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Indagato il tesoriere della Lega, 'soldi a figli Bossi e R. Mauro'

'Soldi per villa di Bossi, a figli e vicepresidente del Senato'.
Maroni: dimissioni buona notizia


ROMA - Dopo quello della Margherita, un altro tesoriere al centro delle indagini della magistratura. Si tratta di Francesco Belsito, l'uomo che gestisce il portafogli della Lega Nord, un partito che ha fatto una bandiera della sua diversita' dai partiti della 'Roma ladrona'. Sono tre le procure interessate a chiarire che uso sia stato fatto dei soldi del Carroccio, tra cui quasi sei milioni finiti a Cipro e in Tanzania: quelle di Milano, Napoli e Reggio Calabria. Le accuse sono riciclaggio, truffa allo Stato e appropriazione indebita. Decine le perquisizioni in varie citta' d'Italia. Oltre alla sede storica del Carroccio, in via Bellerio, a Milano, carabinieri e Gdf hanno acquisito atti presso societa', uffici e abitazioni, compresa in quella di una delle segretarie di Umberto Bossi e di una dirigente amministrativa del partito, responsabile dei gadget. Dopo l'avviso di garanzia, Belsito, che e' stato anche sottosegretario nel governo Berlusconi, si e' dimesso dall'incarico di partito, come aveva subito chiesto Roberto Maroni. ''Il Carroccio - ha detto l'ex ministro - e' parte lesa''. Per gli investigatori il modo in cui e' stata guidata la tesoreria e' stato ''opaco'', fin dal 2004. Gli inquirenti parlano di ''gestione 'in nero' (sia in entrata sia in uscita) di parte delle risorse affluite alla cassa del partito''. Studiando i conti della tesoreria (ma vengono ipotizzati illeciti pure nella veste di sottosegretario) emergerebbero anche ''esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord'' non legate ''agli interessi del partito''. Parte dei fondi sarebbero serviti a pagare i lavori di ristrutturazione della villa di Gemonio di Umberto Bossi, oltre a soggiorni e cene ai figli di Bossi e all'ex vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Le accuse di appropriazione indebita e di riciclaggio e' legata, a vario titolo, ad alcuni trasferimenti di denaro del partito a Cipro e in Tanzania, che talvolta sarebbero avvenuti anche con il coinvolgimento di un faccendiere sospettato di essere legato alla 'ndrangheta, Romolo Girardelli. ''I fondi sono tornati dalla Tanzania piu' di due mesi fa - si e' difeso Belsito - Sono stati restituiti alla Lega Nord perche' dopo la bagarre che i giornali hanno fatto nei mesi scorsi abbiamo ritenuto opportuno disinvestire''. L'ipotesi di riciclaggio e' alla base anche degli accertamenti su alcune operazioni economiche in Campania fatte nell'interesse di Belsito dall'imprenditore veneto Stefano Bonet, l'unico, insieme al tesoriere del Carroccio, a essere indagato in tutte le tre inchieste. La truffa allo Stato riguarda invece i rimborsi elettorali. Gli inquirenti sospettano che siano stati ottenuti grazie a rendiconto falsati: dubbi anche sulla regolarita' dell'ultimo, dell'agosto scorso, di circa 18 milioni di euro. A difesa di Bossi si sono schierati i vertici del Pdl, dal segretario Angelino Alfano al capogruppo Fabrizio Cicchitto. Lo Stesso Silvio Berlusconi ha diffuso una nota per esprimere la ''piu' affettuosa vicinanza'' al leader del Carroccio: ''Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica, non puo' essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunche' di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso''. ''Altro che Roma ladrona. Alla fine i nodi vengono sempre al pettine - ha invece commentato Felice Belisario, presidente dei Senatori dell'IdV - La Lega che si e' sempre messa sul piedistallo dell'integrita' morale, adesso si ritrova nei guai fino al collo''.

Fonte: ANSA


04/04/2012 00:29
 
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Bufera sulla Lega, il tesoriere va via
"Denaro pubblico alla famiglia Bossi"

Le accuse dei magistrati: truffa ai danni dello Stato e finanziamento illecito ai partiti.
"Elementi di opacità nella tesoreria del Carroccio fin dal 2004".
Al lavoro le Procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria.
Contatti con la 'ndrangheta. Maroni: "Adesso facciamo pulizia nel partito"



Soldi pubblici gestiti "nella più completa opacità" da almeno otto anni, tanto da far sorgere il sospetto che siano andati a coprire le spese personali, cene, alberghi e viaggi dei figli di Umberto Bossi - tra cui Renzo, 'il Trota', sovvenzionato anche per la campagna elettorale - e della senatrice Rosy Mauro, ma anche la ristrutturazione della villa di Gemonio del leader del Carroccio. Fondi che sarebbero stati "sottratti" alla casse della Lega pure per 'prendere il volo' verso la Tanzania e Cipro con investimenti su cui ora la magistratura vuole vederci chiaro. Così come vuole analizzare a fondo quei rendiconti elettorali, pare truccati, che hanno tratto in inganno i presidenti di Camera e Senato, cioè coloro che li hanno certificati dando il via libera a finanziamenti, come l'ultimo da circa "18 milioni di euro", irregolari.

Belsito dopo Boni. Dopo le presunte tangenti del caso Boni (Davide, il presidente leghista del consiglio regionale lombardo), arriva un'altra batosta che colpisce al cuore il Carroccio. Questa volta a finire nelle maglie della giustizia è Francesco Belsito, diventato non solo sottosegretario nell'ultimo governo di Silvio Berlusconi, ma tesoriere della Lega. Belsito si è visto piombare negli uffici milanesi di via Bellerio - crocevia di tre inchieste: una di Milano, una di Napoli e una di Reggio Calabria - la guardia di finanza e i carabinieri del Noe. Nell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, è accusato, assieme agli imprenditori Stefano Bonet (già in affari con l'ex ministro Aldo Brancher) e Paolo Scala, di appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato.

