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05 Giugno 2009 - Forse il vento comincia a cambiare e non si tratta di eventi meteorologici, ma di tecniche mediche che riguardano gli animali da esperimento. La vivisezione non deve essere intesa letteralmente, ovvero il sezionare animali vivi e consapevoli, ma, come la intendeva il mio maestro Pietro Croce (e Hans Ruesch) in generale la sperimentazione sugli animali, sia essa relativa a farmaci, cosmetici, modelli chirurgici e quant’altro.

Il positivismo cartesiano, che considerava gli animali una sorta di automi incapaci di provare dolore e suscettibili di qualunque pratica potesse portare giovamento all’uomo, ci ha lasciato in eredità un pesantissimo fardello, quello della sperimentazione sugli animali e dell’estrapolazione dei risultati in campo umano. Un errore di metodo assolutamente drammatico che ha portato la scienza medica a colossali e tragici errori, dovuti a una strategia completamente errata: quella di pensare che il ratto o l’anfibio o il gatto possano avere malattie uguali a quelle umane (e già queste sono molto rare), ma soprattutto che possano rispondere ai trattamenti con un’analogia fisio-patologica che solo l’ignoranza e il business hanno potuto pensare vicina a quella dell’uomo.

Sono centinaia, anzi migliaia i farmaci studiati sui ratti che, una volta messi in commercio in campo umano, sono stati precipitosamente ritirati per avere fatto danni inaspettati. La talidomide ne è forse il capostipite quello che ha causato la tragedia più evidente, delle migliaia di focomelici che gli animali non mostrarono nelle prove. Poi c'è tutto il campo della chirurgia, dai modelli operativi animali per poter imparare a operare sull’uomo. Modelli contestati da illustri chirurghi che mettono in guardia le giovani leve sul fatto che i tessuti, i vasi e gli organi umani sono fatti in modo diverso da quello degli animali e che il vero chirurgo si forma andando “a bottega” dal collega più anziano e facendo da secondo nell’operare direttamente sull’uomo.

Il business dei trapianti cardiaci ha raggiunto l’apice della vergogna quando le savane e le giungle sono state svuotate di babbuini e altre specie candidate a “offrire” il loro cuore per la salvezza degli uomini. Potesse parlare la povera Baby Fae, la neonata che nell’84 subì un trapianto di cuore da babbuino da parte di Bailey e morì dopo 21 giorni di atroci agonie per un virus trasmessole dalla scimmia.

La buona notizia oggi è che, dal prossimo 11 giugno, presso l’università di Pisa si svolgerà un corso post-laurea che al posto di maiali vivi userà dei manichini che ricalcano perfettamente l’anatomia umana, già in uso in altre sedi come Torino e Genova, per insegnare ai laureati in campo medico le tecniche di avanguardia da attuare su pazienti traumatizzati. Considerando che, ancora oggi solo nel campo della didattica (nonostante numerosi metodi alternativi) le richieste di animali vivi rasentano il numero di 3000 ogni anno ( e vengono sempre esaudite), l’iniziativa dell’università di Pisa è meritevole di una standing ovation. Fonte