La squadra è il Santa Cruz, un club brasiliano nato a Recife nel 1914 e che ha una lunga storia di tradizione e di amore incondizionato dei propri tifosi. Recife negli ultimi anni è una delle tappe privilegiate del turismo italiano: le sue splendide spiagge, i suoi villaggi turistici, la sua instancabile vita notturna rappresentano un motivo di richiamo di grande interesse. Ma c'è anche il calcio. Alla serie A brasiliana, il Brasileirao, Recife offre due squadre: lo Sport, che ha appena vinto la Copa do Brasil e l'anno prossimo giocherà la Libertadores e il Nautico. E due tifoserie profondamente nemiche e invise. Recife è una piazza calda, difficile: in Brasile molti sostengono che lo stadio dello Sport (l'Ilha do Retiro) sia il più problematico dell'intero paese.
Il Santa Cruz rappresenta invece il 'tifo di famiglia' della città: una sorta di eredità che ci si tramanda di padre in figlio e che comporta nel Dna uno spirito di sofferenza e di accettazione che va al di là di quello che l'essere un tifoso comporta: c'è un modo di dire tra i tifosi del Santa Cruz che in lingua italiana più o meno suona... "Tifo Santa Cruz e ogni tanto mi piacerebbe anche vincere". Altri sostengono che le responsabilità di tanta cattiva sorte sta nel nome: i tifosi del Santa Cruz portano la 'croce' del tifoso che nonostante tutto è dalla parte della squadra. Una sorta di calvario del torcedor.
Perché anche se in ambito statale qualche soddisfazione il Santa Cruz se l'è tolta (27 campionati pernambucani non sono pochi), nelle competizioni confederali il Cobra Coral non ha mai vinto praticamente nulla. E negli ultimi anni il club che ha marcato gli esordi di giocatori del calibro di Rivaldo e Ricardo Rocha, è passato alla storia non propriamente per i suoi meriti sportivi: in due anni e mezzo tre retrocessioni e un salto all'indietro di quattro categorie. E non per illeciti, o fallimenti. Retrocessioni conclamate, sul campo, e dunque motivatissime: nel dicembre 2006 il Santa Cruz chiude all'ultimo posto il campionato di serie A e retrocede in B dove l'anno dopo finisce 18esimo, e retrocede ancora. Il campionato di Serie C brasiliano è parecchio complesso: ci sono sedici gironi con 63 squadre che giocano un doppio turno di andata e ritorno... insomma, per farla breve, ti puoi qualificare agli spareggi per risalire o sprofondare. Beh. Il Santa Cruz è sprofondato praticamente subito: ma con stile. Di fronte a 60mila persone all'Estadio de Arruda pareggia con il modesto Campinense e finisce in Serie D.
Un popolo in lacrime: perché il Santa Cruz è l'ottavo club del Brasile per numero di tifosi. Si parla di una tifoseria di quasi un milione di fans: i quali di fronte al dramma si sono ricompattati e organizzati. Hanno stampato decine di migliaia di magliette con la scritta "meu amor não tem divisão", hanno invitato la nazionale brasiliana a giocare all'Arruda (la Federaçao ha accolto l'invito e organizzerà lì una delle partite delle qualificazioni al Mondiale), hanno convocato le elezioni anticipate del nuovo direttivo per far fronte allo stato di emergenza e si sono immediatamente organizzati per... una festa! Musica, calcio giovanile e ospiti d'eccezione per raccogliere fondi e rilanciare il club.
Terza retrocessione di fila che coincide con la festa più grande nella storia del club: non so se questa storia avrà un lieto fine: ma mi piace pensare che se lo meriti.
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