Fra le madri all'uscita della scuola "Olga Rovere". Ma c'è chi difende le insegnanti
Una parte dei genitori non ha sporto denuncia per paura delle reazioni
"Quel giorno mia figlia mi disse:
mamma, ho visto l'uomo nero"
RIGNANO FLAMINIO - "Mamma, quello è l'uomo nero". Così diceva uno dei piccoli quando incontrava per caso il "benzinaio" Wera Khelum De Silva, uno dei due uomini che giocavano al gioco del "lupo e dello scoiattolo" con lui e con i suoi amichetti. Ma la mamma lo sgridava, dicendogli di non parlare così a quel signore che non conosceva. Solo uno dei tanti indizi che poi hanno portato tutti, famiglie e istituzioni, ad aprire gli occhi su quel film dell'orrore che si consumava tra le pareti di una anonima casa di paese, dove gli "orchi" avevano il volto familiare delle maestre e l'innocenza veniva spezzata per sempre.
Nel giorno degli arresti la scuola materna è regolarmente aperta. Dentro tanti bambini che giocano in giardino, fuori le pattuglie dei carabinieri, le mamme che entrano ed escono. La preside dell'istituto comprensivo "Olga Rovere" è in malattia da oltre un mese, la vice preside Rita De Mari è barricata negli uffici. Apprensione, desiderio che la giustizia faccia il suo corso, ma anche tanta rabbia tra i genitori.
"Farei provare ai loro figli le stesse cose", dice una donna che è venuta a prendere la figlia all'uscita della scuola. È in apprensione, come molte altre mamme che hanno atteso l'uscita dei bambini alle 13, l'orario di chi non fa il tempo pieno. Poche si fermano, altre si allontanano in fretta portandosi via per mano i figli. Il paese è sotto choc. L'assessore alle politiche sociali Andrea Beretta è davanti all'istituto insieme ai tanti curiosi "per portare - dice - la solidarietà del Comune".
Poco prima, una decina di bambini con le divise rosa e azzurre sono saliti ridendo e facendo ciao ciao con le mani su uno scuolabus. Tra i parenti, in attesa in piazza Carlo Stefanini, lo slargo antistante la materna Olga Rovere, c'è anche chi mostra incredulità: "Chissà - sussurrano - se è tutto vero".
C'è invece chi ci crede senza riserve, pur non avendo vissuto il dramma. E ricorre a soluzioni estreme: "La materna dell'istituto comprensivo deve essere chiusa e, successivamente, rifondata con personale nuovo", sostiene un gruppo di genitori. "Anche la dirigenza del plesso deve essere rimossa. Come è possibile che episodi di tale gravità siano potuti avvenire senza che nessuno s'avvedesse di nulla? E perché i responsabili dell'istituto hanno continuato a difendere le insegnanti finché non sono state accusate dalla magistratura?"
Tutti pensano ad una sola cosa, a come sia possibile cioè che in una scuola si possano portare via dei bambini per alcune ore e sottoporli a torture sessuali senza che nessuno noti nulla di strano. "La preside Loredana Cascelli - racconta un'altra mamma - ha chiesto e ottenuto un incontro con il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ma anziché chiedergli di allontanare le maestre gli ha espresso preoccupazioni sul futuro della materna, la cui sopravvivenza avrebbe potuto essere messa in discussione dal ritiro di molti bambini da parte delle famiglie". Gli iscritti erano infatti 220, ma dopo l'apertura dell'inchiesta sono scesi a circa 150.
"Abbiamo saputo con certezza - racconta la donna - che anche davanti alle domande incalzanti del ministro e dei suoi collaboratori la preside ha continuato a difendere le insegnanti e a sostenere l'assoluta infondatezza delle accuse".
Eppure una parte dei genitori che hanno avuto i figli abusati non ha sporto denuncia: molti hanno paura delle conseguenze all'interno di un paese che conta appena 8mila anime. Tra questi la mamma di una bimba di 5 anni che è stata ripetutamente violentata: "Mia figlia ci raccontava di posti che non aveva visto con noi. Passava davanti alla casa dove veniva portata da quei criminali e diceva di esserci stata durante le ore di scuola, di un'auto che la conduceva fin lì. Noi però pensavamo che fosse solo fantasia". Si ferma. Riprende: "Poi, quando altri genitori si sono accorti, ci siamo rivolti tutti allo stesso pediatra. Abbiamo cominciato a parlare di più con nostra figlia, in modo da farle dire quello che aveva dentro. Si rabbuiava ogni volta che si parlava delle maestre. Alla fine ci ha raccontato di giochi che avrebbero dovuto rimanere segreti. Una volta ci ha detto che aveva male lì perché, come le avevano detto di dire, non era ancora abituata al gioco".
(25 aprile 2007)