00 06/04/2011 00:21
L'Aquila, tenta il suicidio Piscicelli
l'imprenditore che rideva dopo il sisma

Era libero ed è fuori pericolo. In una telefonata con il cognato nella stessa notte del terremoto si scambiano battute pensando agli appalti per la ricostruzione. Alla base del gesto probabilmente le attuali difficoltà economiche

L'AQUILA - Ha tentato il suicidio, due giorni fa, Francesco Maria De Vito Piscicelli. L'imprenditore arrestato lo scorso anno per lo scandalo degli appalti "facili" legati alla Protezione Civile e noto alle cronache per l'intercettazione nella quale rivelava di aver riso al telefono di fronte alla notizia del sisma immaginando nuovi affari sulla ricostruzione ("io ridevo stammatina alle tre e mezza"), ha cercato la morte ingerendo un intero flacone di Tavor. La moglie lo ha ritrovato riverso sulla scrivania del suo ufficio, in via Margutta a Roma. A quel punto la donna ha dato l'allarme. I medici gli hanno salvato la vita con una lavanda gastrica e dopo una notte in osservazione Piscicelli è stato dimesso. Ora è a casa.

Ma non sarebbero stati tanto i guai giudiziari la causa scatenante del gesto. Il tutto sarebbe legato alle difficoltà economiche che l'azienda di Piscicelli sta attraversando dopo lo scandalo. Lavori al palo e pagamenti bloccati dopo lo scandalo. "Sono molto preoccupato - ammette il suo legale Marcello Melandri - e non tanto per l'aspetto penale in quanto ritengo che le nostre ragioni prevarranno in tribunale. Il processo procede spedito e sono davvero fiducioso". "Il mio cliente però ha subito un'esposizione mediatica eccessiva, specie con la vicenda della telefonata sul terremoto dove è stato evidentemente frainteso... e vive un grande disagio".

Quella intercettazione pesa come un macigno, più del procedimento penale. "Lui viene riconosciuto come quello della telefonata... Quello che rideva la notte del terremoto e questo lo mortifica e lo danneggia. Oltre a non rappresentare la verità". Nell'intervista rilasciata dall'imprenditore a "Repubblica" il 13 febbraio 2010, si era difeso così: "Gesù, quello non sono io", "Per carità, sono io che parlo. Ma non sono io che dico quella frase. La dice la persona che &eg rave; al telefono con me, mio cognato", "I carabinieri devono aver fatto confusione. Ci sarà il nastro no? Lo giuro. È mio cognato. Io ho detto solo "vabbuò", "vabbuò". Sa no, come si dice a Napoli quando si vuole tagliare corto. Guardi ero inorridito anche io quella mattina quando ho sentito quella frase. I-nor-ri-di-to". "Ho detto solo "Vabbuò". Rido di imbarazzo. Si ride anche di imbarazzo, no? E poi che ne so io che è la Ferratella."

Mentre Piscicelli nell'interrogatorio del 25 febbraio 2010, davanti ai pm Tei e Monferini, aveva dichiarato:
"L'Aquila io non ho partecipato a nessuna gara volutamente e sempre a mio cognato che mi proponeva a telefono di fare un lavoro su... su Garda, ho detto: No, guarda sono impegnato, ho... devo mandare le cose all'Aquila per l'emergenza! Ma era una scusa per non essere sgarbato e non dirgli che non mi interessava il lavoro a Garda. A L'Aquila non ho partecipato a nessuna gara perché oltretutto venivamo da... da un lavoro pesante.."

Ma alcune intercettazioni risalenti al 9 aprile 2009 rivelano altro:
Piscicelli: ... ma già mi hanno chiamato a me...
Gagliardi: ... ma veramente?
Piscicelli: ... sì, la prossima settimana devo dare sei escavatori...
venti camion.
Gagliardi: ... li devi dare?
Piscicelli: sì.
Gagliardi: ... così.
Piscicelli: ... sì, così funziona nelle emergenze... tutto in econo-
mia.
Gagliardi: ... ah! glieli dai e poi dopo si fa in economia... cioè
tot ore, tot al giorno.
Piscicelli: sì, sì, sì.
Gagliardi: ah.
Piscicelli: questo per le emergenze.
Gagliardi: uhm, uhm, certo lì adesso ci fanno carne di porco lì.
Piscicelli: ah là c'è da ricostruire dieci anni.

Fonte: Repubblica