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Diario n° 42: alanford50

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    00 01/05/2008 02:36
    UN SALUTO QUALUNQUE.


    Ora che il sole si arreso, ora che il sole ha ceduto, il suo spazio alla nebbia che
    prepotente e fredda sale, quasi a toglierci il sorriso, ora che il sole ha rimandato ad
    un ipotetico domani non certo, la sua prossima venuta, il suo prossimo sorriso, per
    non lasciarci con un malinconico saluto, la notte fredda sua grande amica si è
    affrettata a prendere possesso dello spazio lasciato vuoto, per non toglierci la
    speranza del suo prossimo calore, mi affretto a porgervi il mio saluto prima che il
    buio mi inghiotta e con esso il ricordo della luce e del suo calore.

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    00 14/05/2008 23:56
    Vivere la propria solitudine.

    Vivere con serenità e padronanza di se la propria solitudine è un dono degli Dei, è una sensazione che è da pochi, significa entrare in una dimensione parallela dove tutto vive con estrema lentezza, dove si odono i propri battiti del cuore scandire il proprio tempo, dove si sente il proprio respiro alimentare la propria vita, dove il pensiero rimbalza tra la mente e l’ anima alla musica dei rintocchi del cuore e tra un battere ed un levare, in quell'attimo di silenzio e di attesa del battito successivo si gode di se e di tutto ciò che ci circonda, e finalmente ci si sente padroni coscienti del proprio vivere.

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    00 27/05/2008 03:14
    Il numero di pecorelle scannate dai pastori è di gran lunga superiore al numero di pecorelle mangiate dai lupi. Per cui, se qualcuno vi proponesse di essere il vostro pastore per salvarvi dai lupi, pensateci bene. (Anonimo)

    Bellissima metafora.... [SM=x322271]
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    alanford50
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    00 14/06/2008 16:36
    L'attimo del sogno.


    Per fortuna la vita ci impone e ci mette in condizioni di non poter scegliere, e ci obbliga a desiderare e a cercare di realizzare i nostri momenti di vita, fa parte della nostra componente di umanità, ma io entro certi limiti cerco di strappare alla vita la possibilità di sognare e di far dipendere dalla mia volontà il volere e il poterli realizzare.

    In queste cose importanti cerco di avere l'arbitrio e anche la possibilità di rinunciare, anche senza motivo, solo per il gusto di sentirmi vivo e padrone del mio pensiero e con esso del mio desiderio.

    E' evidente che la realizzazione del sogno ne rappresenta anche la sua fine, e da qui si innesta una perversa corsa ai nuovi sogni, così anche solo per non rischiare di restarne senza, situazione difficilissima da sopportare e da vivere, ma così facendo si finisce per crearsi sogni fasulli o poco importanti, dei riempitivi, proprio solo per non dover sopportare il periodo senza sogni, che ripeto è difficilissimo da sopportare, non per me, io ho imparato, non senza soffrire, che è necessario fare delle scelte di qualità più che di quantità, e che tra un sogno importante ed un altro ci sono dei momenti di NON sogno che vanno vissuti egualmente con pari dignità ed importanza, facendo questa operazione di discernimento delle cose importanti si apprezza e si gode molto di più nel periodo che prelude la realizzazione del sogno stesso, che come precedentemente espresso ne rappresenta la inesorabile fine.

    Non solo, la nostra fantasia è talmente superiore alla realtà, che tirando le somme dopo la realizzazione di un sogno, spessissimo ci riscopriamo delusi, traditi dal sogno, in quest'ottica il sogno può e deve essere visto come l'antitesi della realtà, cioè una forma di panacea che ci permette di sopportarla e superarla, uscendone il più possibile indenni, l'errore che non deve mai essere fatto è quello di cercare di mischiare le due filosofie di vita, se la realtà viene vissuta come nel sogno e il sogno vissuto come la realtà è la fine di entrambi, quindi la strategia deve essere quella di utilizzare entrambi tranquillamente, in modo che una cosa aiuti l'altra, ma in modo totalmente separato ed appropriato.