Le dimissioni da tesoriere. Belsito è arrivato in serata nella sede della Lega in via Bellerio a Milano e ha presentato le dimissioni. Il passo indietro era stato auspicato da diversi esponenti del partito, dopo le perquisizioni e la notizia delle indagini, a cominciare dall'ex ministro Roberto Maroni. Che commenta: "E' una buona notizia, adesso bisogna andare fino in fondo e fare pulizia dentro il partito, cominciando dalla nomina di un nuovo amministratore capace di aprire tutti i cassetti". Dopo le dimissioni non sono state avanzate, per ora, ipotesi riguardo a una sostituzione o alla nomina di un commissario: sarà il consiglio federale a deliberare sulla questione.

Berlusconi e Formigoni. "Visto che è stato tirato in ballo il nome di Umberto Bossi mi sento di escludere in maniera assoluta ogni suo coinvolgimento", è stato invece il commento del governatore lombardo Roberto Formigoni. Sulla stessa lunghezza d'onda l'ex premier Silvio Berlusconi: "Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica, non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunchè di illecito. E in particolare per quanto riguarda il denaro della Lega, del movimento al quale ha dato tutto se stesso. Perciò esprimo a Umberto Bossi la mia più affettuosa vicinanza". "Altro che Roma ladrona. Alla fine i nodi vengono sempre al pettine - ha invece commentato Felice Belisario, presidente dei Senatori dell'Italia dei valori - La Lega, che si è sempre messa sul piedistallo dell'integrità morale, adesso si ritrova nei guai fino al collo".

Fiumi di soldi pubblici. Due i filoni su cui i pm del capoluogo lombardo da tempo, anche in seguito alla denuncia di un militante della base leghista, hanno acceso i riflettori: il primo riguarda i fiumi di denaro finiti nelle casse del partito fondato da Bossi presentando rendiconti, questa l'ipotesi, "irregolari"; il secondo la "distrazione" di parte di quei fondi, alla fine dello scorso dicembre, da parte del tesoriere, non si sa in base a quali poteri statutari, per acquisire tramite la Banca Aletti (dove la Lega ha un conto corrente) quote in un fondo Krispa a Cipro e quote in un fondo in Tanzania per circa "6 milioni". Operazioni, queste, avvenute per gli inquirenti con la complicità dei due imprenditori. E proprio uno dei due imprenditori è anche complice di Belsito nella vicenda, autonoma rispetto a quella sull"andirivienì dei finanziamenti pubblici alla Lega, che riguarda la Siram, multinazionale che si occupa di energie rinnovabili e servizi ambientali, anch'essa perquisita dalla guardia di finanza.

"Gestione opaca fin dal 2004". Dai primi accertamenti, fra il 2010 e l'anno scorso, i due avrebbero architettato una maxi truffa che, grazie a un giro di fatture false, avrebbe consentito al colosso di usufruire in modo indebito di un credito di imposta pari al 40 per cento dei costi sostenuti per l'attività di ricerca e sviluppo. E Belsito in questo caso si sarebbe speso come "procacciatore d'affari" in virtù delle sue relazioni politiche, perché anche sottosegretario. Ma il capitolo che ha provocato un terremoto in via Bellerio, dove i militari hanno sequestrato carte e pc in vari uffici - compresi quelli di Daniela Cantamessa, una delle segretarie di Umberto Bossi, e di Nadia Dagrada, dirigente amministrativo e responsabile del settore gadget, acquisendo anche documentazione sul Sindacato padano, fondato da Rosy Mauro - è quello, come si legge nel decreto di perquisizione, che riguarda la gestione della tesoreria del partito "avvenuta nella più completa opacità fin dal 2004".

In campo anche il 'capitano Ultimo'. Una "gestione in nero (sia in entrata sia in uscita) di parte delle risorse affluite alla cassa del partito", soldi pubblici provenienti dal 4 per mille dell'Irpef o sotto forma di rimborsi elettorali, che, come emerge da una serie di intercettazioni riportate in un'informativa del Noe (a coordinare le indagini è il 'capitano Ultimo', lo stesso che catturò Totò Riina), Belsito avrebbe anche usato per contribuire alle spese per gli svaghi dei figli del Senatur, ma anche in parte per la moglie di Bossi e per Rosy Mauro (non sono indagati): cene, alberghi e viaggi. E la ristrutturazione della villa di famiglia a Gemonio: in un'ntercettazione si sente dire che quelle spese vanno a finanziare "i costi della famiglia".

Gli investimenti a Cipro e in Tanzania. In sostanza ci sarebbe stata una sorta di viavai di denaro e il tesoriere, che è stato anche nel consiglio di amministrazione di Fincantieri, avrebbe a volte anche versato sui conti della Lega soldi "in misura superiore ai redditi da lui percepiti" - altro punto di indagine su possibili fondi neri - o prelevato in banca somme in contanti, come i 95mila euro del dicembre 2010 con giustificazione "alimentare la cassa del partito". E poi ancora quei 6 milioni sottratti per essere dirottati negli investimenti in Tanzania e a Cipro e che Belsito dice di aver restituito alla Lega ma su cui gli inquirenti, che hanno sentito numerosi testimoni, tra cui pare anche la stessa segretaria di Bossi, vogliono far luce. Così come vogliono fare chiarezza sui rendiconti per le spese elettorali finiti alla presidenza di Camera e Senato per il via libera ai rimborsi. Sull'ultimo, quello alla base dei 18 milioni erogati ad agosto, ci sono seri dubbi: si riferisce al 2010 e - scrivono i pm negli atti - "vi è la prova della falsità".

Fonte: Repubblica


04/04/2012 00:32
 
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Triangolazioni sospette per milioni
E con Belsito spunta la 'ndrangheta

E' a Reggio Calabria uno dei tre filoni dell'inchiesta sul tesoriere leghista. Giri di fatture e compravendite sospette con società in tutta Italia e un faccendiere in rapporti con il potente caln dei De Stefano

Il terremoto giudiziario nella Lega arrivato con l'avviso al tesoriere Belsito e il blitz nella storica sede milanese di via Bellerio, è partito seguendo un sospetto personaggio calabrese. Su Belsito sono ben tre le inchieste aperte: Milano, Napoli, Reggio Calabria.

