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08/09/2007 22:31
 
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Polenta di mais
Quella di farina di mais é la polenta per definizione. Ha sfamato decine e decine di generazioni, soprattutto dell’Italia settentrionale, Veneto, Lombardia e Friuli in primis.
Aspetto e consistenza dipendono ovviamente dalla quantità d’acqua e dal tempo di cottura, ma anche dal tipo di macinazione e dalla varietà di granturco, secondo gusto o tradizione.
Se nel nord, specie nel Bergamasco e nel Veronese, si preferisce una polenta piuttosto soda da tagliare con il coltello, fatta con farina bramata, a grana grossa, a mano a mano che si scende - in Toscana, Lazio e Abruzzo - si usa quella fina chiamata fioretto, dalla quale si ottiene un amalgama più morbido e cremoso.
La polenta di mais é generalmente gialla ma ne esiste anche un tipo bianca, realizzata con il granturco bianco, dal sapore più delicato simile a quello del semolino, usata spesso in Veneto.

Polenta di grano saraceno
Oltre ad essere molto saporita, é straordinariamente energetica. Infatti, il grano saraceno, cereale originario dell’Asia e conosciuto anche come fagopiro, fraina o formentino, ha chicco piccolo, triangolare, di colore bruno scuro, con un alto valore calorico. E infatti in Italia viene coltivato in Valtellina e in Carnia, zone dove il clima é piuttosto rigido. La farina di grano saraceno, sia in purezza che mischiata a quella gialla di mais, é l’ingrediente base per preparare la polenta taragna all’uso valtellinese: con la prima si ottiene un composto più scuro e dal gusto più intenso, con la seconda una polenta più delicata al colore e al sapore.

Polenta di farro
Nella rosa delle polente non può mancare quella fatta con il primo grano della storia dell’uomo, che non a caso ha dato origine alla parola farina. Il farro, il triticum dicoccum degli scienziati, viene prodotto in Italia dalla notte dei tempi. Lo coltivavano i pastori della Siria e dell’Egitto. E’ stato trovato nelle tombe dei faraoni. Ha nutrito, e tenuti leggeri, generazioni di popolazioni latine. Poi é stato soppiantato via via dal frumento, perché povero di glutine e perché ha una resa minore, ed é iniziata un’altra civiltà gastronomica. Tuttavia la sua coltivazione non é mai cessata del tutto e recentemente sta vivendo un momento di grazia, grazie a un ritorno all’alimentazione sana, leggera e ricca di fibre.
E’ coltivato soprattutto nell’Italia centrale: Garfagnana, Alto Lazio, Marche e Umbria (nella zona di Spoleto). Ma il far dei Latini non veniva solo usato come il frumento: già ai tempi dell’Antica Roma era popolare la puls punica, la polenta di farro alla cartaginese, così come la trasmette Catone il Vecchio nella sua De Agricoltura (II, 2, 85), fatta con cacio fresco, miele e uova.

Polenta di castagne
Chi pensa che con la farina di castagne si fanno solo il castagnaccio e poche altre cose dolci, si sbaglia.
Un tempo era impiegata accanto o in sostituzione del frumento e del mais nelle zone dove questi cereali erano rari e abbondava invece questo tipo di frutto, ossia nelle zone appenniniche della Liguria, della Lunigiana, dell’Emilia e della Toscana.
E non a caso in quest’ultima regione, fino a neanche tanto tempo fa, il castagno é stato l’albero del pane e la farina di castagne “la farina”, con la quale si prepara tuttora la pattona o polenta “di necci”.
http://www.gamberorosso.it/portale/gdg/articolo/homepage?id_primo_piano=3042.0&textForum=Mangiare
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