    Esempio io posso sognare qualsiasi cosa, anche di essere Dio, l'importante che quando vivo la mia quotiidanetà, io viva da uomo consapevole della differenza tra l'essere uomo e l'essere Dio, anche se concedo alla mia parte di uomo di cercare di rassomigliare a quella che è la mia immagine e il mio sogno di Dio.

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    alanford50
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    00 18/06/2008 02:39
    Addio a Mario Rigoni Stern


    Mario Rigoni Stern era uno dei pochi sopravvissuti alla campagna di Russia. Un’esperienza che ha raccontato nella sua opera più nota “Il sergente della neve”.
    Ho letto quel libro moltissimi anni fa, quando i ricordi per lui forse erano ancora molto vivi e sicuramente portatori di dolori e di grandi rimpianti, per i compagni perduti lungo quel disumano cammino, per il dolore ed il rimpianto di una gioventù spesa dietro ad un sogno che non gli era mai appartenuto.

    Quel libro mi fece innammorare di quel genere letterario, quello realtivo alle guerre del novecento ed in particolare alla prima e seconda guerra mondiale e quella americana svoltasi in Vietnam, da quel libro molti altri sono stati letteralmente spremuti in ogni loro essenza, fino quasi a viverne le emozioni da loro tragicamente descritti, il secondo libro che ho letto e che consacrò il mio amore per quelle vicessitudini del nostro secolo fu "Tu passerai per il camino" che raccontava la storia di alcuni sopravissuti dal campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, quello dell'olocausto fu un tema che mi toccò particolarmente nell'intimo così come lo furono le mille storie raccontate dai partigiani delle mie valli che sopravissero alla 2° guerra mondiale.

    Di tutte queste tremende tematiche amo leggere però solo i libri biografici dei personaggi che l'hanno vissute in prima persona, evitando come la peste ogni forma di storia romanzata.

    Quindi dedico questo mio pensiero ad uno di questi uomini che ha scritto di quello che ha vissuto, per le genti future, per onorare la memoria e per evitare che simili fatti si potessero ripetere nei tempi a venire, così come lui anche Primo Levi fù un grande scrittore che ci dedicò quel immane peso che poi inesorabilmente lo schiaccio proprio quando tutto sembrava dover essere dimenticato, queste grandi persone sono portatori del peso della storia e loro hanno cercato di dirci ed insegnarci qualcosa, ben consci che il tempo avrebbe comunque vinto sulla mentalità e sui cuori degli uomini che sarebbero venuti dopo, nei loro racconti si vive la grande tristezza dell'inutilità totale di quello che hanno loro malgrado vissuto, ma sono convinto che la loro tristezza veniva dalla certezza che poco delle loro parole sarebbe rimasto nel tempo, rendendo così inutili tutte le gesta e le inutili morti di milioni di uomni che loro malgrado si sono trovati a vivere il loro presente, il loro passato ed il loro futuro nel giro di pochi istanti, di pochi momenti che a loro furono fatali, ingiusti ed assurdamente incompresi.

    Alanford50
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    Lostrys63
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    SAGGIO
    00 18/06/2008 10:34
    Grazie per il tuo ricordo!
    Ho letto "Il sergente nella neve" a scuola e l'ho molto amato.
    Insieme ad "Addio alle armi" di Hemingway resterà per noi come monito sull'assurdità della guerra.
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    alanford50
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    00 25/06/2008 02:18
    Papaveri e fiordalisi.