A lui la Dda di Reggio è arrivata seguendo gli affari di Romolo Girardelli, un procacciatore di business in odore di 'ndrangheta. Girardelli, o meglio "l'ammiraglio", come lo chiamavano nell'ambiente, nel 2002 era stato indagato per associazione di stampo mafioso. Gli investigatori lo ritengono vicino ai vertici del clan "De Stefano", famiglia potentissima della città dello Stretto con interessi in Liguria e Francia. Il faccendiere fin dal 2002 è legato a Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale, braccia economiche della cosca. Il Pm reggino Giuseppe Lombardo e gli specialisti della Dia gli stavano dietro da tempo, nella speranza di mettere le mani sul tesoro della "famiglia". Una pista buona, che ha poi partato a scoprire anche i rapporti tra la presunta testa economica dei De Stefano e il tesoriere della Lega.

Girardelli, secondo l'inchiesta, di affari ne aveva procacciati anche a Belsito, all'imprenditore Stefano Bonet e all'avvocato Bruno Mafrici. "L'ammiraglio", oltre che broker era socio di fatto di Belsito in una immobiliare con sede a Genova. Ma non è tutto, perché gli inquirenti hanno ricostruito una serie di passaggi milionari tra grandi società che si occupavano di consulenza e ricerca. Affari per diversi milioni di euro che consentivano utili sotto forma di crediti d'imposta. Giri di soldi e di "regali" che coinvolgono direttamente il tesoriere della Lega e alcuni altri manager di grandi aziende.

C'è ad esempio il caso della Siram che "acquista" servizi per circa 8 milioni dalla Polare del gruppo Bonet (di cui Giradelli è responsabile della sede genovese). La Polare poi è in affari con la Marco Polo da cui compra consulenze per 7 milioni. Ed è attraverso quest'ultima che la stesssa cifra torna nuovamente a Siram. Una triangono strano per i magistrati reggini, che ritengono che nei diversi passaggi alcune centinaia di migliaia di euro restino impigliate in diverse mani. Tra queste quelle di Belsito. L'inchiesta accerta che gli vengono liquidate circa 250 mila euro in due trance. Un caso analogo è quello che coinvolge Siran, Polare e Fin.tecno. Sono 8 gli indagati dell'inchiesta che si muove su tre diversi filoni. Quello reggino che riguarda gli interessi della 'ndrangheta, quello milanese legato a Belsito al riciclaggio e all'appropriazione indebita e quello napoletano dove ha sede una delle società coinvolte nel giro. Le ipotesi di reato sarebbe la truffa allo Stato per i falsi crediti d'imposta e il finanziamento illecito dei partiti oltre che riciclaggio di denaro su conti esteri.

Fonte: Repubblica


06/04/2012 00:09
 
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Scandalo Lega, Bossi si dimette
Maroni fischiato: "Bacio di Giuda"

Prime rivelazioni sui documenti rinvenuti nell'ufficio dell'ex tesoriere leghista. La drammatica decisione del segretario nel corso del consiglio federale convocata per nominare il nuovo tesoriere dopo Belsito. Il partito affidato a un triumvirato di reggenti, il Senatur presidente: "Non scompaio, se lo scordino"


MILANO - Umberto Bossi si è dimesso. A vent'anni esatti dalle elezioni del 5 aprile del '92, prima vera vittoria politica della lega nord con 55 seggi in parlamento, Bossi si è dimesso da segretario federale del carroccio per diventare presidente del movimento. Un incarico - affidatogli nel pomeriggio dal consiglio federale riunito in via Bellerio - che suona un po' come una concessione dell'onore delle armi al padre fondatore.

"Chi sbaglia paga qualunque sia il cognome che eventualmente porti", avrebbe detto pronunciando quella che sembra un'ammissione di colpa. "Mi dimetto per il bene del movimento e dei militanti. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia. Ora io sarei d'intralcio e Maroni non è un traditore", ha aggiunto il Senatur. Che non scomparirà, ha detto poi. Anzi. "Il fatto che io abbia dato le dimissioni non vuol dire che io scompaia. Se lo scordino. Resto nella Lega, da ultimo sostenitore o da segretario io resto sempre a disposizione della causa", ha affermato, alla Padania, il segretario del Carroccio. "Da domani, mi chiameranno militante. Anzi, no. Semplice simpatizzante".

LO SPECIALE SCANDALO LEGA

La notizia, insieme alle altre in arrivo dalla procura di Milano, ha dato il colpo di grazia alla leadership sempre più in bilico del Senatur, piombando su un partito già alle prese con lo schock delle prime rivelazioni sul contenuto delle inchieste giudiziarie. Nella sede del partito erano presenti oltre a Bossi, Maroni, Calderoli, Mauro, Belsito, Castelli e Salvini. All'esterno si è radunata invece una piccola folla che con grida e striscioni voleva espirimere solidarietà al leader. Una volta appresa la notizia delle dimissioni la gente ha fatto irruzione nel cortile della sede urlando cori a sostegno del leader: "Bossi non mollare", "Bossi-Bossi" e ancora "Butta fuori i traditori". Alla sua uscita da via Bellerio contro l'ex ministro dell'Interno sono partiti cori "buffone, buffone" mentre gli venivano gettati sulla macchina dei volantini con riferimenti al 'bacio di Giuda' e foto di un abbraccio di 'Bobo ad Umberto'. Ma Bossi a fine giornata lo ha difeso: "Maroni non è un traditore".

La decisione. "C'è stata grande commozione quando Bossi ha parlato. Gli abbiamo chiesto di rinunciare ma è stato irremovibile", ha raccontato Maroni. L'ex ministro dell'Interno nel corso della riunione avrebbe anche proposto al leader di candidarsi a segretario in occasione del prossimo congresso e di fare affidamento sul suo sostegno. Bossi ha annunciato le dimissioni nel corso del consiglio federale della Lega che avrebbe dovuto decidere la nomina di un nuovo tesoriere al posto di Francesco Belsito, costretto a lasciare dalle inchieste sull'utilizzo improprio dei rimborsi elettorali da parte del Carroccio. Se le dimissioni sono state definite da Bossi stesso "irrevocabili", Francesco Belsito ha ribadito invece: "Non è colpa mia. Non ritengo di aver mai mal agito".

