00 10/03/2008 18:58
La composizione di Palazzo Madama influirà sui futuri equilibri politici
Il premio di maggioranza e le sfide che decideranno l'esito del voto
Incognita Senato e regioni in bilico
L'eredità difficile del Porcellum

di MATTEO TONELLI

ROMA - "La corsa è aperta". E se alla Camera l'esito appare favorevole al Cavaliere "al Senato potrebbe finire in pareggio" dice Walter Veltroni. "Nessun pareggio, vinciamo noi" risponde secco Silvio Berlusconi con davanti agli occhi l'incubo delle pastoie che hanno bloccato l'esecutivo Prodi. Con uno scarto minimo al Senato tra maggioranza e opposizione.

Se si va oltre la propaganda elettorale, si capisce che il vero punto interrogativo della tornata elettorale del 13 aprile sarà il Senato. Perché la composizione di Palazzo Madama potrebbe rappresentare il vero punto di svolta e indirizzare in un senso o nell'altro le scelte politiche del Paese. Sarà lo scarto di senatori tra maggioranza e opposizione a decidere cosa accadrà a scrutinio avvenuto. Se sarà esiguo, si riproporrà la situazione del governo Prodi e la strada dell'accordo elettorale tra maggioranza e opposizione potrebbe essere obbligata.

Questione di numeri, dunque. E proprio dalla cifre bisogna partire per capire i pilastri del sistema elettorale a Palazzo Madama. A partire da quel premio di maggioranza su base regionale che è la vera variabile del voto.

La legge elettorale varata dal governo Berlusconi, il cosiddetto Porcellum che il suo estensore, il leghista Roberto Calderoli, definì "una porcata", ha modificato (nel 2006) i criteri di elezione per entrare a palazzo Madama. Eliminati i collegi uninominali, via libera alle liste "bloccate". In pratica più voti prende un partito, più senatori elegge. Ma, a differenza della Camera, la ripartizione dei seggi a Palazzo Madama avverrà su base regionale. Vale a dire che ogni regione, proporzionalmente a quanti voti presi dai singoli partiti, eleggerà un certo numero di senatori.

Al Senato, è come se si votasse per 20 piccole elezioni, e per ognuna si calcoleranno le cosiddette "soglie" (le coalizioni che non arrivano a prendere il 20% voti, i partiti non coalizzati che non raggiungono l'8% dei voti, i partiti coalizzati che restano sotto allo sbarramento del 3% dei voti). Detto in parole povere: se la media nazionale di un partito supera la soglia prevista ma lo stesso partito non riesce a raggiungerla in una certa regione, in quella regione non eleggerà alcun senatore.

E si arriva così al nodo più intricato: il premio di maggioranza che viene assegnato su base regionale, necessario per fare in modo che partiti e coalizioni raggiungano il 55% dei consensi (ammesso che la soglia non sia superata a prescindere dal bonus). Una situazione che rende difficile, in alcune regioni in bilico, capire quanti saranno i seggi che rappresentano il premio di maggioranza. Il dato, infatti, dipende da quanto la coalizione vincente si avvicina alla quota del 55% dei seggi spettanti in quella regione. Significa, per esempio, che se una delle due coalizioni avesse milioni di voti di vantaggio su scala nazionale, potrebbe vedere vanificato il vantaggio da una ripartizione regionale sfavorevole, ovvero concentrata su poche regioni. Lasciando le altre in bilico. Così come il risultato finale.

Scorrendo i dati delle politiche del 2006 e tenendo a mente la diversa composizione delle forze in campo è possibile ipotizzare quali saranno le sfide decisive. Dato per scontato il risultato in alcune regioni storicamente schierate (Lombardia e gran parte del nord per il Pdl, Toscana, Umbria e Emilia Romagna per il Pd), in altre zone d'Italia le cose sono meno definite.

In Liguria, per esempio. Dove i seggi a disposizione sono 8. Nel 2006 vinse il centrosinistra con 7 punti di distacco e prese il premio di maggioranza. Oggi le cose sono diverse. Il Pd non potrà contare sul consistente pacchetto dei voti della Sinistra Arcobaleno e, cifre alla mano, si attesterebbe intorno al 36%. Nel centrodestra, invece, l'assenza dell'Udc potrebbe costare il 6%, facendo arrivare il neonato Pdl intorno al 40%. Si tratta, come ovvio, di stime di difficile conferma. Perché non tengono conto dell'effetto novità che le nuove coalizioni si portano dietro. E della polarizzazione che potrebbe indurre gli elettori a concentrare il voto sui due partito più grossi.

Altra sfida delicata il Lazio (27 seggi a disposizione), dove sia "La Destra" di Francesco Storace (che si presenta alle amministrative), con cui il Pdl non ha voluto apparentarsi, sia l'Udc, potrebbero far registrare una buona performance a danno del partito di Berlusconi e a tutto vantaggio del Pd. Vale la pena di ricordare che nel 2006 il centrodestra vinse per un pugno di voti.

Scendendo al Sud ecco la Campania (30 seggi a disposizione), dove l'emergenza rifiuti potrebbe fare sentire i suoi effetti nell'urna. Nel 2006 si sfiorò il pareggio e l'Unione si aggiudicò il premio. Ed ancora la Puglia (21 seggi a disposizione) e la Sicilia (26 seggi) dove l'incognita dei centristi farà sentire il suo peso. Molte incognite insomma. Che i sondaggi non riescono ancora - e forse non ci riusciranno fino al 13 aprile - a decifrare.

(10 marzo 2008)
Repubblica.it