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30/01/2008 19:55
 
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Crisi, Napolitano incarica Marini
«Verificare le possibilità di consenso su una riforma elettorale». Il presidente del Senato: «Impegno gravoso»

Franco Marini (Emmevi)
ROMA - Tocca a Franco Marini. Come previsto, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha conferito al presidente del Senato un «incarico finalizzato» per verificare «le possibilità di consenso per una riforma delle legge elettorale» e di un governo che se ne occupi. La decisione del Capo dello Stato è arrivata all'indomani della conclusione del giro di consultazioni con i leader politici e i presidenti emeriti della Repubblica (martedì erano saliti al Quirinale Veltroni e Berlusconi, oltre a Cossiga, Scalfaro e Ciampi). «La crisi della maggioranza di governo - ha spiegato Napolitano (leggi la trascrizione integrale del suo intervento) - è avvenuta dopo che in Parlamento si erano aperti spiragli di dialogo per una riforma elettorale e per importanti riforme istituzionali. La modifica della legge elettorale è stata sollecitata anche da una richiesta di referendum dichiarata ammissibile dalla Corte Costituzionale. Per questo ho fatto appello al presidente del Senato (leggi il suo profilo) di verificare le possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma e di un governo che sia funzionale all'approvazione di tale progetto e all'assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi».

«IMPEGNO GRAVOSO» - Marini, che inizierà il suo giro di consultazioni giovedì pomeriggio, ha ringraziato «vivamente il presidente della Repubblica». «So bene - ha aggiunto - che si tratta di un impegno gravoso, perché so che nelle attese dei nostri cittadini c'è un'attenzione forte alla modifica della legge elettorale. I tempi sono stretti, cercherò di trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze. Impegnerò in questo compito tutta la mia determinazione».

IL CENTRODESTRA: AL VOTO - In effetti, non sarà un compito semplice. La posizione del centrodestra, che si è ricompattato dopo le fibrillazioni degli ultimi mesi, è quella di andare subito al voto. Lo hanno ribadito anche Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini (che in una nota congiunta si impegnano nella prossima legislatura «a promuovere le riforme con la convinzione che queste non possano essere realizzate nel solo perimetro di una parte politica»). «A Marini - ha affermato il leader di Forza Italia - chiederemo di andare subito al voto. Non c'è bisogno di cambiare adesso la legge elettorale. Quando un governo e un presidente del Consiglio non hanno più la maggioranza si deve tornare dagli elettori». Anche il leader dell'Udc, che inizialmente era propenso a sostenere un governo istituzionale, si è allineato alle posizioni degli altri alleati: «Nessun italiano serio può pensare che io possa sostenere un governo con Rifondazione comunista, con Bertinotti e Pecoraro Scanio. Marini? La sua missione è certamente difficile, ma di impossibile in assoluto non c'è nulla. Però i margini si sono assotigliati». Più tardi, il segretario del partito, Lorenzo Cesa, ha puntualizzato: «Marini è un amico, vediamo cosa ci dirà. Penso che in questi giorni ascolterà tutti i partiti. Noi ascolteremo quello che ci dice e poi valuteremo». E dopo la decisione di Napolitano, il leader della Lega, Umberto Bossi, ha dichiarato che «qui stanno comunque cercando di far passare il tempo e adesso è il momento di dire basta ai giochi di prestigio».

FINI: «MARINI FALLIRA'» - Da Parigi GianfrancoFini è tornato a chiedere al presidente della Repubblica di «sciogliere le Camere»: il leader di An è convinto che Marini «fallirà». E sarà inevitabile andare a nuove elezioni. «Le motivazioni addotte dal presidente Napolitano - ha detto Fini - sono comprensibili, perché sciogliere le Camere è sempre traumatico». Ma è «largamente prevedibile» che Marini non riuscirà a trovare ampio consenso su una nuova legge elettorale. «E allora calerà il sipario».

