio 1999 i livelli erano «100 volte superiori». Inoltre solo due lotti di uova potenzialmente contaminate sarebbero usciti dalla Germania diretti in Olanda. Il primo, il 3 dicembre, è stato trasformato e a sua volta esportato nel Regno Unito; il secondo, il 15 dicembre, è stato mescolato con altre uova e suddiviso in tre lotti dei quali uno è stato congelato, e degli altri due non si conosce la destinazione. Il portavoce del commissario Ue ha assicurato che le autorità olandesi sono intervenute e ha affermato che in ogni caso sarebbe stato necessario consumare qualche dozzina di uova per raggiungere una concentrazione di diossina pericolosa per l'uomo. Intanto, ai cittadini non resta che controllare la dicitura stampigliata sui gusci delle uova: se c'è scritto "IT" (Italia come Stato di produzione) si può stare tranquilli. La Coldiretti propone di introdurre subito l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti (come previsto dal disegno di legge in discussione alla Camera), dato che la Germania fornisce un quinto del latte consumato in Italia e con 41 milioni di quintali all'anno fra latte latticini e formaggi è il primo fornitore. La legge ad oggi prevede l'indicazione dell'origine in etichetta per il latte fresco, mentre per il latte a lunga conservazione (UHT) non è prevista l'indicazione d'origine, stessa cosa accade per i derivati del latte e per i formaggi, ma anche per la carne suina, di pecora, agnello e coniglio.

COS'È LA DIOSSINA - La diossina è una sostanza tossica non presente in natura. «Esistono 75 diossine, composti clorurati detti congeneri. Il più pericoloso per l’uomo è la tetraclorodibenzo-p-diossina, classificata come cancerogeno di tipo 1, spiega Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali presso la Fondazione Maugeri di Pavia -. Questi composti sono insolubili in acqua, molto solubili nel grasso e molto resistenti alla degradazione chimica e biologica. Significa che non sono sostanze trasformabili, restano nell’ambiente. Derivano dalla combustione di prodotti industriali, si depositano sul terreno e non migrano in profondità. È il motivo per cui li ritroviamo nei mangimi per allevamento. La diossina può essere inalata, se in aria si diffondono particelle contaminate. Ma la via di contaminazione classica è l’ingestione di cibi. Il 90% di esposizione uomo alla diossina è di tipo alimentare. E nell’ambito di questa percentuale, il 90% dei rischi sono legati a alimenti di origine animale».

DANNI ALLA SALUTE - «Perché ci siano danni alla salute è necessario che l’esposizione sia prolungata nel tempo e i valori di diossina presente nell’alimento contaminato siano sensibilmente superiori alla soglia indicata dall’Organizzazione mondiale della Sanità» spiega Minoia. Un'eccessiva esposizione può causare effetti a carico del sistema immunitario, del fegato e delle pelle, oltre che sull’embrione. Queste le soglie di diossina che è possibile assorbire ogni giorno senza rischi per la salute: «La carne di ruminanti, quindi bovini e ovini, non deve contenere più di 3 picogrammi di diossina per grammo di grasso - dice Minoia -. Il livello scende a 2 picogrammi per selvaggina e pollame e di 1 picogrammo per i suini. Nel caso di fegato e prodotti derivati da animali di terra la soglia massima è di 6 picogrammi ogni grammo. La dose relativa a muscolo di pesce e prodotti della pesca è di 4 picogrammi ogni grammo di peso fresco. Il picogrammo è un’unità di misura inferiore al milligrammo. Quelli che ho elencato sono i valori stabiliti da un decreto comunitario del 2006. Un cittadino europeo può introdurre un massimo di 23 picogrammi al giorno dalla carne, 13 picogrammi dal latte, 5 da prodotti di altro genere e altrettanti dal pesce».

Fonte: CorrieredellaSera
[Modificato da binariomorto 07/01/2011 23:27]


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