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27/08/2007 17:47
 
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Le fate nelle arti figurative: la fairy art

Si definisce fairy art un movimento artistico tipicamente britannico che ha a che fare con la raffigurazione di fate in pittura, illustrazione e fotografia: durante il periodo vittoriano, la raffgurazione artistica delle fate conobbe il suo periodo di massimo splendore, con artisti come Arthur Rackam e John Anster Fitzgerald.





Le fate dei monti Sibillini

Le Fate dei Monti Sibillini sono donne vere e non hanno nulla in comune con gli esseri minuscoli e con le alette della pubblicità. Esse sono donne celtiche, appartenenti alle tribù del “Popolo delle Fate”, vissute in carne ed ossa sui Monti Sibillini dove erano arrivate in seguito alle dure sconfitte subite dal loro popolo ad opera dei Romani, importante quella nella battaglia del Sentino nell’anno 295 avanti Cristo. Dopo questa le Fate, rimaste vedove a causa della perdita dei compagni, per cercare di salvare la loro vita si rifugiarono sulle montagne, percorrendo le strade già utilizzate dalle altre tribù celtico-sabine per giungere sul lato piceno dei Monti Sibillini. Anche i Druidi, sacerdoti celtici depositari della conoscenza, si rifugiarono sui monti dove diffusero, tra l’altro, l’astronomia. Le grotte, per la loro sicurezza e per l’ambiente confortevole (temperatura costante tutto l’anno) furono i luoghi scelti da questi fuggitivi. Ancora oggi sui Monti Sibillini se ne possono osservare due: “La Grotta delle Fate e della Sibilla” posta sopra la corona rocciosa del Monte Sibilla e “La Grotta delle Fate” posta sopra l’Aia della Regina sul Vettore. Il Popolo delle Fate (Fairy Folk), nella Gallia ed in Gran Bretagna, è ricordato soprattutto per le danze, per la religione del Dio con le Corna e per l’organizzazione comunista della vita sociale. I loro membri, come avviene ancora oggi nelle Comunanze Agrarie Sibilline, mettevano tutti i beni in comune, provvedendo in seguito ad un’equa ridistribuzione. Sui Monti Sibillini molti sono i segni lasciati dalle Fate: oltre alle già menzionate grotte ci sono le “fontane delle Fate”, i “sentieri delle Fate”, la bellezza e la bravura delle Fate, e, soprattutto, due detti popolari che la gente tuttora tramanda: 1) “Belle come le Fate ma con le zampe come le capre”, questo detto ricorda la bellezza delle Fate ma nello stesso tempo la demonizzazione operata dall’Inquisizione. Le zampe di capra, infatti, sono una falsità e fanno riferimento alla loro divinità, Cernunnos, che aveva le corna e i piedi caprini. Le Fate utilizzavano calzature, simili agli odierni dopo-scì, fatte con le pelli di animali; 2) “Do’ vai a pianta’Maggiu?” (Dove vai a piantare Maggio?), questo detto, invece, proviene dalla festa celtica “Beltaine”, l’odierno “Calendimaggio”. Era la festa dedicata all’accoppiamento che ha dato il significato sessuale al detto popolare.

Le Fate suonavano l’arpa, uno strumento musicale celtico sconosciuto in zona, curavano le malattie con le erbe trovate, filavano, tessevano, e soprattutto ballavano. Sembra che siano state loro a portare il “saltarello” (ora ballo tradizionale locale) nelle zone sibilline. Sfidando i guardiani degli inquisitori scendevano, di nascosto, nei paesi pedemontani (Montefortino, Montemonaco, Foce, Montegallo, Pretare, Castelluccio) e ballavano con i ragazzi montanari per tutta la notte. A Montefortino (AP), in località “Rubbiano” (nel dialetto locale “lu Fià = sub Jà = sub Jano = sotto il tempio del Dio celtico Giano), vicino le Gole dell’Infernaccio, c’è un appezzamento di terreno che, in ricordo di questi balli (“valli” nel dialetto locale) ancora adesso si chiama “Valleria”. Erano anche sessualmente disinibite e questa loro caratteristica, mal sopportata dalla Chiesa dell’epoca, dette inizio in loco alla “caccia alle streghe” con le solite torture e i soliti roghi (Addirittura fu istituita la pena di morte per chi avesse frequentato la comunità delle Fate). C’è chi sostiene, confortato da circostanze magiche, che le Fate ci siano ancora adesso sui Monti Sibillini e in riscontro di ciò portano, tra l’altro, queste prove: - le “treccioline” delle cavalle (a volte le cavalle lasciate libere al pascolo sui monti ritornano con la criniera fatta a treccioline le cui autrici sarebbero le Fate); - le luci random (a volte, dopo il tramonto, sulle montagne si vedono delle luci come se fossero delle persone (Fate) che risalgono i pendii).

Le fate dei monti Sibillini - Archeologia

Le sembianze del Dio Caprone (Cernunnos) sono presenti, tra l’altro, sui capitelli della cripta della chiesa di S. Lorenzo a Montemonaco (AP). L’edificio sacro si trova in una zona chiamata “Vallegrascia” (Valle Grassa) e la sua dislocazione sicuramente fa riferimento a questa divinità del Popolo delle Fate che rappresentava l’abbondanza (viene sempre raffigurato con la cornucopia mentre amorevolmente nutre i serpenti).


Le fate dei monti Sibillini - Bibliografia

- “Il Dio delle Streghe” di Margaret A. Murray - "Sibille" di Herbert William Parke; - "Il Guerrnin Meschino" di Andrea da Barberino;


Le fate dei monti Sibillini - Curiosità

Le corna sono state la caratteristica di molti personaggi, sia umani che divini. La più antica immagine che si conosca di una divinità con le corna si trova ad Ariège nella Caverne des Trois Freres e risale al tardo periodo paleolitico. Gli dèi cornuti erano molto comuni in Mesopotania, sia in Babilonia che in Assiria. Alessandro Magno, come segno della sua natura divina, pose sul suo capo le corna e da questo gesto deriva il nome con cui viene chiamato nel Corano, Dhu'l Karnain, il Bicornuto. Il Dio Supremo Ammone aveva le corna. La maggiore di tutte le divinità cornute è Osiride, che sembra fosse il Faraone nel suo aspetto di dio incarnato. Il Dio più famoso, per la drammaticità della leggenda legata al suo culto, è il toro minoico di Creta, il Minotauro. In Grecia il dio con le corna era il Toro Dionisio. Nella Gallia, ma forse in tutta l'Europa, nell'età del bronzo, il dio con le corna Cernunnos (tra l'altro dio del Popolo delle Fate) era una delle divinità maggiori se non addirittura il dio supremo. Il cristiano S. Nicola (l'antico Neck o Nick), in Cornovaglia, conserva ancora le sue corna. Il Mosè di Michelangelo, conservato in Vaticano, ha le corna.

protagoniste del caso, queste rivelarono la verità. Il tutto fu il frutto di uno scherzo, le due bambine ritagliarono del cartone dandogli la forma di una fata per poi colorarlo e aggiungergli dettagli. Nel 1986, Francis, era in età piuttosto avanzata, confessò la falsità delle prime quattro foto, e aggiunse che la quinta fu l'unica ad essere stata realmente scattata in compagnia di fate e gnomi veri.
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