IL CENTROSINISTRA: BENE MARINI - La missione di Marini trova invece consensi nel centrosinistra, pur tra sfumature diverse e qualche eccezione. Per Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, «il Capo dello Stato ha colto la necessità di perseguire fino in fondo ogni tentativo per giungere all'adozione di una riforma elettorale condivisa, in grado di ovviare ai problemi istituzionali e politici che sono derivati dall'attuale disciplina». Del resto, lo stesso Veltroni aveva spiegato a Napolitano che il Pd ritiene necessaria la formazione di un governo che faccia almeno la riforma elettorale. Anche Rifondazione comunista ha accolto con favore la decisione del Capo dello Stato: «Il mandato conferito a Marini - ha detto il segretario Franco Giordano - è esattamente quello che noi abbiamo prospettato e voluto e cioè che in tempi rapidi si arrivi a riformare la legge elettorale in modo condiviso, e secondo noi sulla base della bozza Bianco». Il leader del PdCi, Oliviero Diliberto, ha puntualizzato che il suo partito «è indisponibile a governi che cambino la maggioranza uscita dalle urne. Se sarà il vecchio centrosinistra, noi siamo disponibili, ma rispetto a qualunque intesa pasticciata meglio votare». Prima dell'annuncio di Napolitano, anche il portavoce nazionale dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando, aveva affermato che «piuttosto che logorare ancora credibilità e tenuta democratica è meglio andare subito al voto». E mentre l'Udeur - in vista delle probabili elezioni - ha chiarito che «non è stata fatta alcuna scelta in merito alla nostra collocazione futura», il leader dei radicali Marco Pannella non ha usato mezzi termini sulla proposta del centrodestra di andare al voto anticipato: «Urlando "al voto al voto" si minchiona l'Italia».

MONTEZEMOLO E BONANNI - Un attestato di stima al presidente del Senato è intanto arrivato dal numero uno di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che ha definito Marini «una persona capace, con senso del bene comune e del lavorare insieme». «Mai come in questo momento riteniamo, come cittadini, di mettere il bene comune al centro, di cercare responsabilità comuni, obiettivi comuni - ha aggiunto Montezemolo - perché il Paese ha bisogno di scelte che non sono né di destra né di sinistra, ma sono scelte fondamentali per il futuro». Apprezzamenti anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «Franco Marini è la seconda carica istituzionale e questo fatto è già una garanzia importante. È poi un politico di grandi capacità oltre che un profondo conoscitore della realtà sociale ed economica del nostro Paese».
31/01/2008 16:14
 
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SAGGIO
Domani pomeriggio il presidente incaricato inizia le consultazioni
Un percorso molto stretto che inizia dalla prima proposta di riforma
La missione impossibile di Marini
riparte dalla prima bozza Bianco

Il testo dell'11 dicembre aveva l'ok di Pd e Fi. Udc e Rc chiedevano
correzioni. Contrari tutti i piccoli partiti. La variabile referendum

ROMA - Una missione quasi impossile. "Impegno gravoso" ammette Marini che assicura "tutta la sua determinazione". Un passaggio strettissimo che anche gli addetti con più buona volontà quantificano intorno a "5-10 per cento di possibilità di riuscita". Incarico finalizzato a trovare una maggioranza "per un preciso progetto di legge elettorale": questo il mandato del Colle su cui pesa tantissimo la parola della Consulta: ammettendo i quesiti referendari, dice che l'attuale legge elettorale "è carente".

Marini inizierà domani pomeriggio le consultazioni. E già in queste ore, ma forse anche nei giorni scorsi, si è fatto preparare uno schema dai tecnici per capire da dove partire. Il punto di partenza è sicuramente il lavoro della Commissione Affari costituzionali del Senato presieduta da Enzo Bianco che l'11 dicembre 2007 e il 15 gennaio 2008 ha presentato due diverse bozze di legge elettorale su cui si erano create diverse e fluide alleanze. Tra queste carte, ipotesi e possibili modifiche aperte sul tavolo c'è la sfida del presidente del Senato adesso incaricato dal Quirinale di trovare una soluzione alla crisi di governo.

"E' verosimile pensare di poter ripartire dalla prima bozza Bianco e da lì andare in avanti" spiega uno dei tecnici che ha lavorato alle due bozze e ha seguito il faticoso formarsi di consensi intorno ad esse.

Le convergenze dei partiti sulla prima bozza Bianco. Il testo presentato in Commissione l'11 dicembre proponeva un sistema proporzionale con il 50 % dei seggi uninominali, l'altro 50% attribuiti con sistema proprozionale. Prevedeva una doppia soglia di sbarramento: una nazionale del 5% oppure, per chi non la superasse, del 7% in almeno cinque circoscrizioni.

