BRESCIA
Uno dei radiocollari che avevano i caprioli è stato trovato appeso ai rami di un albero: un atto di sfida alle autorità del Parco.Hanno vinto i bracconieri, a colpi di fucile. Volevano fare fallire il progetto di reintroduzione dei caprioli nel parco dell’Adamello e ci sono riusciti, crudeli e implacabili. Come anni fa, quando sotto i loro colpi erano finiti gli ultimi esemplari. Nel giro di una decina di mesi dalla loro ritorno erano stati uccisi ben quindici animali. Le apparecchiature che segnalavano i loro spostamenti sono state ritrovate al collo delle teste decapitate o, come ieri, appese al ramo di un albero come segno di sfida e di disprezzo. L’iniziativa di riportare i caprioli sull’Adamello era partita nel marzo dell’anno scorso. Ventitré animali soccorsi a pochi giorni di vita e allevati nel centro di recupero «Il Pettirosso» di Modena sono stati liberati nel parco. «Li avevamo nutriti a biberon di latte per settimane» spiega visibilmente turbato Pietro Milani, il responsabile del centro emiliano. «Erano cresciuti qui da noi fino a raggiungere l’età adulta. A quel punto erano pronti per la liberazione in una zona protetta sulle montagne bresciane, dove la loro presenza era stata cancellata dai bracconieri nel corso degli anni».
Il viaggio
Trasferire senza incidenti da Modena un così alto numero di caprioli non era stato facile. Soprattutto quando lo stress della cattura con le reti avrebbe potuto ucciderli. Ma il viaggio si era concluso senza incidenti e tutti gli animali erano stati liberati all’interno del Parco. Una cerimonia densa di significati e attese, alla presenza dei numerosi cacciatori della zona che avevano gioito di questa nuova reintroduzione di animali ormai scomparsi da anni. Tutto sembrava procedere bene. I controlli di un gruppo di ricercatori, grazie ai segnali emessi dai radiocollari, sembravano mettere al riparo gli splendidi esemplari da brutte sorprese. Ma l’impegno e l’entusiasmo dei tecnici non avevano fatto i conti con i bracconieri.
Le guardie e gli spari
Mese dopo mese, dal giorno della reintroduzione nel Parco, il loro numero si è assottigliato sempre più. «Il parco - racconta il direttore Vittorio Ducoli - non ha un proprio corpo di guardie adibite ai controlli all’interno dell’area protetta che è molto vasta».
L’inserimento di nuovi animali nel Parco non era stato accolto da tutti con piena condivisione. E’ soprattutto mancata la collaborazione delle guardie della Provincia di Brescia, i cui controlli degli animali e la cui presenza sul territorio, assidua e a sorpresa, magari senza il vincolo di rigorosi turni di servizio, avrebbero fatto da deterrente. E per i bracconieri è stato un gioco da ragazzi appostarsi e sparare conoscendo in anticipo i turni di servizio delle guardie.
Non a caso, in tutto il 2007 non un solo bracconiere è stato sorpreso sul fatto. Un quadro desolante, aggravato dal fatto che anche gli uomini del Corpo Forestale dello Stato hanno grossi problemi nel monitorare le aree montane. «Facciamo il possibile - spiega il vice questore aggiunto Gualtiero Stolfini, comandante a Brescia - ma siano sotto organico, le risorse sono scarse, e spesso , troppo spesso, anche la benzina è razionata. E poi va detto che un bracconiere sorpreso a sparare viene sanzionato con una ammenda penale di 512 euro!». Troppo poco per fermare la strage.
Gli ultimi otto
La provincia di Brescia è, da sempre, la patria dei bracconieri. Lassù, sulle montagne, sono loro che dettano legge. Troppo spesso impuniti saccheggiano a man bassa non solo la fauna stanziale ma anche quella di passaggio. A ottobre era scattata l’operazione antibracconaggio denominata «Pettirosso», condotta da agenti investigativi della Forestale giunti da tutta Italia. Nel giro di alcune settimane erano stati denunciati oltre cento bracconieri colti sul fatto mentre sistemavano gli «archetti», che condannano ad una lenta agonia migliaia di pettirossi. Si tratta di una trappola silenziosa ad arco che spezza le zampette dei pettirossi, che, anche se successivamente liberati, sono condannati a morire di stenti in quanto non possono più posarsi sui rami degli alberi.
Oggi solo otto radiocollari continuano ad emettere i loro segnali. Otto esemplari di capriolo in lotta per la sopravvivenza. Nel mirino dei bracconieri. Per quanto tempo ancora questi ultimi sopravvissuti potranno vivere indisturbati? Una cosa è certa. Se non si farà qualcosa, il Parco dell’Adamello resterà per sempre senza di loro.
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