Saw - L'enigmista 3

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°°Jen Lindley°°
00lunedì 12 marzo 2007 19:53



Jigsaw (l'Enigmista) è scomparso. Ancora una volta ha eluso i controlli e le ricerche della polizia e insieme alla sua "allieva" Amanda è svanito nel nulla.
Ma non gli è certo passata la voglia di giocare...

Una sera, alla fine del suo turno, la dottoressa Lynn Denlon viene rapita e portata al suo cospetto: Jigsaw è a letto, a un passo dalla morte, quasi stroncato dal cancro che lo sta consumando da anni.
La donna dovrà riuscire a tenerlo in vita quel tanto che basta a Jeff, un'altra delle sue vittime, per portare a termine il suo "giocoso enigma di morte".

A Lynn e a Jeff non rimane che affrontare tutti i perversi test che il loro malato rapitore ha architettato, in una corsa contro il battito del suo cuore e all'oscuro dei più grandi piani che egli ha in serbo per loro...


Ogni speranza che uno sfruttamento intensivo di una qualsiasi idea possa far morire di sovra-esposizione mediatica una qualsiasi franchise è, ahimé, privo di riscontro sul piano reale, nel quale un’audience di bulimici pantofolai rimane perennemente a bocca aperta in cerca dell’ennesimo brivido facile.
Mentre guardo, indeciso fra noia e vaga irritazione, lo stanco terzo episodio delle gesta del raffazzonato moralista Jigsaw/Enigmista, i grandi produttori d’oltreoceano sono già al lavoro su un quarto film (Saw IV) e probabilmente avranno messo in cantiere anche perlomeno la stesura del quinto script.
Vero che si è ormai giunti a un livellamento critico verso il basso così forte e netto che chiunque osi parlare in modo onesto dei motivi che lo spingono a giudicare negativamente un film horror viene visto come un povero frustrato incapace di divertirsi al cinema. In genere, se il film ti piace è ok parlarne, altrimenti stattene zitto, vai a vedere qualcosa di tuo gusto e non romperci il giocattolino.
Peccato che il giocattolino si sia già rotto una puntata fa e che questo Saw 3 non faccia altro che confermare un trend negativo nel quale vanno dissipandosi e perdendosi i punti di forza che facevano del primo Saw un film, seppure imperfetto, comunque importante nella storia dei serial killer movie.

Le motivazioni dell'Enigmista diventano sempre più confuse, così come il rapporto con la sua allieva. Partito con l’intento di risvegliare un urgente desiderio di vita in alcuni ignavi target rei di aver speso male i propri giorni, ora il malato terminale di cancro più ricco e geniale del west è giunto a operare in modo indiscriminato, punendo anche chi si è semplicemente comportato “male”, assestandosi su una linea etica che ricorda più quella assunta dal killer di Se7en che dal John Cramer del primo episodio.

A una degradazione dei contenuti e delle psicologie procedono di pari passo anche uno svilimento delle meccaniche di plot e una alterazione dei dati tecnici riguardanti lo shooting. La trama si contorce fra due setting sincroni e una serie di flashback che sembrano più volti a legittimare i due precedenti episodi che ad arricchire il terzo film mentre l’obbligatorio colpo di scena finale con riassunto degli “indizi” (che tali non sono) in pieno stile I soliti sospetti è ogni volta più illogico, beffardo, incredibile e artificioso.

La “normalizzazione” in Saw III avviene anche sul piano tecnico con un David Armstrong (complice lo scenografo) che sembra proprio aver dimenticato quanto fosse più innovativo l’uso di set con superfici chiare e molto illuminate. Si torna, inevitabilmente, al dittatore Se7en che forza anche in questo caso manipolazione chimica dei toni e colori, illuminazione scarsa e stanze sporche, sovraffollate di orpelli tanto inutili (qualcuno mi spieghi la sala operatoria!) quanto cool e leziosamente barocchi.

Distrutta la psicologia, sradicata ogni pretesa di logicità e svaniti i capisaldi estetici della franchise, cosa rimane in Saw 3 ad affascinare e attirare gli spettatori in sala?
Ovvio. Le trappole e il livello di sadismo/exploitation presente nelle scene di tortura. Il gioco al rialzo pone di episodio in episodio il valico obbligatorio di continui, supposti limiti senza rendersi conto che è proprio il saper giocare entro determinati limiti a rendere più efficace una scena.
Qui abbiamo gente che affoga nel liquame di maiali morti, mani infilate nell’acido, corpi ritorti e sventrati fino al culmine (preteso) dell’operazione chirurgica al cervello…

Ma, riflettete: a visione ultimata, vi ha provocato più brividi e disturbi l’amputazione della gamba vista e non vista, suggerita da urla e spruzzi di sangue nel primo episodio o il dettagliato, documentaristico intervento di neurochirurgia for dummies dipinto in questo caso?

Gli incassi danno ragione ai compari della Lions Gate/Twisted Pictures quindi è opera vana andare ad accendere qualche cero nella speranza che ci vengano evitati ulteriori, infiniti episodi a base di trappole sempre più complicate e playstationarie e visioni sempre più dettagliate dell’interno del corpo umano. Peccato che nel primo caso i videogiochi risultino sempre più avvincenti e nel secondo caso un qualsiasi atlante di patologia o anatomia svolga ben più egregiamente le stesse funzioni.


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