Le nomine. il partito ha deciso di sostituire il leader con un triumvirato di reggenti composto da Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Manuela Dal Lago, che dovrebbe restare in carica fino alla convocazione del prossimo congresso, probabilmente in autunno. Il nome della deputata veneta sarebbe spuntato all'ultimo momento per la formazione del 'comitato' al posto di quello del segretario della Lega Lombarda Giancarlo Giorgietti. La scelta della ex presidente della Provincia di Vicenza verrebbe incontro alla necessità di rappresentare l'ala veneta del partito, comunque in minoranza rispetto ai lombardi Maroni e Calderoli. Il Carroccio, differentemente da quel che generalmente si pensa, è più forte in Veneto che in Lombardia. "Bossi ci ha indicato ancora una volta la strada - ha detto Dal Lago - andremo al congresso federale perche' insieme a lui vogliamo rilanciare il partito e riprendere la nostra strada". Il consiglio federale ha quindi nominato Stefano Stefani nuovo amministratore. Il deputato, non a caso veneto, appare equidistante dalle fazioni interne e fedelissimo ad Umberto Bossi. Nuovi componenti del Comitato amministrativo federale saranno la maroniana Silvana Comaroli e Roberto Simonetti. Quest'ultimo è presidente della Provincia di Biella in rappresentanza del Piemonte e dell'area vicina a Roberto Cota.

Revisione dei conti. Il consiglio ha poi deliberato "la richiesta che il Comitato Amministrativo Federale sottoponga immediatamente a una società di revisione dei conti esterna la certificazione della situazione patrimoniale della Lega Nord". Una scelta, quest'ultima, enfatizzata dallo stesso Maroni. "Adesso ci mettiamo al lavoro per fare pulizia, andando a guardare i conti e aprendo tutti i cassetti", ha detto l'esponente leghista. "E' importante anche - ha aggiunto - che sia stato dato incarico a una società di revisione esterna per la verifica patrimoniale".

Le nuove rivelazioni. La drammatica decisione del leader è arrivata sulla scia di un stillicidio di nuove rivelazioni su quanto accertato dalle tre procure che indagano sui conti della Lega. La magistratura di Napoli, ad esempio, ha scoperto che nella cassaforte di Belsito sequestrata ieri a Montecitorio c'era anche una cartella con l'intestazione "The family'. L'ipotesi degli investigatori è che i documenti siano relativi alle elargizioni ai familiari di Bossi. Gli atti sono all'esame dei pubblici ministeri di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock. Trovato anche un carnet di assegni che reca la scritta "Umberto Bossi". Il libretto sarebbe stato rilasciato dalla sede genovese della banca Aletti dove sono versati i contributi elettorali della Lega. Gli inquirenti ritengono che dal conto, gestito dal tesoriere finito sotto inchiesta, provengano le somme destinate a spese personali di familiari di Bossi. Nella cassaforte sono state inoltre trovate ricevute che documenterebbero spese affrontate per le esigenze di vario genere di familiari del leader del Carroccio.

Le reazioni politiche. "Seguiamo il travaglio della Lega con grandissima attenzione e solidarietà al di là delle profonde differenze politiche attuali", ha detto il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto. "Bossi ha segnato un'epoca e ha costituito una delle più rievanti novità politiche dall'inizio degli anni 90 ai giorni nostri". Per Antonio Di Pietro le dimissioni del Seantur sono "un atto da rispettare". "In parte un atto dovuto, dall'altra un atto da rispettare", ha dichiarato il leader Idv. Nessun commento invece da Roberto Formigoni: "Sono notizie che colpiscono, non credo che ora sia possibile commentare e vedremo come si evolverà la situazione", ha detto il presidente della Regione Lombardia, "la maggioranza in Regione però tiene bene". L'ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito si è detto "dispiaciutissimo" delle dimissioni, mentre il sindaco di Verona Flavio Tosi è arrivato direttamente a Maroni: "Sarebbe un buon segretario", ha detto ad Otto e mezzo, "perché gode di ampi consensi nella Lega e nel Paese". Per Tosi è "possibile" che il segretario non sappia ciò che fa il tesoriere: "Il segretario si fida del tesoriere".

In rete. Su Facebook toni critici verso il quartier generale del Carroccio. Rabbia, per il ciclone che ha investito la Lega con i suoi vertici e chi ne ha gestito i conti, ma anche speranza dopo la notizia del nuovo incarico di Maroni alla guida del partito con Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. Fra i post dei leghisti: "Leggo che Maroni è stato contestato al grido di 'buffone' all'uscita da Via Bellerio. Se fosse vero significa che c'è più marcio di quanto pensassi. Le idee sopravvivono agli uomini e Umberto Bossi sarà sempre nei nostri cuori. Forza Lega!". "Quel che dà fastidio - recita un post - è che a pagare sia solo Bossi e non la banda di biscazzieri che ha fatto affari alle sue spalle. Fuori i maneggioni che hanno rovinato Bossi e la Lega! E' inutile ripartire se non si fa pulizia completa!". Pulizia è il mantra ripetuto dal popolo verde sul social network: "Pulizie Velocissime e che non lascino indietro niente. Fra un mese si vota". C'è chi nella base leghista stentano a riconoscere nel Senatur: "Il capo dei tempi d'oro avrebbe preso a calci quei maneggioni... Sono loro i responsabili di questa situazione, non Umberto!".

Fonte: Repubblica


06/04/2012 00:18
 
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BUFERA SUL CARROCCIO

Intercettazioni, assegni, documenti:
l'inchiesta che ha travolto il Senatùr

Citato nelle conversazioni telefoniche anche il figlio Renzo: «Peggio di Cosentino».
Una cartella con la scritta «Family»


MILANO - «Umberto Bossi ha deciso di dimettersi da segretario federale della Lega nord perché le inchieste che riguardano la gestione dei rimborsi elettorali toccano anche la sua famiglia». È questa la motivazione del passo indietro del leader del Carroccio data da Stefano Galli, capogruppo leghista al Pirellone e membro del consiglio federale. La decisione delle dimissioni arriva infatti dopo che gli inquirenti napoletani hanno esaminato il materiale sequestrato parlano di documentazione contabile che attesterebbe la distrazione di alcune somme destinate alle spese dei parenti più vicini a Bossi. Nel frattempo le carte sono state trasferite anche ai pm di Milano.

