I tempi cambiano Bob Dylan resta
Il termometro segna bel tempo, nell’annuale, breve passaggio per l’Italia del Neverending Tour. Bob Dylan è in forma, ringalluzzito e quasi divertito sul palco. Dio solo sa come faccia, a 65 anni, senza neanche essere il re della salute e con tutti quei concerti ogni sera a centinaia di chilometri l’uno dall’altro (in quattro giorni s’è fatto Parigi, Ginevra, Torino e Milano, roba da stroncare un metalmeccanico), ma tant’è: l’uomo è in ripresa, molto più tonico rispetto a Pistoia Blues dove l’abbiam visto l’anno scorso. La voce sempre più cartavetrata ci mette in verità quasi le due ore di concerto a scaldarsi. Così, il canto diventa una sorta di originale declamare, nel valzerone zum-pa-pa (ed ex mitica) The Times They Are A-Changin’, o in It’s Al Right Ma’ con la chitarra sporca e pesante, e soprattutto in Boots of Spanish Leather, dove un organetto trasognato guarda al suo amore lontano su una barca, e volano applausi mentre si attacca all’armonica a bocca. Esce struggente My Back Pages, e chissà se l’ha ritirata fuori per il verso «..I was so much older than, I’m younger than that now...».
Piccoli segnali ci dicono che Dylan è più giovane e di buon umore rispetto a qualche tempo fa. La pronuncia è chiara, e ha ripreso la chitarra elettrica, anche se solo per i primi cinque pezzi; agita irresistibilmente le gambe ancora verso i bis, quando presenta con un tocco di umorismo i componenti di una band che davvero si è costruito su misura, a partire da Denny Freeman la cui eclettica, impeccabile chitarra governa l’intera serata. Il concerto sceglie senza ambiguità la strada del rock d’epoca, a partire dal primo, sferragliante pezzo, Cats in the Well, che dietro l’energia allegra paventa tamburi di guerra («The drinks are ready and the dogs are going to war»); viene lasciata in pace, nel gran finale, Like a Rolling Stone, in versione tutto sommato canonica, mentre l’unico scherzo vero, divertito, di Bob, in tutta la sera, è una Blowing in the Wind tirata a boogie woogie. E in fondo è il risvolto di un altro cambio di atmosfere, Anni 50, in alcuni pezzi del nuovo album Modern Times, con il soffio leggero della batteria. Dietro, sembra di veder arrivare Paolo Conte. E’ un altro piccolo pezzo dell’universo Dylan che erompe, per continuare a sorprendere chi è preso dal suo mito. A vederlo in azione, si capisce che il ritiro è lontano; lui l’aveva già detto, a Rolling Stone: «Potrei piantarla con i tour in ogni momento, ma poi sento che non è ancora ora. Penso di essere nei miei anni di mezzo, e non ho progetti di ritiro».
di MARINELLA VENEGONI
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