    Io ho vissuto solo i miei primi 5 anni di vita in campagna, poi ho sempre vissuto a Torino, ma d'estate tornavo nell'Astigiano nel paesino dove mia madre era nata, vissuta e cresciuta, mi ricordo ancora i carri tirati lentamente dalle mucche e dai buoi, mi ricordo i papaveri e i fiordalisi nei campi di grano, oggi non si trovano quasi più, qualche papavero ma non ho mai più visto i fiordalisi, troppe sostanze chimiche molto probabilmente, mi ricordo il grande caldo afoso dei mesi di luglio/agosto e la macchina per battere il grano con tutto il suo rumore e la gran nuvola di polvere e le raccomandazioni dei grandi a non avvicinarsi alla macchina a vapore che con la sua cinghia lunghissima faceva funzionare la macchina più grande dove veniva diviso il grano dagli steli e insaccato, le balle di paglia che uscivano imballate dalla parte posteriore del carro più grande, paglia che veniva successivamente usata per la stalla e le bestie, i sacchi di grano chiusi appoggiati al muro del cascinale sotto l'uva dolce ed asprigna che cresceva attaccata al muro vicino al pozzo e all'uscio di casa, uva "lignenga" almeno così veniva chiamata in dialetto, non ho mai saputo come si chiamasse in italiano, ma non l'ho mai più trovata in commercio, era un tipo di uva autoctona da tavola probabilmente senza un vero e proprio mercato, mi ricordo le moltitudine di persone che in quei giorni di duro lavoro si davano da fare per portare a termine il ciclico lavoro, la grande fatica, il sudore, ma anche la grande semplicità ed allegria, bastava un bicchiere di fresca picchetta (vino innacquato con fresca acqua del pozzo con l'aggiunta di un po' di zucchero) dal grande potere dissetante e rinfrescante per far tornare energie ed allegria nelle genti, non so dire se quei tempi erano migliori, sicuramente erano altri tempi, probabilmente ne migliori ne peggiori, parlo degli anni 1955/60, i meravigliosi anni 60.

    Alanford50
    [Modificato da alanford50 25/06/2008 02:22]
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    00 28/06/2008 00:02
    Notte.

    Notte, notte, notte silenziosa, notte miracolosa, tu che con il buio

    lasci intravedere ciò che la nostra memoria e la nostra coscienza

    nega spudoratamente, notte maliziosa, notte veritiera, tiepida umida

    e sibillina, le tue parole sono oscure, così come il tuo umore, ma è

    solo apparenza, chi ti conosce non ti teme, non teme la lunghezza del

    tuo andare per il mondo, tanto si sa che se anche tra un po’ te ne

    andrai come un' amore fedele da noi ti ripresenterai, basta

    aspettare, senza lacrime, senza più parole.

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    00 11/07/2008 02:57
    Se la fede è un dono.

    Lo so che la fede è un dono, ma io da quando ho la coscienza di me vivo di domande, pochissime hanno trovato risposta, ma non demordo, circa il discorso del dono, la prima domanda che mi è sempre sorta spontanea, se la fede è un dono, perché io non c'è l 'ho? non me la meritavo? oppure sono uno di quelli predestinati a fare lunghe ricerche per trovarla, perché non subito come altri che sono capaci di accettare tutto senza porsi domande, c'è l' hanno e basta senza fatica, io preferisco le domande, mi danno di più il senso della mia esistenza, le domande mi fanno sentire vivo e capace di intendere e di volere.
    O come Giacobbe devo pensare che dovrò percorre la mia vita in ricerca dell'esistenza di Dio per poi arrendermi di fronte all'impossibilità di vedermelo palesare ed accettare che proprio questa è la palesazione effettiva della presenza di Dio, tradotto in parole povere quando io riuscirò a smettere di cercarlo ed ad accettarne la sua presenza, allora lo avrò trovato,uuuuuuhhhhhhmmmm, non sono così facile da cedere a me stesso con un inganno così sottile, una non risposta non potrà mai essere per me LA RISPOSTA, quindi sono perduto, ma come ho scritto prima non mi arrendo, e piano piano cerco di avvicinarmi il più possibile, anche se il sogno resterà sogno, so solo vivere così, la mia speranza è un giorno di vedere il mio volto riflesso nella grande luce, ma se non sarà così pazienza.

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    00 31/07/2008 02:19
    L'illusione di vivere il tempo.

    Noi siamo convinti di essere padroni del tempo, di sapere e di poter modificare e gestire il domani, e ci mettiamo a correre affannandoci e dandoci da fare, ma la verità è che noi siamo fermi e il tempo ci scorre sotto i piedi, il nostro corpo è fermo ma il domani è già ieri, solo la nostra anima che salta tra il cuore e il pensiero come impazzita, prigioniera del nostro misero corpo inerme, solo lei riesce a sentire lo scorrere del tempo e con esso il nostro lento inutile morire.

