00 19/05/2008 21:18
Romani: Travaglio inammissibile in Rai
«Il suo modo di fare informazione non adatto al servizio pubblico». La replica: «Più che editto, un edittino...»


ROMA - «Marco Travaglio è inammissibile, a mio avviso, come figura inquadrata in un servizio pubblico. Contesto il suo modo di fare informazione. L`intervista in cui attribuiva a Schifani frequentazioni mafiose è stata solo un esempio di come la concepisce». Paolo Romani non è il presidente del Consiglio, ma «solo» un sottosegretario con delega sulle Comunicazioni. E la location non è la sede di un vertice internazionale, ma la webcam di KlausCondicio a cui ha concesso una lunga intervista. Eppure è bastata quell'unica parola, «inammissibile», associata al nome del giornalista più scomodo dell'etere italiano, per richiamare alla mente il famoso «editto bulgaro» emanato da Silvio Berlusconi nel 2003 nel corso di una visita ufficiale a Sofia, in Bulgaria; ovvero, quel richiamo all'«uso criminoso della tv pubblica» che di fatto fu l'anticamera dell'allontanamento dalle trasmissioni di viale Mazzini di Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi (che finì sotto accusa proprio dopo dopo una puntata con Travaglio in qualità di ospite).

EDITTO E EDITTINO - E' stato il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, a rievocarlo, spiegando che «le dichiarazioni del sottosegretario Romani sono peggio dell'editto bulgaro di Berlusconi» e che «si vuole togliere il diritto di parlare a chi ha il coraggio di raccontare fatti anche quando essi sono scomodi alla politica» perché «è nelle intenzioni di questo governo lasciare la libertà di parola al solo portavoce o a quanti parlano per nome e per conto suo». Di Pietro ha parlato di «una limitazione grave e inconcepibile della libertà di parola per un Paese democratico» arrivando a chiedersi: «a quando la chiusura di internet come è stato deciso in Birmania?». Ma è poi lo stesso Marco Travaglio ad intervenire e a dire la sua: «Dalla tragedia siamo passati alla farsa con questo che più che altro mi sembra un edittino... Ma, onestamente, prendere sul serio le parole di Romani mi sembra eccessivo». Anche perché «rischio di montarmi la testa nel vedere quanta importanza viene data ai cinque o sei minuti in cui sono presente in tv...».

«PAGELLE» AI GIORNALISTI - Romani aveva provato ad argomentare la sua posizione: «Travaglio ha detto che Schifani avrebbe frequentato dei mafiosi. Mentre, come ormai tutti sanno, queste persone furono indicate come mafiose solo diciotto anni dopo l`incontro con Schifani. Questa precisazione, non proprio secondaria, andava fatta. Travaglio spesso dà informazioni che sono corrotte dalla pura passione politica. Non va bene per il servizio pubblico. Diverso è il discorso per Santoro, un grande professionista che ha ecceduto durante la campagna elettorale. Il suo è giornalismo corrosivo, intelligente, ma che verifica le fonti». Romani ha dato le sue «pagelle» ad alcuni dei protatonisti dell'informazione Rai. «Giovanni Floris - ha detto ad esempio - è un bravissimo giornalista: un po' targato, ma non importa, perché riesce a scavare nell`intimo dei propri ospiti molto più di quello che abitualmente si possa fare. Lucia Annunziata, invece, a volte mi pare un po' prevenuta. Lo stile giornalistico di Floris - ha aggiunto Romani - mi piace molto. Ricordo, in particolare, la straordinaria puntata di Ballarò con i figli delle vittime del terrorismo. Sono state tre ore di antologia televisiva».

«PRIMO PIANO» E SACCA' - Romani, nel corso dell'intervista, si era poi detto contrario all'eventualità che «Primo Piano», lo spazio di approfondimento del Tg3, venga spostato in tarda serata, come è stato ipotizzato, per far posto a programmi di satira condotti da Serena Dandini e Fabio Fazio: «significherebbe rinunciare a una fascia di pubblico fidelizzata e sostituire un contenitore di informazione con quattro programmi dedicati alla satira politica e con un preciso orientamento, non fa bene al servizio pubblico». E si era pronunciato a favore di un'eventuale abolizione delle regole sulla «par condicio» e di un ripristino di Agostino Saccà nel suo ruolo di presidente di Rai Fictrion.

CDA E PARLAMENTO - «Dico no alla proposta di amministratore unico della Rai - aveva poi aggiunto il sottosegretario -. Il meccanismo di nomina del Cda Rai è stato condiviso dalla sinistra. Il servizio pubblico deve essere sotto il controllo del Parlamento. In Italia è sempre stato cosi. Non è immaginabile che sia una sola persona a decidere tutto». Un riferimento, quello al controllo esercitato dal Parlamento, che ha provocato la reazione dell'Italia dei valori: «Sono affermazioni così sconcertanti - ha detto la deputata dipietrista Silvana Mura - che spero non corrispondano al vero. Le parole di Romani sono gravi e legittimano il controllo della politica sull'informazione pubblica».


«NO A NOMINE CON LA GASPARRI» - All'intervista di Romani a Klaus Davi replica anche Giovanna Melandri, ministro ombra alle Comunicazioni per il Pd. «Se si procederà alla nomina del nuovo Cda della Rai, alla sua scadenza naturale tra pochi giorni, con la legge Gasparri, sanzionata dall'Europa, che ha parlamentarizzato il cda della Rai e che ha sancito definitivamente il controllo partitocratico sull'azienda - ha detto l'ex diessina ad Affariitaliani -, vuol dire che si sta minando in partenza il terreno del confronto, anche per quella legislatura costituente a cui hanno fatto riferimento sia il presidente della Camera sia quello del Senato. Confrontiamoci sugli elementi di sistema e il primo è affidare il servizio pubblico a un vertice nominato diversamente e autonomo dalla morsa dei partiti».


19 maggio 2008
corriere.it