CARNET DI ASSEGNI E INTERCETTAZIONI - Ed è nel capoluogo lombardo che è stato nuovamente interrogato Paolo Scala, consulente della Lega e anche lui indagato con l'accusa di appropriazione indebita. Numerosi sono gli stralci delle intercettazioni resi noti. In una conversazione l'8 febbraio scorso Nadia Dagrada, dirigente amministrativa di via Bellerio, chiama dal suo cellulare Francesco Belsito che risponde a un numero della Camera dei deputati. La dirigente amministrativa e responsabile del settore gadget della Lega consiglia Belsito «sulle strategie da assumere in occasione dell'appuntamento» imminente con Umberto Bossi. La donna consiglia l'ex tesoriere su quel che deve dire: «Capo, io ti rammento solo una cosa. Che, in questi anni ho dovuto tirar fuori, su vostra richiesta, per tua moglie, per Riccardo, per Renzo, delle cifre che se qualcuno va metterci mano fa... il mio... Tu gli devi spiegare, che tu vuoi proteggere lui e se altri vanno a vedere queste cose... eh, lui è nei guai. Ma quelle sono cifre, cioè, o tuo figlio lo mandavano in galera...». Belsito aggiunge: «... Ah, Rì...». Dagrada: «...O c'era da pagare». Belsito: «... Ah, Riccardo». Dagrada: «Esatto. Poi gli devi dire: poi tua moglie cosa faccio, Gli dico di no? Tu mi dicevi di sì. Fai conto, che ti fai fare l'elenco di quello che hai dato alla scuola Bosina, gli dici...». Belsito: «... E come faccio a saperlo, io adesso non ho niente per capire...».

IL RUOLO DI RENZO - Importante, come si evince dagli atti delle inchieste, il ruolo di Renzo Bossi, che insieme alla fidanzata Silvia Baldo «sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa per timore di controlli». Una dichiarazione della stessa Dagrada, che si riferiva, secondo gli inquirenti, ad alcuni faldoni dei lavori di ristrutturazione dell'abitazione di Gemonio, pagati - questa l'accusa - con i rimborsi elettorali della Lega. Dalle conversazioni telefoniche emerge anche un episodio legato a un presunto fascicolo formatosi sul figlio di Bossi che sarebbe stato affossato da «Silvio». Al telefono con Francesco Belsito a parlare è ancora Nadia Dagrada. La donna menziona un fascicolo e chiede: «È vero che continuano a dire ai magistrati di mettere sotto il fasciolo?... ma prima o poi il fascicolo esce». Il riferimento, da quanto emerge, è a episodi di cui sarebbe responsabile il figlio di Bossi. Su questo fascicolo, secondo la donna, sarebbe «intervenuto più Silvio» che Umberto Bossi «e so che ci sono di mezzo anche alti, alti Pd e non è che hanno detto chiudi il fascicolo, hanno detto manda, ci sono 50 fascicoli quello era il quinto. Gli hanno detto inizia a farlo scivolare ventesimo e dopo è passato il tempo, si doveva andare a elezioni a marzo e hanno detto inizia a metterlo quarantesimo, ma appena arriva l'ordine di tirarlo fuori... fuori tutto... i fermi, l'utilizzo della macchina con la paletta, perchè lui sulla macchina c'ha la paletta...».

«ALTRO CHE COSENTINO» - Sempre al telefono la Degrada consiglia Belsito di farsi tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a favore della famiglia Bossi e di Rosy Mauro e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza. Una cassaforte aperta dagli inquirenti che, oltre ai documenti, hanno trovato un carnet di assegni che reca la scritta «Umberto Bossi». Il carnet, relativo al conto corrente della banca sul quale vengono versati i contributi per il Carroccio, è ora all'esame dei pm di Napoli e di Milano. Nel corso della telefonata con Belsito, poi, la dirigente avverte: «quando esce una cosa di questo genere sei rovinato... il figlio di lui che ha certe frequentazioni... altro che Cosentino!».

LA RINOPLASTICA DI SIRIO E LE MULTE DI RENZO - Tra i documenti dei figli compaiono anche ricevute di spese sanitarie e scolastiche dei familiari. E salta fuori anche la ricevuta relativa a un intervento di rinoplastica cui si sottopose Sirio, uno dei figli di Bossi, e documenti riguardanti il pagamento di multe per Renzo Bossi. Poi l'assicurazione per l'abitazione dei Bossi a Gemonio e le spese - 20mila euro - per il tutor di Renzo.

LA SCUOLA DI MANUELA E IL BAR DI UMBERTO - Ma c'è anche la moglie tra i beneficiari dei soldi girati alla famiglia: Belsito infatti avrebbe sottratto dalle casse della Lega Nord un milione di euro da destinare alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone, moglie di Umberto Bossi. Per il Senatùr invece Belsito: «ha acquistato a Milano dei bar per conto di Bossi», utilizzando «fondi pubblici» cioè quelli del partito.

CASTELLI E CALDEROLI - Per quanto riguarda il denaro, «veniva elargito - stando agli atti - senza lasciare traccia a Bossi e ai suoi familiari». È quello che risulta anche dalla telefonata sul «nero» con Belsito che risale al 29 gennaio 2012: si fa riferimento anche al fatto che Roberto Castelli (esponente della Lega Nord ed ex ministro) voleva controllare le spese, ma di questo bisognava «parlare col capo, per far allontanare Castelli» ed «evitare così i controlli sui conti sulle uscite fatte a favore di Bossi e dei suoi familiari». Mentre sempre dalle intercettazioni tra Belsito e Nadia Dagrada emerge che il denaro sottratto alle casse della Lega è andato «a favore» tra gli altri di «Bossi Umberto» e «Calderoli Roberto».

L'AMMIRAZIONE PER LUSI - Per quanto riguarda Belsito, invece, sempre dall'intercettazione si profila una sentita ammirazione per il senatore del Pd Luigi Lusi. «Era meglio... guarda un po' Lusi - dice Belsito parlando con Nadia Dagrada, dirigente amministrativa della Lega - ha rubato 13 milioni e adesso se ne sbatte il ca..». La frase di Belsito si trova in una conversazione in cui si lamenta di essere stato convocato da Bossi in seguito all'uscita della notizia degli investimenti in Tanzania.

