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IL ROSPO E LA RANA
Anticamente le streghe li usavano per i loro infusi e per gli incantesimi, soprattutto quelli d’amore o di malocchio, e, anche se non furono oggetti di culto alla stessa stregua dei gatti, a questi due animali venivano attribuiti oscuri e arcani poteri.

Già novemila anni fa, la Dea Madre veniva raffigurata come un rospo, i Greci e i Romani credevano che questi animali riuscissero in qualche modo ad influenzare le condizioni metereologiche, tanto che Plinio, nel I Secolo d.C., raccomandava ai contadini di tenere nei loro campi vasi di terraglia colmi di rospi al fine di stornare le tempeste. È invece successiva di due secoli la teoria, non del tutto lontana dalla realtà, in base alla quale mescolando sangue di rospo e vino si ottiene una pozione mortale; è stato accertato in tal senso che, se stimolati, i rospi secernono un liquido velenoso che provoca febbre e, in rari casi, anche la morte. Le teorie prima e la reale scoperta in seguito di questo tipo di veleno, aumentarono notevolmente la sinistra fama attribuita a questo animale fino a giungere al Medioevo, periodo nel quale il rospo assume definitivamente la sua immagine di beniamino delle streghe, le quali lo tenevano al loro servizio e ne usavano principalmente la saliva, composto essenziale di una particolare miscela che avrebbe dovuto rendere invisibile chi ne avesse fatto uso. Le posteriori leggende sorte intorno ai Sabba, le riunioni delle Streghe, raccontavano come questi animali venissero vestiti di seta scarlatta, con piccoli berretti di velluto verde e minuscoli campanelli intorno al collo.