Parla il segretario di Rifondazione dopo la manifestazione contro la base
"Noi non siamo antiamericani. E al ministro dico: facciamo una conferenza sulle servitù militari"
"Neanche con la guerra fredda
tanti soldati Usa in Italia"
ROMA - "Una doppia lezione arriva dalla manifestazione di Vicenza. Primo: ci sono forze politiche, anche all'interno del centrosinistra, che non "vedono" più la società. Secondo: i grilli parlanti, quelli che pensano solo a piantare le bandierine di partito, che a corrente alternata invocano Rifondazione fuori dal governo e Rifondazione fuori dai movimenti, si rassegnino. Noi siamo parte del governo e facciamo parte dei movimenti. E' questa l'anomalia di Rifondazione, e con questa anomalia dovete abituarvi a convivere".
Segretario Giordano, ma chi sono i grilli parlanti? Si riferisce ad Amato e Rutelli?
"Parlo in senso lato, però è indiscutibile che gli allarmismi sugli incidenti erano determinati dall'incomprensione, dall'incapacità di leggere nelle dinamiche sociali. Il grande e pacifico popolo sceso in piazza a Vicenza, invece, rappresenta l'anticorpo alla crisi della politica. Non c'è riforma possibile dei partiti se non si entra in connessione con la gente vera. Questo è un problema, per tutta la politica, e quindi anche per la nostra coalizione".
Sta rilanciando lo scontro con i centristi?
"Nient'affatto. Lontano anni luce da ciò che, per esempio, va blaterando la destra in queste ore. Ovvero: dopo il corteo, nella maggioranza massimalisti più forti e riformisti in difficoltà. Lo schema non è questo".
Qual è allora?
"Il percorso da seguire lo ha indicato proprio Vicenza. Al centro della scena non possono stare le diatribe di coalizione o di governo ma i movimenti pacifisti e le comunità locali. La nostra proposta perciò è questa qui: il governo costruisca un canale diretto di confronto con i vicentini. Ecco il punto vero, e non le "trattative" con Rifondazione o con la sinistra radicale".
Quindi Prodi vada a Vicenza.
"Incontri la gente, ascolti le loro argomentazioni, li riconosca come interlocutori. E' il primo atto che il governo ha da compiere per dimostrare che non è impermeabile alle richieste. Tocca a Prodi trovare la forma del confronto: può andare a Vicenza, può riceverli a Roma, l'importante è che lo faccia".
Il premier ha detto che dopo la manifestazione non cambia nulla.
"Proprio qui sta l'elemento discriminante, e io perciò mi permetto di insistere. Altrimenti il rischio è di essere sordi alle istanze della società. La differenza con la destra è che noi ascoltiamo i movimenti, loro li considerano nemici. Prodi deve trovare la maniera di incontrarli, si scelgano le forme ma si apra il confronto".
Ma anche sulla "sostanza", sul raddoppio della base, Prodi non vuol tornare indietro.
"Un governo è forte se ha il coraggio di ripensare alle proprie posizioni, sull'onda di una partecipazione di massa".
Fino al punto da rimettere in discussione la nascita di Ederle 2?
"Secondo me, tutto ciò è possibile".
Non vuol spiegare meglio, segretario?
"Non voglio dire di più perché insisto sul canale di "scorrimento": i movimenti rappresentano l'interlocutore giusto del governo, non Rifondazione".
L'idea di ridurre l'impatto ambientale?
"Un'apertura ma insufficiente".
Il ministro della Difesa Parisi però vuole un chiarimento: se mettete in discussione la base, saltano le alleanze internazionali dell'Italia.
"Non credo sia questo il senso delle parole di Parisi, e le ho lette attentamente. Penso che voglia aprire con noi un confronto sulle politiche di difesa. Bene, pronti. Possiamo cominciare dalla prossima conferenza sulle servitù militari, annunciata anche dal ministro Chiti. Perché, nonostante la chiusura della Maddalena, in realtà nel nostro Paese ci troviamo di fronte ad un paradosso: mai, neanche nell'immediato dopoguerra, neanche ai tempi della guerra fredda, c'erano stati tanti soldati americani sul suolo italiano".
Bisogna ridurne la presenza?
"Certamente, ma - e qui voglio scandire le parole - noi non nutriamo alcuno spirito anti-americano, tutt'altro. La domanda è: ma a che servono queste basi, puntate tutte verso sud? Per Bush e per la Nato ormai rappresentano l'avamposto occidentale di uno scontro di civiltà, piuttosto che una logica di guerra fra potenze. Ecco perché rispondo a Parisi: chiariamo chi sono i nostri nemici, vediamo a che servono tante basi, e facciamo allora della conferenza sulle servitù militari l'occasione di un confronto ampio sulle politiche di difesa del nostro paese".
D'Alema fra due giorni presenta in Senato la relazione di politica estera.
"Mi aspetto che il ministro degli Esteri presenti una riflessione sulle scelte innovative compiute in un anno di governo. Dal ritiro dall'Iraq alla nuova centralità dell'Onu, dalle posizioni assunte nel conflitto arabo-israeliano alla missione in Libano, fino alla conferenza internazionale di pace sull'Afghanistan che finalmente si comincia a vedere".
E sulla base di Vicenza?
"La discussione va affrontata complessivamente dal governo, non è tema esclusivo di politica estera. Non mi aspetto che nelle comunicazioni di D'Alema si discuta di Vicenza".
Per scongiurare così nuove polemiche dei vostri dissidenti?
"Se la relazione del ministro degli Esteri si muoverà sulla traccia dell'innovazione, non dovrebbero esserci problemi".
Pronti stavolta, per evitare il bis della trappola-Calderoli, a votare una mozione senza ambiguità, ad approvare senza riserve il testo di D'Alema?
"Io non avrei difficoltà, ma è un compito che spetta ai gruppi parlamentari".
E sull'Afghanistan, segretario?
"Discuteremo. C'è tutto il tempo per aprire un confronto anche con quei singoli che la pensano diversamente al nostro interno" .
(19 febbraio 2007)
Repubblica.it