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SUPERSAGGIO
Il Tribunale amministrativo nega la sospensiva e fa sapere che deciderà nel merito a maggio
La motivazione: il decreto "interpretativo" del governo non è applicabile alle elezioni regionali

Il Tar del Lazio dice no alla lista Pdl
ma la Polverini spera ancora

Il Pdl ha comunque ripresentato le sue liste negli uffici del tribunale. Domani la decisione
Il Pd pronto a presentare ricorso. Diverse regioni ricorrono alla Consulta contro il decreto

di MASSIMO RAZZI

ROMA - La decisione della seconda sezione bis del Tar Lazio si abbatte sulla lista Pdl per Roma e provincia. La richiesta di sospensiva è respinta, hanno detto i giudici amministrativi presieduti da Eduardo Pugliese. Nel merito si deciderà a maggio ma, allo stato non c'è abbastanza "fumus" a favore del ricorrente per sospendere l'esclusione della lista dalle elezioni regionali del 28-29 marzo decisa dall'ufficio elettorale del tribunale e, poi, dalla Corte d'Appello.

Non solo, il decreto "interpretativo" approvato in fretta e furia dal governo Berlusconi, non è applicabile in questo caso "perché le elezioni regionali del Lazio sono disciplinate dalla legge regionale numero 2 del 2005" e non dalla normativa nazionale "interpretata" dal governo. Quella legge, dice la sentenza, "prevedeva la presentazione dei documenti necessari alla candidatura della lista entro le ore 12 dello scorso 27 febbraio", ma "nel verbale dei carabinieri presenti nell'ufficio elettorale della corte di appello di Roma è scritto che alle ore 12 erano presenti solo 4 delegati di lista e che tra questi non risultava il delegato della parte ricorrente". Insomma, niente da fare. La lista non è stata presentata in tempo e l'interpretazione successiva è carta straccia.

Tutto finito, dunque e Pdl fuori dalle elezioni nel Lazio? Le cose non stanno neppure così, perché la lista Pdl e Renata Polverini possono ancora sperare in un recupero (per quanto difficile) per un'altra strada. La strada è stata aperta proprio dal decreto interpretativo del governo che ha dato 24 ore di tempo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la presentazione di liste in chiave riparatoria. Al quarto punto vi si dice, infatti, che "i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 (cioé che fossero entrati nei locali del Tribunale entro le 12 di sabato l'altro; ndr) possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo (cioé oggi) a quello di entrata in vigore del presente decreto".

Ed è proprio questa la via che sta tenendo vive le speranze del centrodestra e del suo candidato governatore. Oggi pomeriggio, infatti, i presentatori che l'altro sabato sparirono per poi ricomparire fuori tempo massimo, si sono ripresentati per ritentare la presentazione del faldone rosso con le i nomi dei candidati e le relative firme. In base al decreto pare che lo possano fare, in base alla decisione di oggi del Tar non sembrano titolati a farlo. Bisogna vedere, adesso, cosa deciderà l'ufficio elettorale del tribunale di Roma che dovrebbe pronunciarsi domani mattina. Contro quella decisione c'è ancora la possibilità di appello. Sicuramente, se il tribunale darà il via libera alla lista Pdl, partirà subito il ricorso della controparte politica. Insomma: un botta e risposta giudiziario che potrebbe avere come risultato il rinvio delle elezioni regionali.

In subordine, il Pdl ha già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar.

La "riconsegna". L'innocente faldone rosso, incellophanato e sigillato da giorni, è stato letteralmente scortato dai carabinieri fino all'ufficio elettorale per il deposito definitivo. Una processione silenziosa e veloce per i corridoi del Palazzo di Giustizia - i militari davanti col plico in mano, i politici Pdl a seguire - che si è conclusa in quella stanza 23, dove tutto cominciò due sabati fa con un'apertura pubblica sotto gli occhi dell'ufficiale comandante. Un pacco che però, secondo i legali del Partito Democratico, porterebbe con sè anche la chiave per scardinare la ripresentazione degli elenchi da parte del Pdl. Il plico, spiega l'avvocato Gianluigi Pellegrino, che ha presentato una "diffida" e cita un verbale dei carabinieri del 27 febbraio, "due sabati fa sarebbe rimasto incustodito dalle 12:00 alle 14:30, per poi essere vigilato dai militari. Alle 17 però il delegato Pdl lo avrebbe portato via, per poi riconsegnarlo alle 19:30". Solo allora il pacco sarebbe stato sigillato dai militari. "Chi può essere sicuro allora - conclude il legale - che quello che è stato consegnato corrisponde a quanto era stato portato in tribunale entro le 12 del 27 febbraio?" E non basta: in base alle indicazioni del nuovo dl la lista non può essere ammessa - spiega Pellegrino - "perchè la documentazione doveva essere in mano al Pdl fino alle 12:00, ma loro ne sarebbero stati in possesso, invece, fino alle 19:30". "Inoltre nel ricorso al Tar sarebbero gli stessi delegati del Pdl ad ammettere che il famoso plico conteneva una documentazione incompleta": insomma, conclude l'avvocato, sarebbe proprio il dettato del dl del governo a escludere la lista Pdl. Una ricostruzione che però i vertici del Pdl smentiscono precisamente. "Il pacco - dice il coordinatore del Lazio, Vincenzo Piso - è stato preso in custodia dai carabinieri, ma su questo avremo da dire tante altre cose, qualcuno dovrà rispondere delle tante falsità dette".

Ma ora, la decisione del Tar rimette tutto sotto una luce diversa. Se l'ufficio elettorale accetta l'interpretazione del governo, la lista Pdl potrebbe essere riammessa salvo gli ulteriori ricorsi degli avversari. Se, invece, l'ufficio elettorale si allinea alla posizione del Tar e ritiene che il decreto non possa essere applicato alla legge regionale del Lazio, la lista Pdl potrebbe essere definitivamente fuori dai giochi.

Le Regioni alla Consulta. Com'era prevedibile, dopo il Lazio, anche altre regioni si preparano al ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto. Oggi si sono fatte avanti Piemonte e Toscana entrambe governate dal centrosinistra e chiamate al voto il 28 e 29 marzo. Sia il governatore piemontese Mercedes Bresso che il presidente toscano Claudio Martini sono intenzionati a muoversi per un conflitto tra Stato e regioni in una materia, quella delle elezioni, che è di competenza regionale e non statale. In Piemonte la decisione è già stata presa dalla giunta. "Non possiamo accettare - ha spiegato infatti Bresso - ingerenze del Governo in una materia che in Piemonte è già regolamentata dalla legge regionale. Noi abbiamo attivato la procedura della legge elettorale regionale, tanto è vero che sono stata io a convocare i comizi elettorali e quindi a indire le elezioni".

Maroni. Qualche ora prima della decisione, lo stesso ministro degli Interni Maroni aveva spiegato che il Tar aveva piena autonomia di giudizio: "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto. Noi non abbiamo deciso di salvare le liste. Abbiamo invece conservato i termini e abbiamo detto ai giudici di decidere loro sulla base di come la legge è stata interpretata dal governo. Mi auguro che entro pochissimi giorni il quadro sia completo, in modo da poter svolgere quel che resta della campagna elettorale e, serenamente, farla svolgere a chi ha diritto di farla".

Fonte: Repubblica
[Modificato da binariomorto 08/03/2010 23:52]


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