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Addio a Uderzo, la matita di Asterix.
​​​​​​​Un genio venuto dalla periferia


Nato in francia da genitori italiani, disegnò il suo eroe con i testi di Goscinny





PARIGI. Tra i due protagonisti del suo fumetto, Obelix era il preferito di Albert Uderzo. Perché lo aveva ideato lui e fortemente voluto (mentre l’idea di un anti-eroe piccolo e furbo come Asterix era venuta al suo coautore, compare e amico fraterno, René Goscinny). E poi Albert non era così imponente come il lanciatore di menhir, le sacre pietre, ma certamente alto, generoso, a tratti anche un po’ burbero come il suo personaggio. Nato con la o finale (Alberto), italianissimo, si è spento nella sua dimora di Neuilly, periferia chic di Parigi, senza mai dimenticare di aver vissuto a lungo in un’altra banlieue, ancora oggi altamente popolare, Bobigny, in uno striminzito alloggio sociale.

Persona speciale in tutti i sensi (era daltonico e nato con dodici dita, ma fu poi operato), Uderzo non è morto di coronavirus, ma nel sonno, un attacco al cuore, a quasi 93 anni. Era riuscito a sconfiggere una leucemia e aveva passato anni a battagliare con la figlia Sylvie (dopo aver lavorato nella casa editrice del padre, era stata licenziata nel 2007 e aveva fatto ricorso, ma alla fine, nel 2014, si erano riconciliati). Non solo: dopo la morte di Goscinny (improvvisa e assurda, il 5 novembre 1977, mentre faceva un test da sforzo per il cuore in un ospedale), Uderzo decise di andare avanti, anche se fino ad allora René aveva scritto le sceneggiature da lui interpretate con la sua matita. Lo prendevano per l’ombra del genio, disegnatore-operaio, ma gli album di Asterix continuarono a riscuotere un successo incredibile (finora ne sono stati venduti più di 375 milioni in tutto il mondo contro i 230 dell’eterno rivale Tintin). Cosi è stato anche dopo che, nel 2011, il maestro passò il testimone a un nuovo duo (Jean-Yves Ferri come sceneggiatore e Didier Conrad al disegno), che lui ha consigliato fino alla fine. Senza mai liberarsi del penoso desiderio di riconoscimento di un autodidatta («Bisognerà che io muoia, perché si parli bene di me?», si chiedeva in un’intervista tre anni fa).

Niente fu mai facile per Uderzo. Il padre (falegname veneto) e la madre (toscana) si erano conosciuti alla Spezia, dove le loro famiglie erano andate a lavorare, all’arsenale militare. La coppia emigrò in Francia, dove, nel 1927, nacque Alberto. Vivevano a Clichy-sous-Bois, ancora oggi periferia d’immigrati. Tolse la o dal suo nome «per fare più francese. Ho sofferto molto da piccolo dell’immagine che avevano gli italiani, i “macarons”: per i francesi venivano a rubare loro il pane». Con tutta la famiglia, francese lo divenne nel 1934, quando iniziò la pubblicazione del Journal de Mickey, Topolino. A lungo associato alla scuola franco-belga del fumetto, che ha imperversato per decenni sull’asse Parigi-Bruxelles, puntualizzava: «Sono gli americani che mi hanno insegnato a disegnare. Sono un prodotto del fumetto di Walt Disney».

Da ragazzo era destinato a fare il meccanico (sempre adorò le auto), ma a tredici anni si ritrovò a fare l’apprendista alla Spe (Société parisienne d’édition), editrice di giornali per bambini. Faceva di tutto, ma notarono la sua capacità a disegnare. Albert entrò nel giro. Una decina d’anni dopo, nel 1951, mentre lavorava a casa sua a Bobigny, un collega che non conosceva gli portò del materiale. Era Goscinny. All’istante nacque un legame profondo, nonostante fossero così diversi (Albert amava la campagna, René era un animale metropolitano). Nel 1951 Uderzo incontrò Ada Milani, nata in Italia, che sposò l’anno dopo: l’ha accompagnato fino alla fine.

I due fumettisti collaborarono per alcuni anni, fino alla striscia originaria del loro fumetto fortunato, pubblicata sul primo numero della rivista Pilote, nell’ottobre 1959. Questa storia di Galli (protofrancesi) in lotta contro i Romani invasori è il frutto dell’immaginazione di due immigrati: Goscinny era di origini ebraico-polacche e aveva vissuto in Argentina. Più volte i politici hanno cercato di utilizzare Asterix in chiave nazionalistica. Ma lui, Uderzo, si è sempre ribellato. Alberto sapeva difendersi.

Fonte: LaStampa