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Nel XVI secolo, le flotte da guerra non erano sempre armate dallo Stato, come avveniva a Venezia; spesso, e specialmente a Genova, galee armate in guerra appartenevano a privati cittadini, ai quali lo Stato concedeva il cosiddetto assento, cioè l'appalto di un certo numero di galee, che, quando necessario, erano requisite dal Governo, dietro adeguato compenso. Il sistema era giudicato utile per lo Stato appaltatore, perchè gli consentiva di aumentare rapidamente le proprie forze navali in caso di necessità, senza dover sostenere l'onere di una grossa flotta permanente, che poteva rimanere per molti mesi inoperosa.
Il sistema dell'assento aveva però l'inconveniente che l'appaltatore (assentista) era indotto ad esercitare la sua attività in mare soprattutto nella guerra di corsa a vantaggio personale e in traffici commerciali privati, evitando di impegnarsi troppo in combattimenti, nei quali poteva riportare perdite di uomini e danni materiali, che lo Stato non era tenuto a risarcire. Ciò spiega perchè qualche volta, in battaglia, si vedevano galee di assentisti tenersi lontane dalla mischia o attardarsi in ambigue manovre evasive, che finivano per togliere al combattimento il necessario carattere risolutivo.


Uffizi. Baccio del Bianco (1626-1627). Combattimento fra una galeazza e due galere.
Disegno a penna e inchiostro bruno su carta.

Le flotte di galee del XVI secolo contavano spesso 200 o più unità, che, quando navigavano riunite, si disponevano in colonne parallele con le unità di ogni colonna in linea di fila. Per il combattimento invece, le galee si schieravano fianco a fianco su una linea di fronte leggermente incurvata a mezzaluna, con la concavità rivolta verso la flotta nemica, che si avvicinava con la stessa formazione e su rotta opposta. Questa formazione iniziale di combattimento era logica, poichè in essa ogni galea risultava protetta sui fianchi dalle due adiacenti e non esponeva così alle offese nemiche le sue parti più vulnerabili, cioè il palamento dei remi (l'apparato motore) e i rematori (la forza motrice). Inoltre questa formazione faceva sì che ogni galea presentava al nemico la prora, cioè la sua parte più resistente alle offese e meglio armata, grazie alla presenza dello sperone e dei cannoni. A proposito di questi ultimi, va però ripetuto che le artiglierie dell'epoca avevano una gettata assai limitata e un lento ritmo di fuoco; esse venivano perciò impiegate a distanza molto ravvicinata, in modo da infliggere il massimo dei danni materiali e di perdite umane alla galea nemica, poco prima di investirla con lo sperone e abbordarla con i soldati.
Al centro della formazione, schierata in linea di fronte per il combattimento, si trovava la galea del Comandante in capo, che si chiamava la Reale se vi era imbarcato il Sovrano o un suo rappresentante. La galea, dove era invece imbarcato l'ammiraglio, o, come si diceva a Venezia, il Capitano generale da Mar, si chiamava la Capitana e, per farsi riconoscere, portava sulla poppa tre alti fanali, riccamente decorati. Ai due estremi dello schieramento si trovavano le galee dei due Capi più elevati in grado dopo il Capitano Generale; essi avevano il compito di difendere le ali della formazione dai tentativi di aggiramento del nemico e tentare invece di aggirare le sue ali estreme; queste galee si riconoscevano perchè portavano, a poppa, un grande fanale. In generale, lo schieramento comprendeva un gruppo di galee centrale, due gruppi di galee sui due lati e uno di riserva in posizione arretrata. Fra i vari gruppi esisteva generalmente una distanza di circa 80 metri, mentre le galee di ogni gruppo navigavano il più vicine possibile tra di loro, compatibilmente con l'uso dei remi (circa 20 m. l'una dall'altra), in modo da potersi aiutare in caso di bisogno, e da impedire infiltrazioni di galee nemiche. Nello stesso tempo, questa formazione serrata permetteva la sorveglianza reciproca fra le galee vicine, intesa a evitare defezione, quali talvolta avvenivano tra le galee alleate o, più spesso, tra quelle degli assentisti.