La cosa che più sorprende nella biografia di Enrico Mattei, in onda domenica 3 e lunedì 4 maggio su Raiuno, è che pur avendo con l’Agip regalato il metano alle città italiane e con l’Eni fatto concorrenza ai grandi gruppi petroliferi americani, non si sia personalmente arricchito, tanto che, per dare una pensione alla vedova, fu necessaria una leggina. «Non mi interessa essere ricco in un paese povero», tra le frasi celebri pronunciate da Mattei, è quella che più ci lascia sbalorditi, oggi, abituati ai compensi dei manager pubblici e privati, capaci o inefficienti, onesti o imbroglioni. Ma ci lascia senza parole anche che Mattei si circondasse di dirigenti giovanissimi, mai sopra i 35 anni, meglio ancora se, come Giorgio Ruffolo, di anni ne avevano appena 27. Che fece abbattere il muro della mensa alzato per dividere gli operai dai capi, parendogli assurdo mangiare separati. O che per avere un prestito a favore dell’Agip offrì in garanzia alla banca i suoi beni personali. Il resto, e che resto!, ci appare più normale. Erano gli anni della ricostruzione. L’Italia era quella di De Gasperi. Mattei era stato nel Cln in rappresentanza dei partigiani della neonata Dc. Ovvio che a fine guerra avesse un incarico pubblico. Meno ovvio che disattendesse il mandato e invece di liquidare l’Agip, un carrozzone che non aveva prodotto utili, decidesse di intensificare le ricerche in Val Padana trovando un grosso giacimento di metano, e da qui partisse la sua avventura per rendere il nostro paese energeticamente più forte e indipendente.
Mattei: l’uomo che guardava al futuro, scritto da Monica Zapelli, Claudio Fava e Giorgio Mariuzzo, per volontà della Lux e più precisamente di Ettore Bernabei che era stato amico del fondatore dell’Eni, è un romanzo popolare che ne racconta la vita fino all’incidente aereo del 1962 in cui morì, provocato forse dalla mafia siciliana armata non si sa da chi, a Bascapè, vicino a Pavia. Giorgio Capitani, che ha diretto la fiction: «Fu un grande corruttore incorruttibile e un grande donnaiolo legato alla moglie. Dei partiti, come aveva dichiarato, si serviva come di un taxi: salendo, facendosi portare dove voleva, pagando la corsa, mai lasciandosi ricattare. Donne e politica erano fuori dalla sua azienda. Sempre».