Chi va in Polonia si attende un popolo legato a filo doppio con il suo passato. Invece, ci vuol poco per accorgersi che i polacchi hanno superato quasi in scioltezza lo choc subito all'inizio del post comunismo, reagendo con fermezza e grande vivacità imprenditoriale, alla caduta dei regimi filo sovietici. Salvaguardando, tuttavia, dagli scempi capitalisti il suo splendido territorio, fatto di poche ma bellissime montagne, di pianure immense, di 2500 laghi, di foreste impenetrabili, di fiumi lenti e melanconici. Sono però le città, Varsavia, Cracovia, e il via vai di turisti nell'immenso castello di Malbork, le cartine di tornasole di un mondo che tenta di risollevarsi dai travagli che la storia gli ha dato in sorte.
Varsavia - La capitale - rasa al suolo dalle armate tedesche nella seconda guerra mondiale - sa rappresentare da sola il desiderio di riscatto di un popolo. La città conserva un centro meraviglioso, imperniato su quanto rimane della Città Vecchia (in polacco Stare Miasto). Quei pochi palazzi - meno di una decina - che hanno resistito alle cannonate dei carristi di Hitler rappresentano la storia di questa metropoli molto meglio di qualunque libro.
Ricostruita - Sorta intorno al Castello, un tempo era protetta da possenti mura, di cui ora resta solo il Barbacane (struttura difensiva dell'accesso alla Città Vecchia). Dopo l'armistizio, la città fu ricostruita con cura utilizzando come modelli i quadri di un pittore del XVIII secolo, Bernardo Bellotto - nipote per parte di madre di Canaletto - e gli studi degli studenti d'architettura. Un lavoro immane, perché dai bombardamenti delle truppe dell'Asse si salvarono solo due palazzi.
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