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A.A.A. capolavori sfornasi

Vibrazioni positive accompagnano il tempo libero dei felici possessori di PS2, Xbox e PC. Pro Evolution Soccer 5 è finalmente giunto sugli scaffali e da questi, con una velocità disarmante sta emigrando su tutte le mensole, armadietti o tavolini, tra il pad e la tastiera (c’è chi riesce a giocarci anche con quella, beati loro) e il rispettivo sistema di intrattenimento. Il giorno di una delle release più importanti dell’anno è arrivato per riproporre, come sempre in questo periodo, le gioie e i dolori domenicali per chi, come recitava una famosa reclame, ama il calcio e respira il calcio. Tuttavia negli anni precedenti, seppur la versione di turno del calcio Konami superasse di quattro o cinque spanne abbondanti la concorrenza (Fifa su tutti), c’erano sempre dei piccoli malumori, riguardanti il raffronto, quasi scontato e doveroso con la sua controparte dedicata alla terra del Sol Levante. L’aspra lotta tra PES e WE da sempre ha rappresentato un vero e proprio controsenso. In effetti due fratelli, due versioni differenti dello stesso gioco è strano che lottino tra loro, d'altra parte da quando i geni Konami sono passati a occuparsi di calcio non sono mai rimasti a poltrire, o con le mani in mano, limitandosi a mero lavoro di porting, ma si sono sempre prodigati per cambiare qualcosa. Il più delle volte hanno migliorato, parecchie altre hanno commesso dei piccoli errori, tuttavia è grazie al loro lavoro se adesso abbiamo tra le mani non solo l’ennesimo capolavoro, ma la più sontuosa gemma mai uscita dal loro scrigno. Decine di versioni, capitoli intermedi, evoluzioni e sempre un luogo comune ad accompagnarne l’uscita: WE è una simulazione, mentre PES è un arcade. In effetti molti di coloro che negli anni si sono lasciati andare a queste affermazioni non avevano ben presente cosa fosse un vero arcade, come ad esempio Virtua Striker, e non Fifa, che è soltanto, da troppo tempo, un erroneo tentativo di simulazione. Ebbene, è difficile definire un capitolo della saga partorita da KCET come “arcade”, tuttavia, sin dal primo PES (e anche prima su PSOne) le conversioni per il mercato occidentale erano rese in maniera “semplificata”, ammorbidita ed addolcita. Maggiore velocità e facilità che erano evidenti nei primi due capitoli e sensibili nel terzo. Con il quarto capitolo la disparità tra i due titoli, almeno da questo punto di vista, era stata quasi azzerata, seppur con pochi, lievi retaggi di una tendenza che aveva ormai i giorni contati.

“Il”
Il lungo cammino verso la perfezione continua ad assottigliarsi, e le brillanti menti di tecnici, grafici e creativi KCET, versione dopo versione continuano nelle loro meticolose tribolazioni al fine non solo di ricreare visivamente tutte le situazioni di una reale partita di calcio, ma soprattutto di regalare impagabili emozioni che partono dall’azione delle dita sul pad e sublimano nello sviluppo di azioni di gioco verosimili e realistiche. In definitiva l’obiettivo prefissato dai creatori di PES non si limita alla semplice messa in visione di una partita e, magari, dei suoi elementi di contorno (ancora lui, Fifa), ma riguarda l’immedesimazione completa per dare la possibilità al giocatore di partecipare attivamente a uno spettacolo che non è reale ma che si avvicina alla realtà in maniera spropositata. Questo è l’anno degli sbagli, del culto dell’errore, e non ci riferiamo ad una qualche colpa commessa da Konami, bensì dall’impostazione che ha assunto il gioco, molto meno “pilotato” ed “automatizzato” rispetto alle precedenti edizioni. A dire la verità questa strada era stata imboccata da Winning Eleven 7 e PES 3, dove però i cosiddetti “binari” limitavano ancora troppo la libertà e la fantasia del giocatore. In PES 5 il gameplay è stato riscritto, come in quasi tutte le edizioni, e sviluppato in maniera da rendere l’utente libero di uscire a suo piacimento dai binari per recuperare palloni, superare gli avversari e giocare d’anticipo. L’inevitabile rovescio della medaglia ha portato anche ad una maggiore difficoltà nel controllo e nella gestione della sfera. sono ormai lontani i tempi delle serpentine a tutto campo, dei monologhi di giocatori col pallone unito agli scarpini da uno strato di bostik. Perché se è vero che il dribbling, come dice Donadoni e come pensano tutti è il miglior metodo per applicare con successo la tattica, è anche vero che fatto sistematicamente e ripetutamente non porta ad altro che alla perdita della sfera. così è nelle partite di calcio e allo stesso modo è stato riproposto in videogame.