«LA LEGA FINISCE NELLA M...» - Poi, uno scambio di battute che pare una premonizione. «Se comunque lui (Belsito ndr) - dice Dagrada - passa per uno che ha rubato, il capo comunque l'ha scelto quindi il capo finisce nella m... con lui, la Lega finisce nella m..., perchè con uno scandalo del genere non è che ci sono i salvatori della patria Maroni e Castelli, la Lega affonda...». E, ancora, tra Belsito e Dagrada: «Quello che deve capire il capo, è che con te è in una botte di ferro su quello che può uscire, con gli altri no (...) e la paura, non è quanto speso, ma che se lo sanno i militanti, ma quanto speso (...) per i figli e per la moglie». E Dagrada consiglia anche come "relazionarsi" con la senatrice Rosy Mauro: «Lei è convinta che tu non parlerai mai». Invece, secondo Dagrada, Belsito dovrebbe far capire alla fondatrice del Sinpa che se apre «bocca» lui «il capo salta e se salta il capo tu (ossia Rosy Mauro, ndr) sei morta».

«TRADITRICE» - Ma anche con la stessa Mauro i rapporti non sono ottimali. «La traditrice è lei», dice Belsito a Nadia Dagrada in un'intercettazione dell'8 febbraio, agli atti dell'inchiesta. L'ex tesoriere appare convinto di «una serie di congiure nei suoi confronti da parte di Rosy Mauro e Bossi». Nadia Dagrada ribatte: «Lei (Rosy Mauro, ndr) è convinta che gli vada evidentemente sempre tutto bene, cosa ti devo dire, ormai si è convinta che tanto lei, ma non ha capito che non è per nulla così... A far circolare roba, ma scherzi?...». Poco più avanti Belsito aggiunge: «Cioè capisci, la traditrice è lei eh!». E ancora la Dagrada: «È lei che sta manovrando tutto, la cosa è che è lei che sta manovrando tutto, è questo il (sembra dire "il brutto", ndr)». E ancora la dirigente amministrativa: «A questa stregua, morti per morti, tanto non è perseguibile, la rovini con quello che prende... Ribadisco questo, che esca fuori quello che viene dato al Sinpa (Sindacato Padano, ndr), quello che viene dato alla Bosina (scuola, ndr)». Belsito: «Sì tutto». Dagrada: «viene fuori, vedi dopo che fine fanno! (...) l'importante è giocarsi bene le carte e poi fargliela pagare, però».

PATATA BOLLENTE - La Dagrada consiglia Belsito di pretendere di parlare da solo con Umberto Bossi, dopo che Rosy Mauro gli aveva annunciato che le cose per lui si stavano mettendo male per via degli investimenti a Cipro e in Tanzania, per spiegare al «capo«, che «adesso questa diventa una patata troppo bollente con la storia della famiglia». La donna, nella conversazione, il giorno prima dell'incontro di Belsito con Bossi nel suo ufficio romano in cui si suppone che venga «licenziato», spiega: Tu gli dici "Sei sicuro che parliamo dei conti in presenza di altri? O meglio sei sicuro che vuoi che parliamo della tua famiglia in presenza di altri?". A questo punto - continua la dirigente - guarda che secondo me gli altri si alzano perché nessuno vuole entrare in questo gioco, adesso questa diventa una patata troppo bollente con la storia della famiglia». E ancora: «Gli dici: guarda io sono rimasto disgustato perché è vero, magari sarò stato ingenuo, stupido, mi sono fidato di queste persone, ho fatto quello che mi hanno chiesto, anche se secondo me va contro la mia etica. Tieni presente che il fondo che hai fatto tu - prosegue - l'ha fatto Speroni, quello lì della Tanzania».

«PAPALE PAPALE» - In un altro passaggio dell'intercettazione Nadia Dagrada ritorna sul discorso da fare a Bossi: «A quel punto tu dici (...) il punto è che fino adesso quello che è stato speso per tua moglie, per tuo figlio Renzo, per tuo figlio Roberto, per la Rosy Mauro, per l'amante della Rosy Mauro, è rimasto per me. Sicuro che se mettiamo di mezzo altra gente queste cose non escono? Però così glielo devi dire - continua - papale papale, quando siete tu e lui senza mezzi giri di parole, deve avere chiaro quello che è il rischio...». Belsito più avanti ammette: «E io sono stato un deficiente che mi sono preso a banconote la scuola, capisci tutti i soldi a quella grande p.... della moglie (di Bossi), che stupido che sono». E sempre in vista del colloquio con il «capo» la Degrada ribadisce a Belsito di spiegargli: «È che finché c'ero io tutto è stato silenziato, ma ricordati che qui ci vanno di mezzo tua moglie, Riccardo, Renzo, Roberto, la Rosi, l'amante della Rosi e tu (...). Ascolta me - dice ancora la donna - ma quando verrà fuori tutto, meglio che sia preparato perché tu non pensi che, se fanno fuori te, poi salta fuori tutto?».

A TRE - La convocazione di Belsito da parte di Bossi viene preceduta da una telefonata «a tre» con Rosy Mauro. La Mauro chiama Belsito e poi gli passa Bossi. Poi Belsito riparla con Rosi Mauro che gli dice «la vedo brutta», riferendosi, annotano gli investigatori, alla sua eventuale «fine politica».

Rosi Mauro: Pronto
Belsito: ehi
Rosi Mauro: ti vuole il capo (Bossi) che sono qui, eh Umberto
Bossi: pronto
Belsito: ciao capo dimmi tutto
Bossi: domani mattina, quando ritorno da Monti
Belsito:
Bossi: ti voglio lì da me
Belsito: va bene ci vediamo domani a mezzogiorno. Ciao capo
Rosi Mauro: hai capito a mezzogiorno?
Belsito: sì sì, va bene, va bene
Rosi Mauro: eh
Belsito: ok
Rosi Mauro: noi siamo qua a casa, se vuoi venire?
Belsito: sto a letto io, non sapevo niente
Rosi Mauro: c'è anche Castelli
Belsito: sì, sì
Rosi Mauro: eh m ah, la vedo brutta
Belsito: va be', non ti preoccupare
Rosi Mauro: ah no, eh.
Scrivono i carabinieri che «questa telefonata sarà oggetto di ulteriore preoccupazione per Belsito il quale pensa già che ormai è spacciato e che è imminente la sua fine di amministratore della Lega.

