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Nell’immaginario collettivo la discesa dei Barbari in occidente segna la fine della civiltà romana (e della civiltà in assoluto), e l’inizio di un periodo buio segnato da lutti e violenze. La calata dei Barbari però non fu improvvisa, anche se le sue ragioni rimangono ancora campo di discussioni. Il popolo romano e quello barbaro avevano convissuto in modo conflittuale per lungo tempo e si erano in qualche modo conosciuti attraverso scambi e unioni.

Palazzo Grassi il 21 gennaio inaugura la mostra “Roma e i Barbari - la nascita di un nuovo mondo” che ripercorre i secoli di conflittuale coesistenza e mette in luce i lati positivi di questo scontro, perché punto di partenza di una nuova storia segnata da integrità di culture diverse. E’ una riflessione volta a considerare la storia passata, rievocando le origini barbare accanto alle radici greche, romane ed ebraico-cristiane, ma è anche un invito al tempo attuale che presenta le stesse problematiche di convivenza.

Dunque una mostra che ripercorre un ampio periodo (mille anni) e un vasto territorio (quasi tutto il continente europeo). Le opere in mostra sono circa 1700, 200 gli istituti prestatori provenienti da 24 paesi che comprendono Europa, Stati Uniti e Africa. Alcuni di questi lavori lasciano il loro paese per la prima volta e sono considerati in molti casi dei tesori nazionali. E’ il caso del “Cofanetto di Teodorico”, che per la prima volta dopo 1400 anni lascerà l’abbazia di Saint-Maurice in Svizzera per essere presentato a Venezia.

Altri reperti sono frutto di scoperte recenti e vengono mostrati al pubblico per la prima volta. E’ un esempio il “Piede monumentale in bronzo di Clermont-Ferrand” o il “Tesoro della tomba della dama di Grez-Doiceau di Namur”, o ancora la “Lancia da parata di Cutry” (Moselle, Francia). Sono presenti anche gli “Scettri del Palatino” (Roma).

Accanto agli oggetti archeologici i documenti manoscritti rari come il “Book of Mulling”, gli “Evangeliari di Saint-Vaast” e di “Marmoutier”, nonché il manoscritto “Un vangelo secondo San Giovanni” in miniatura, copiato in Italia tra il V ed il VI secolo, che costituisce un importante anello della catena nella storia della trasmissione di questo testo.

A completare la mostra, tra i reperti storico archeologici anche dei dipinti del XIX secolo, che mostrano la visione romantica della relazione tra il popolo barbaro e quello romano.

La mostra, curata da Jean-Jacques Aillagon, si può visitare fino al 20 luglio. Fonte