Queste sono le caratteristiche del Tennessee. Eppure è solo dal 2001 che l’automobilismo per monoposto è tornato qui, dopo una lunghissima, quasi secolare assenza. Ma andiamo con ordine. Siamo nella seconda parte della stagione, Scott Dixon esce con le ossa rotte da New York, dove avrebbe dovuto ‘massacrare’ la concorrenza e non ingoiare un boccone amaro, come è successo. Il Fato, però, può essere ancora benevolo con lui, dal momento che a Nashville trova un superspeedway dove ha già trionfato nelle ultime due edizioni. Il “kiwi” qui può allungare definitivamente sulla concorrenza, perché sul Glen tutti i suoi diretti inseguitori hanno capitolato in modo epocale, permettendo al giovane Hunter-Reay di vincere il suo primo GP. Classifica praticamente invariata e tutti dentro uno speedway di una certa rilevanza.
Nashville accese i semafori verdi alla F.Indy solo nel 2001. Vinse Buddy Lazier e il tracciato si involò subito nell’affetto del pubblico come dei piloti. Anche la recente storia del Tennessee con i motori si intreccia proprio con la vittoria di Lazier. Una storia breve ma intensa che ha permesso a Nashville di diventare fin da subito un importante appuntamento del Campionato Americano. Qui, dove le strade del famoso Jack Daniels scotch Wiskey e le ‘guitar’ di famosi blues-singer si incrociano da sempre, l’automobilismo è tornato come un boomerang portando un rombo a oltre 350 km orari in questo stato pieno di parchi e foreste silenziose. Eppure Nashville disputò la sua prima gara per monoposto nel 1904, sul Nashville Speedway: un ring di 1.800 metri che oggi è appena poco più di mezzo miglio. Quella gara del 1904, organizzata di settembre, vide vetture superare i 60 km orari impressionando enormemente la popolazione locale. Fra i partecipanti un ‘certo’ Barney Oldfield, il grandissimo campione statunitense che nel 1902 dette il via al Campionato Americano, lo AAA, con la famosa Ford 999 costruita due anni prima che come sterzo aveva una manovella a barra simile ad un manubrio. Nel 1961 venne realizzato il Bristol Motor Speedway, un ring da appena mezzo miglio: entrambe queste piste sono da sempre territorio NASCAR. Quando finalmente anche il Campionato Americano approdò, o meglio tornò, in Tennessee dopo quella ‘puntata’ neppure troppo ufficiale del 1904, si preferì un tracciato nuovo e innovativo, soprattutto un tracciato di ben oltre un miglio dove si potessero raggiungere velocità piuttosto elevate. Sul Nashville Superspeedway in sette edizioni è ancora Scott Dixon a possedere il primato nel numero di vittorie: sia nel 2006 sia nel 2007 il campione neozelandese ha impresso il suo nome nell’albo del tracciato seguendo le vittorie di Lazier, Alex Barron, Gil De Ferran, Tony Kanaan e Dario Franchitti. Memorabile la vittoria dello scozzese nel 2005 contro un Sam Hornish formidabile, nella sua forma migliore, che duellò contro la Cheever di Carpentier anche lui in lotta per la vittoria. Un duello a tre che portò la vittoria di Franchitti all’ultimo metro.
Il tracciato di Nashville con la lunghezza di 1.333 miglia pari a 2.145 km, è un anello collocato nella ‘famiglia’ dei triovali. Quelli con una gobba per intersi. In questo caso la gobba si trova sulla backstraight. Le inclinazioni sono nella media dei tracciati lunghi. Ai due turns sui 14 gradi si contrappongono i 9 gradi della frontstraight e i soli 6 della backstraight. Differentemente dalle ultime tre gare, in Tennessee le ali saranno piuttosto cariche per la ricerca dell’effetto suolo più spinto. Sabato sera a Nashville si correrà una gara in notturna che vedrà favorito ancora una volta Dixon, come in quasi tutti gli appuntamenti del Campionato. Starà all’All-Black cercare di invertire la rotta non certo positiva che fra errori e corti ed insidiosi anelli, ha fermato i suoi trionfi dalla gara di Fort Worth, in Texas.
alessandroabramocarretti
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