L'altra grande novità riguardava proprio le circoscrizioni che dalle 26 attuali passavano a 32, un vantaggio per i partiti più grandi favoriti dal metodo di conteggio dei seggi (il D'Hondt). Non era previsto alcun premio di maggioranza.

Restavano due incertezze. La prima su come calcolare i resti: su un collegio unico nazionale per non disperdere voti e secondo il principio una testa-un voto; o su base circoscrizionale, sicuramente uno svantaggio per i partiti più piccoli e con un seguito non omogeneo. La seconda sul modo di votare: voto unico o voto disgiunto tra la lista e il candidato, in pratica una sola scheda per l'uninominale e il proporzionale o due.

Su questa ipotesi le posizioni erano frammentate ma, diciamo, componibili in una maggioranza. Pd e Fi avevano dato il via libera. Udc e Rifondazione chiedevano correzioni ad esempio sul modo di conteggiare i resti. Sinistra democratica chiedeva correzioni radicale per il Senato. An, Verdi, Pdci, Udeur, Psi la bocciavano in blocco perchè sarebbe stata "la condanna a morte dei piccoli partiti uccisi dalla soglia di sbarramento e impossibilitati di fare allenze e stringere coalizioni prima del voto".

Le alleanze sulla seconda Bozza. Il 15 gennaio Enzo Bianco presenta una nuova bozza. Con una grossa novità: nelle settimane precedenti si è creato il fronte dei proporzionalisti (Udc, Rc e Sd) che ottiene, rispetto al primo testo, alcune modifiche fondamentali: possibilità di allearsi prima del voto con l'obbligo, a quel punto, di indicare il premier; riparto del 50% dei seggi proporzionali su base nazionale e non circoscrizionalie; idem per i resti; ma soprattutto elezione dei senatori in collegi uninominali e conteggiati con formula proporzionale dove resta in vigore lo sbarramento del 5 per cento. E' il Senato la novità che fa saltare il banco con Forza Italia. La seconda bozza ha il via libera di Pd, Udc, Rc e Sd. Nicchia An. Contrari, come sempre, i piccoli partiti dell'Unione.

Lo scenario oggi. Fatti due conti Marini non può che ripartire dalla prima bozza Bianco. Glielo ha suggerito anche Veltroni: "Possiamo ripartire da lì" ha detto dopo la consultazione al Quirinale. Quella bozza era il frutto dell'asse Veltroni-Berlusconi, il tanto odiato Veltrusconi perché sospettato di inciuci e accordi sotto banco su cui però c'era una maggioranza bipartisan.

Marini ha davanti a sè una strada strettissima. Una maggioranza, magari, Pd, Udc, Sd, Rc e che deve appoggiare, come minimo, sulla neutralità di Fi. Una neutralità che, stando alle dichiarazioni di oggi di Berlusconi non sembra avere chance. A meno che la pressione di Confindustria, Confcommercio, vescovi e chiesa e altre categorie non sia tale da riuscire a convincere il Cavaliere. Non c'è dubbio poi che la Rosa bianca, il nuovo centro di Tabacci-Baccini-Pezzotta nato ufficialmente proprio stasera, offre un altro spiraglio a Marini. E un gancio per cercare al Senato una nuova maggioranza pescando tra i venti senatori dell'Udc.

La variabile referendum. Le firme dei cittadini per cambiare l'attuale legge elettorale sono uno dei motivi che ha spinto il presidente Napolitano a dare un incarico finalizzato a Marini. Subito dopo, poi, sono arrivate anche le motivazioni della Consulta. Il comitato referendario di Giovanni Guzzetta e Mario Segni ha chiesto a Marini di essere ricevuto. Con un governo in carica, che ha cioè la fiducia, sarebbe possibile infatti, spiega Guzzetta "indire il referendum in aprile e andare al voto a giugno con la nuova legge elettorale". An aveva raccolto le firme per la consultazione, una buona parte del Pd e Fi era rimasta neutrale. Una maggioranza, anche in questo caso, è possibile.

(30 gennaio 2008)
Repubblica.it
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