CARTELLA «FAMILY» - Infine, dalla cassaforte di Francesco Belsito sono spuntati una serie di documenti, alcune fatture e soprattutto una cartella denominata «Family» che ha letteralmente travolto la Lega. «È materiale utile ai fini investigativi» hanno gli inquirenti napoletani che hanno esaminato il materiale sequestrato. L'inchiesta napoletana è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e affidata ai pm Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli.

Marta Serafini

Fonte: CorrieredellaSera


13/04/2012 23:07
 
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DOPO LO SCANDALO
Rosi Mauro e Belsito espulsi dalla Lega
Nessun provvedimento per Renzo Bossi

Il Consiglio federale del Carroccio caccia la vicepresidente
del Senato e l'ex tesoriere: «Il rancore ha prevalso»


MILANO - Alla fine il Consiglio federale della Lega ha optato per la punizione più drastica: Rosi Mauro è stata espulsa dal partito. Stesso destino per Francesco Belsito, l'ex tesoriere al centro dello scandalo che ha travolto il Carroccio. Per entrambi il voto è stato unanime. Il Senatur però non ha partecipato al voto sulla Mauro. Che ha commentato: «Il rancore ha prevalso sulla verità, la mia è una epurazione già scritta». A quanti le chiedevano se intendesse dimettersi anche da vicepresidente del Senato, ha invece risposto: «Vedremo, un passo alla volta». La decisione è stata presa all'unanimità dal direttivo del Carroccio: «Inaccettabile», recita un comunicato, «la sua scelta di non obbedire a un ordine impartito dal presidente federale e dal Consiglio federale», cioè quello di dimettersi a seguito del clamore suscitato dall'inchiesta. La segretaria del Sinpa è accusata di avere approfittato della gestione allegra delle casse del partito, usufruendo di fondi utilizzati per pagare i propri studi e quelli del compagno Pierangelo Moscagiuri.

MAURO: IO CAPRO ESPIATORIO - Per l'ormai ex segretario del Sinpa si è trattato di una strumentalizzazione «Credo che abbiano voluto un capro espiatorio». Ha dichiarato ai giornalisti assiepati all'esterno della sede del partito. Mauro si è detta amareggiata «perchè è dal 1987 che sono nel movimento. Mi fa male - aggiunge - ma mi sono tolta un peso dal cuore perchè non riesco a stare nell'ambiguità e nell'ipocrisia. Forse avrei dovuto fare prima un passo indietro - precisa ancora - quando sono cominciati rancori, litigi e denigrazioni. Ma ho fatto finta di niente e questo mi ha portato ad oggi».

IL RIMBORSO DI BOSSI - Il consiglio federale ha però affrontato anche il punto dolente dei fondi di partito distratti a favore della famiglia del leader. Nel corso della riunione Umberto Bossi ha assicurato ai presenti: «Se si accerterà davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega io farò un assegno per rimborsare l'intero importo».

LA RIUNIONE - Mauro era apparsa a sorpresa a via Bellerio, accompagnata dall'inseparabile Moscagiuri, in arte Pier Mosca. E fin dalle 16 ha partecipato alla riunione del consiglio, avendone tra l'altro diritto come «uditrice».Poco prima di Mauro, era arrivato in auto per partecipare all'incontro il segretario federale dimissionario Umberto Bossi. Così come i componenti del cosiddetto triunvirato, l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni e Roberto Calderoli che, con Manuela Dal Lago, reggeranno il partito fino al congresso federale di fine giugno.

IL CONGRESSO - Il direttivo della Lega ha quindi confermato che il congresso federale della Lega Nord si terrà il 29 e 30 giugno prossimi. L'assemblea dovrebbe definire la nuova struttura dirigente del movimento.

Redazione Online

Fonte: CorreieredellaSera


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LA GUARDIA DI FINANZA DI MILANO
Lega, sequestrati anche i conti di Balocchi
Maroni: «Avanti dopo pulizie di primavera»

Acquisita la documentazione sui conti in 8 istituti di credito.
Vacilla la poltrona dell'assessore regionale Monica Rizzi


MILANO - Anche la vecchia gestione della Lega, prima dell'avvento di Francesco Belsito, finisce nel mirino della magistratura. Tra i conti sequestrati dalla Gdf di Milano ci sono infatti anche quelle del vecchio tesorerie Maurizio Balocchi morto nel 2010 e sostituito da Belsito. Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e i pm Pellicano e Filippini hanno disposto l'acquisizione di documenti relativi ai conti di 8 istituti di credito, conti riconducibili a Belsito, alla Lega Nord e appunto a Bolocchi (quest'ultimo acquisito presso la Banca Popolare di Lodi), che comunque nell'ultimo periodo venne affiancato da Belsito. Non sono stati invece acquisiti, come hanno precisato fonti giudiziarie, conti personali di Umberto Bossi.

FINITE PULIZIE DI PRIMAVERA - Lo scandalo che ha travolto la Lega dunque continua a riservare colpi di scena anche se l'ex ministro dell'interno Roberto Maroni esorta i suoi a voltare pagina «dopo le pulizie di primavera» . «La pulizia è finita? Diciamo quasi finita -afferma- Ora diamo vita alla fase 2: agire secondo le nuove regole, poi fare cose concrete, fare politica» E ancora «Servono idee e azioni. Io da oggi vado in giro a parlare di politica basta vicende giudiziarie e mediatiche. Adesso serve la politica». E pensa già al congresso federale che si terrà il 30 giugno: «Dopo 10 anni -afferma- è un evento storico. Si riparte».

DIMISSIONI DELLA RIZZI - Un desiderio di iniziativa politica confermato anche dall'incontro che Maroni ha avuto con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. I due hanno probabilmente discusso di come rilanciare la legislatura regionale. E una delle conseguenze del terremoto all'interno della Lega potrebbe essere il rimpasto all'interno della Giunta lombarda. La poltrona più traballante è quella di Monica Rizzi, assessore leghista allo Sport e Giovani e grande sponsor della candidatura del dimissionario Renzo Bossi in Consiglio regionale. I vertici della Lega Nord in Regione si appresterebbero a chiederne le dimissioni. La richiesta potrebbe essere formalizzata già lunedì prossimo. Rizzi è indagata dalla Procura di Brescia per uso illecito di dossier per favorire la candidatura del figlio del senatur, Renzo, dimessosi da consigliere lombardo.