La costruzione della manovra è sicuramente l’asso nella manica di questa nuova incarnazione di PES, che richiede un’enorme varietà di giocate per essere assimilato e digerito appieno. Le prime partite, per chi ancora non avesse provato la sua versione giapponese, risulteranno ostiche come non mai, in certi casi anche frustranti per la frequenza con cui si perde la palla e l’estrema difficoltà di raggiungere la porta. Chiunque fosse rimasto fermo a PES 4 non ha altro che da dimenticarselo, fare tabula rasa e ripartire da zero con PES 5, magari a una difficoltà inferiore delle canoniche 6 stellette a cui i navigati lupi di mare sono soliti ricorrere. Il prezzo da pagare per la boria e per la strafottente arroganza è salato e gli farà perdere la maggior parte delle partite, o lo farà ammalare dello stesso virus che affliggeva il tecnico e la squadra dell’Inter nella scorsa stagione: la pareggite.
Assodato che si tratti di un gioco dall’impostazione completamente nuova non si può non citare le più importanti differenze riscontrate rispetto ai precedenti episodi della serie, a partire dalla maggiore pesantezza del pallone, che traspare sia dai contrasti che dai tiri, molto più potenti e realistici. Nelle passate edizioni segnare dalla lunga distanza era un lusso che avveniva solo in concomitanza di bug o papere del portiere. Ora invece è possibile scagliare tiri da qualsiasi posizione. Tuttavia i risultati non sempre si rivelano ottimali e l’enorme differenziazione dei giocatori svolgerà un ruolo determinante. Se infatti con Adriano e Nedved sarà possibile infilare il pallone in rete anche da trenta metri, non sarà così facile per giocatori come Gattuso, meno dotati dal punto di vista della potenza e della precisione. In maniera similare avviene per i calci di punizione che nel precedente capitolo erano stati resi in maniera errata, rendendo quasi impossibili le trasformazioni di prima intenzione e facilitando oltremodo quelle di seconda. Ora invece entrambe sono possibili, anche se per ottenere buoni risultati bisognerà operare scelte accurate ed intelligenti.

Bellissimi i tiri, ma altrettanto belli i passaggi, che sono stati diversificati in maniera quasi incredibile. Premere semplicemente un tasto e una direzione non basta più, in quanto andranno seguiti a dovere l’impatto con il pallone, la velocità, lo stato di equilibrio e la coordinazione del giocatore, che potrà inventare il più spettacolare dei lanci o dei passaggi filtranti, ma potrà anche sbagliare goffamente.
Anche i portieri hanno subito l’influsso benefico di questa brezza di rinnovamento, acquisendo abilità quasi impensabili sino ad un anno fa. Le uscite sono molto più sicure e i due metodi più facili di marcatura, pallonetti e rasoterra, sono stati nettamente decrementati. Segnare in PES 5 è tanto soddisfacente quanto lo è assistere ad un miracolo del proprio estremo difensore.

