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29 Maggio 2009 - Riscrivo di un problema che ha mille sfaccettature e che, dal punto di vista morale, non credo abbia un’univoca soluzione. Insomma, mai come in questo caso, credo nessuno abbia la verità in tasca. Parto dal gesto eclatante e, a parer mio, molto al di sopra delle righe, effettuato dalla governatrice generale del Canada, Michaelle Jean, che, durante una visita a Rankin Inlet nel territorio del Nunavut (pieno Artico) ha mangiando il cuore crudo di una foca appena catturata.

I mezzi d’informazione ci ragguagliano sull’epico gesto della rappresentante di regina Elisabetta II, che, dopo essersi fatta passare un tipico coltello tradizionale degli eschimesi, un “ulu” ha tagliato, lei stessa, un pezzo di cuore proveniente da una foca appena uccisa e l’ha “gustato” crudo asserendo pubblicamente e ad alta voce che si trattava di una leccornia davvero ottima, esaltandone al contempo le doti nutrizionisti. “E’ un po’ come il sushi - ha detto ed è ricco di proteine”. Forse ha dimenticato di dire che è anche povero di grassi, ma questo avrebbe fatto a pugni con le esigenze di una popolazione che deve sopravvivere per grande parte dell’anno a decine di gradi sotto lo zero e necessita sicuramente di proteine, ma, ancora di più, di lipidi o grassi che dir si voglia, contrariamente alle nostre popolazioni, dove l’eccesso di colesterolo e trigliceridi è responsabili di numerose malattie cardiovascolari e metaboliche.

Ma perché la governatrice si è lasciata andare a questo gesto forte e simbolico? Si tratta evidentemente di un atto dimostrativo a sostegno della caccia alle foche, pratica molto diffusa nella popolazione Inuit. Ora, credo che nessuno. Neanche i vegetariani possano lamentarsi del fatto che una ristretta popolazione di eschimesi abbia il diritto di andare a caccia di foche per alimentarsi e vestirsi, non potendo certo sopravvivere dei pochi licheni che crescono in mezzo al ghiaccio, ma c’è il fondatissimo sospetto che questo gesto teatrale di Mrs. Jean, sia invece una provocazione nei confronti dei provvedimenti restrittivi presi il 5 maggio dal parlamento europeo che a larghissima maggioranza (550 voti favorevoli. 49 contrari e 41 astensioni) ha approvato il regolamento che vieta la vendita, nell’Europa Unitaria, di prodotti derivati dalle foche.

Alla fine la governatrice canadese, più che alla limitatissima popolazione Inuit, pensava molto più probabilmente al business dei canadesi che si vedono tagliata una bella fetta di torta. Oltre tutto il trattato europeo fa una eccezione proprio per i prodotti derivati dalla caccia degli Inuit (e qui ci sarà da ridere a “tracciarli”). Tutti abbiamo negli occhi le scene orripilanti del massacro, a bastonate, e dello scuoiamento di giovani foche ancora vive. Che i cinesi mangino i cani non è più grave del fatto che noi mangiamo i cavalli. Ma, ancora una volta (come nel caso dei maiali egiziani) è “il modo che offende”. Nei nostri macelli si svolge ogni giorno un dramma che contempla però delle regole. Per foche e cani non c’è alcuna regola se non quella della violenza e della crudeltà.
di Oscar Grazioli


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