Redazione Online

Fonte: CorrieredellaSera


13/04/2012 23:16
 
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Rimborsi, la Lega Nord rinuncia all’ultima tranche


ROMA, 13 APR – ''La Lega Nord rinuncia all'ultima tranche dei rimborsi elettorali e chiede a tutti i partiti di fare lo stesso devolvendo tali somme in beneficenza o alle ONG''. Cosi' il presidente dei deputati della Lega Nord, Gianpaolo Dozzo.
''E' una decisione – aggiunge Dozzo – che abbiamo gia' preso ieri e che rendiamo nota al fine di evitare eventuali strumentalizzazioni nei nostri confronti, nel momento in cui in Parlamento si discute della proposta di legge sulla trasparenza dei partiti''

Fonte: blitzquotidiano


16/05/2012 22:45
 
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Bossi 'sapeva tutto' indagato per truffa
Maroni: 'Atto dovuto, ultracerto sua buona fede'
Salvini: 'Attacco bestiale contro il Carroccio'
di Francesca Brunati

Sui rendiconti del partito da inviare a Roma per ottenere i rimborsi elettorali c'é la sua firma accanto a quella di Francesco Belsito. Una firma apposta nella consapevolezza della gestione, spesso 'creativa' per non dire irregolare, delle spese da parte dell'ex tesoriere. E così anche Umberto Bossi, il leader della Lega, finisce indagato per truffa ai danni dello Stato nell'inchiesta della Procura di Milano sui fondi del Carroccio. Indagati anche i suoi due figli, Renzo il 'Trota' e Riccardo, accusati di appropriazione indebita, e il senatore Piergiorgio Stiffoni, che invece deve rispondere di peculato: avrebbe usato per sé il denaro depositato sul conto del gruppo a Palazzo Madama. La nuova svolta nell'indagine, che fa dunque un salto di qualità, è arrivata oggi prima dell'ora di pranzo quando al 'senatur', che si trovava da solo nel suo ufficio in via Bellerio, i militari della Gdf hanno consegnato un'informazione di garanzia. Tre paginette firmate dal Procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, per comunicargli che, in qualità di segretario federale e, dunque legale rappresentante del partito, è arrivato il momento di nominare un difensore, in quanto è sotto indagine assieme a colui al quale ha affidato il delicato compito di amministrare i soldi del movimento. La contestazione: un presunto sperpero di denaro pubblico per una cifra che si aggira attorno ai 18 milioni di euro, tant'é la somma dei rimborsi elettorali liquidata lo scorso agosto da Camera e Senato in base a un rendiconto ritenuto non veritiero, firmato da Belsito e controfirmato da Bossi. Un rendiconto redatto con buona pace della legge del 1999 che quei rimborsi, così come i finanziamenti ai partiti, dovrebbe regolare e che ora in molti chiedono di cancellare. A convincere i magistrati milanesi ad indagare il 'Capo' è stata una serie di 'indizi' venuti a galla dai documenti raccolti nel corso dell'indagine, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni messe a verbale da Belsito e dall'allora suo 'braccio destro' Nadia Dagrada. Oltre ai rendiconti controfirmati da Bossi, ci sono riferimenti anche scritti sulla documentazione contabile acquisita che dicono che il 'senatur' avrebbe autorizzato a voce quelle spese per i pm impossibili da giustificare sotto il capitolo attività politica. Basti pensare a una delle tante lettere spuntate dalla cartelletta 'The family', sequestrata a Belsito, in cui Riccardo Bossi, nel fare i conti delle sue 'uscite' personali all'ex tesoriere, aggiunge di averne "parlato con papà". E poi ancora quei dialoghi intercettati tra Belsito e la Dagrada che hanno fatto un po' da canovaccio in questa vicenda di malagestione dei soldi pubblici, laddove, come hanno annotato gli investigatori, "entrambi convergono che è Bossi che deve autorizzare" e "che lui sa bene cosa rischia". Oppure quando, a proposito degli investimenti a Cipro e Tanzania, l'allora amministratore parla di un "capo (...) molto nervoso perché ha paura che i soldi non rientrano". Infine, le affermazioni rese agli inquirenti. Belsito interrogato qualche settimana aveva detto che Umberto Bossi sarebbe stato avvisato delle spese "più significative" effettuate per i suoi familiari, mentre Nadia Dagrada sentita come testimone aveva ricordato non solo come il leader della Lega firmasse i rendiconti, ma anche un episodio: "Belsito mi ha sicuramente detto di aver registrato un suo colloquio con l'onorevole Bossi, colloquio nel quale aveva 'ricordato' al segretario onorevole Bossi tutte le spese sostenute nell'interesse personale della famiglia (..) con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico. Non so se abbia effettuato tale registrazione", che avrebbe voluto utilizzare, a caso ormai scoppiato, "come strumento di pressione dal momento che volevano farlo fuori". Intanto i pm milanesi, che hanno riqualificato il reato contestato al consulente Paolo Scala, modificandolo da concorso in appropriazione indebita in riciclaggio, stanno effettuando accertamenti, tra l'altro, sui finanziamenti, pare circa un milione e mezzo tra il 2008 e il 2011, alla Guardia Padana. In più stanno preparando gli atti da trasmettere ai colleghi romani che riguardano Stiffoni. A pesare sulla sua iscrizione nel registro degli indagati per peculato, oltre a riscontri contabili, ci sono le parole del capogruppo al Senato della Lega, Federico Bricolo, sentito come persona informata sui fatti nelle scorse settimane. Da una prima ricostruzione dei magistrati milanesi, ci sarebbero diversi travasi e rientri di denaro dal conto Bnl del Senato a quello personale di Stiffoni - tutti e due sono a Roma - che hanno fatto ipotizzare operazioni anomale che si aggirano attorno ai 500 mila euro. Una cifra, questa, che però sarà oggetto di ulteriori approfondimenti da parte della Procura capitolina.

Fonte: ANSA


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