I bianconeri battono 1-0 l'Udinese e restano in testa: decide Zalayeta che entra nella ripresa per Trezeguet (infortunio alla spalla, sembra grave). Palo di Zebina.
UDINE, 3 ottobre 2004 - La Juve fa tredici. Con il minimo sforzo anche dal Friuli Capello porta a casa il massimo, una rete da tre punti con allungo in classifica. Uno a zero sull'Udinese. Ma pochi sorrisi: escono ammaccati Nedved e Trezeguet, e il francese caduto male un'altra volta sulla spalla, rischia uno stop lungo, forse un intervento.
La quinta giornata conferma comunque che il tour de force (campionato e Champions) l'ha debilitata (gira lenta per un tempo), ma mai distratta dall'obiettivo. La Juve è cinica e concreta. Il punto di forza è ancora la difesa, ottima. L'ordine è di Emerson. Le idee di Nedved, che zoppica ma tira e tira. Il gol di Zalayeta, dunque della panchina, anche questa volta. La pantera, mai presa in considerazione prima di oggi (prima cioé dello stop ordinato dallo staff di Agricola al capitano Del Piero), al ballo delle punte aveva messo piede solo nel finale con l'Atalanta per sette minuti (quattro di recupero). Al Friuli, lo stadio maledetto di Ale, il silenzioso Zalayeta entra dal 1' della ripresa per Trezeguet: quindici minuti di buon movimento e al sedicesimo, l'incornata vincente, in anticipo su Kroldrup che spiazza l'ottimo De Sanctis.
Basta questo alla Juve per spazzare via la rabbia dell'Udinese e i sogni di riscatto dopo le polemiche con il Brescia e la fresca eliminazione dalla Uefa. Ma non è solo questo la Juventus di Capello. Unita, solida, compatta. Patisce un po' l'avvio acceso dei padroni di casa, ispirati da un buon Muari quinto a centrocampo per Pizarro (che resta ai box per i problemi muscolari) e prezioso dalla sinistra per Iaquinta, volenteroso ma impreciso e sempre anticipato da un perfetto Thuram. Poi prende in mano la partita, tattica e brutta, non alza il ritmo ma fa bene possesso palla. La luce la accende Nedved, che zoppica zoppica, ma tira sempre. Parte come al solito da sinistra, ma finisce anche questa volta per spostarsi dietro le punte Ibrahimovic e Trezeguet: obbligate dalla tendinopatia achillea di Del Piero ma ancora lontane da quello che si dice feeling. Lo svedese con il pallone tra i piedi è terribile, ha giocate da classe, ma si piace ancora troppo e non piace per una testata a Cribari. Il francese si vede poco e soprattutto cade male: l'infortunio alla spalla preoccupa Capello "sembra un colpo non recuperabile nell'immediato" dice in tv. Negli spogliatoi gira voce che questa volta non è escluso l'intervento. Per quella spalla David è stato fuori mesi interi l'anno scorso, la prima botta l'aveva presa con il Palermo, ha sterro i denti con
Serve Zalayeta, e lui, il ragazzo che non protesta mai, si fa trovare pronto. Entra e segna. Ora - nella ripresa - è tutta la Juve ad alzare il ritmo, trova spinta con Olivera (che entra per Nedved dopo l'ennesima botta), spinge poco ma quando lo fa fa male, Zambrotta. Dall'altra parte Camoranesi colleziona angoli. Ibra nel finale si esalta, Zebina colpisce il palo. Alla fine il premio di miglior in campo è di De Sanctis, il migliore degli uomini di Spalletti. Partiti bene, dicevamo, con quel centrocampo lungo che fa buon pressing, ma quasi invisibili sulle fasce con Alberto e Felipe e poco pochissimo precisi davanti alla porta. Non si trovano quasi mai Iaquinta e Di Natale, soprattutto non bastano davanti ai centrali della Juve e al solito Buffon, che quando serve (poche volte) c'è sempre.
Così diventa vana anche la mossa tridente che Spalletti prova un minuto dopo il gol di Zalayeta: entra Di Michele. Poi Iaquinta lascia il posto a Fava. Se la gioca con il 3-4-3 Spalletti, inserisce Pieri per Alberto, lo piazza a sinistra, poi lo sposta a destra (per Mauri) ma resta a mani vuote anche questa volta. La sua squadra è prevedibile sui cross lunghi, più pericolosa palla a terra, ma mai davanti a Buffon. attenta tatticamente per più di un tempo, poi si allunga e cede partita pallino e risultato alla Juve. Il minimo con il massimo. La vetta è al sicuro. Trezeguet no. E diventa il pensiero più importante.