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    00 10/08/2008 22:51
    Freddi venti di guerra.

    Che strana atmosfera, la sento tangibile intorno a me, non ci posso fare nulla, perchè so che non serve a nulla, quella macchina infernale che ci lega al mondo, con le sue immagini e parole che ingannano il senso, gioia per una colpo ben dato di fioretto o per un risultato raggiunto, mille morti che ci entrano in casa ma che si attraversano l'anima senza fermare il corso degli eventi, una nuova guerra che le immagini non ci sanno dare come tale, per noi è uguale a quella precedente, e sappiamo già che sarà uguale alla prossima che verrà, forse sarà solo un po' più cruenta, a noi resta la giusta gioia che per ora in fondo non ci tocca.

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    00 31/08/2008 02:58
    Un attimo.

    Quanto conta un attimo, basta un attimo per scoprire la vita, un attimo per viverla interamente, un attimo per chiudere gli occhi e tornare a chiudere il cerchio della vita, quanto è lungo un attimo, il tempo di un respiro, il tempo di un alito di vita nel lungo respirar del tempo.

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    00 05/10/2008 03:28
    L’affanno del vivere.

    Tutto mi lascia una sensazione dominante di affanno, come di parole pronunciate od urlate di corsa in faccia alla gente che ti attraversa il cammino, pensieri repressi, esplosi in quella corsa affannosa, l'intenzione di colpire tutti, chiunque si trovi a passare, chiunque colpevole di rappresentare i desideri i sogni e le delusioni represse, come l'esplosione di mille sentimenti che cercano una ragione di espressione nelle prime parole ad uscire, tutti insieme, confusi nella loro logicità, fino a diventare illogici, nella loro fredda verità e realtà, la confusione non ne distoglie il senso, ma lo confonde, troppe cose da dire in così poche parole e in così poco tempo, un pugno, uno schiaffo, una reazione rabbiosa, sicuramente una reazione che non ricerca risposte ma solo il bisogno di concedersi la libertà di essere finalmente espressione del proprio contrito dolore, un'esplosione.

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    00 27/10/2008 02:35
    Trenta, quaranta, cinquanta.

    A trent'anni per sentirti grande ti crei e gestisci un passato, a quaranta anche se lo hai avuto un passato non ci pensi più e conta moltissimo il presente, dai cinquanta in su non pensi al passato se non con un dolce senso di leggero rimpianto come di un qualcosa troppo lontano nel tempo, sai che c'è stato e che è stato bello, ma è troppo lontano nel tempo, del presente ti interessa unicamente lo star bene con te stesso e soprattutto di stare bene in ogni senso della parola, del futuro non te ne curi tanto, un po' per scaramanzia e un po' perchè non te ne importa, troppo diverso da quello scarso ricordo del tuo passato ormai remoto, ed allora per non alimentare il ricordo che ormai è dolore, meglio lasciare stare il futuro perchè il futuro ed il passato si cercano e si trovano con un lento rincorrersi nel tempo, perché uno avvalla il senso dell’altro, quindi solo il presente ti è di magra consolazione, ma di quello ne sei certo e ne sei ancora padrone.

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    00 30/11/2008 23:39
    Come salvarsi dalla propria solitudine.

    Concordo totalmente con chi afferma che l'unico modo di uscirne con le ossa intere dallo scontro con la solitudine è quello di farsela veramente amica, nel senso che se la conosci non ti uccide, impensabile mandarla via, tanto vale imparare a conviverci a fianco, come si deve fare con tutte le avversità e le negatività che ci attraversano il vivere.

    Dopo avere imparato a conviverci a fianco, presa a piccole dosi è addirittura consigliabile, ci sono angoli e meandri bui che consentono grandi riflessioni che da altre parti non sarebbero possibili, solo dentro a certi silenzi si riesce sentire la nostra anima che ci parla e che ci guida con la sua voce sottile e tagliente.
    Non esiste posto migliore della propria solitudine per ritrovarsi in un limbo dove la menzogna è bandita, al massimo gli ci si consente di camuffarsi un po’.

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