La gemma
Un gioco senza pari non poteva che avere un comparto grafico spettacolare. Dispiace continuare nell’impietoso confronto con Fifa, ma non se ne può proprio fare a meno. Un tempo i sostenitori sfegatati del titolo EA potevano contare su una grafica nettamente migliore di quella proposta da WE e PES. Purtroppo (o menomale) da qualche anno il capolavoro giapponese si è impadronito anche di questo importante baluardo e in questo sua ultima incarnazione si manifesta in tutto il suo splendore. Non ci sono grosse novità nelle forme e nella ricchezza di poligoni rispetto a PES 4, che già riusciva a spremere l’Emotion Engine PS2 come un limone. Le migliorie riguardano le texture, ancora più definite e realistiche e i particolari che sono stati curati in maniera maniacale, non solo per quel che concerne i tratti somatici dei campioni più conosciuti, ma anche per i loro segni di riconoscimento, dalle magliette dentro o fuori dai pantaloncini ai braccialetti, dai girocolli per le fredde giornate invernali agli anelli, collanine, orecchini. Ottima anche la realizzazione dei campi di gioco, che assomigliano in tutto e per tutto alle loro controparti reali. C’è ancora del lavoro da svolgere per migliorare i manti erbosi, non sempre all’altezza e per il pubblico sugli spalti, ancora troppo cartonato. Da registrare il quasi azzeramento dei rallentamenti che avevano animato malumori per WE8 e, in parte PES 4, ottenuto mediante lo sfoltimento del pubblico sulle gradinate. D'altronde oramai noi italiani ci siamo abituati a vedere gli stadi mezzi vuoti a causa del nuovo caro biglietti e delle ordinanze per i ticket nominali.

“Teste di moro”
Questo titolo non vuole essere un’offesa a qualcuno in particolare, ma ci descrive una piccola mancanza presente nel gioco. Il Cagliari non ha concesso, proprio come aveva fatto anche con Fifa, le licenze ufficiali, quindi risulta l’unica squadra del campionato Italiano a non avere ne il nome originale, ne i marchi, gli stemmi e gli sponsor reali. Per il resto, rispetto a WE9 tutte le maglie sono state aggiornate alla stagione attuale, e anche il mercato è stato, almeno parzialmente aggiornato, con le neopromosse ancora spoglie di parecchi acquisti effettuati negli ultimi giorni disponibili. Le modalità sono rimaste pressoché invariate rispetto alle precedenti edizioni di PES, e comprendono oltre alla famosissima master league, anche coppe, tornei e campionati. Ed oltre all’editor, potenziato oltre ogni precedente limite, l’introduzione più altisonante riguarda la modalità ondine, introdotta anche su PS2 non restando così solo un’esclusiva per l’utenza Xbox Live.

Attenti a quei due
Ancora una volta la telecronaca della versione italiana è stata affidata al duo Civoli-Sandreani che proprio come nelle precedenti edizioni delude e fa rimpiangere le performance del buon vecchio John Kabira. Questo è sicuramente l’unico aspetto dove Fifa supera PES. Anche gli effetti sonori e “da stadio” seppur degni e azzeccati non riescono nemmeno a lambire le alte vette raggiunte dal gioco EA.

WE vs PES
Alla fine del discorso bisogna tirare le somme sul consueto raffronto tra le due versioni. Con estremo piacere annunciamo che PES non si è soltanto avvicinato a WE, ma addirittura lo ha leggermente superato per difficoltà. Le squadre gestite dalla cpu infatti si dimostrano molto più reattive, attente e il loro pressing si rivela estremamente aspro ed efficace. Finalmente il sorpasso c’è stato.

Multipiattaforma
La versione di base è stata realizzata su PS2, quindi su Xbox e PC può contare esclusivamente su una maggiore qualità delle texture, su un maggiore antialiasing e su una risoluzione più alta. La versione PC è quella graficamente più “pulita”, mentre quella Xbox soffre ancora un po’ dell’effetto sfrigolio in alcuni terreni di gioco. Ultimo appunto va fatto per il sistema di controllo. PES 5, come la totalità dei suoi predecessori sembra fatto apposta per essere giocato con il Dual Shock Sony, quindi i possessori Xbox dovranno storcere il naso, specie per la mancanza di altri due tasti dorsali (problema che verrà risolto con Xbox 360). I possessori PC potranno buttarsi sull’apposito adattatore per giocare anch’essi con il Dual Shock.
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