Nei cieli delle isole Pontine

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Frida07
00martedì 14 aprile 2009 14:36

Viste dall'alto sono ancora più belle, così diverse tra loro e così battute da un mare che ora le rende selvagge, ora "à la page"

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Proprio davanti alla cosiddetta grotta della “Cattedrale”, in un metro d'acqua colore dello smeraldo, un giovane e fiducioso cerniotto, grande appena il palmo della mano, sbuca fuori da uno scoglio e con grande coraggio viene a curiosare intorno alla mia mano, talmente fiducioso da lasciarsi toccare. Siamo rimasti amici per l'intera vacanza, salutandoci ogni giorno, sempre nello stesso punto, con reciproca curiosità.

Eccola Palmarola, la più bella e selvaggia delle isole Pontine, santuario della natura a neppure cento chilometri da Roma. Talmente luogo d'incanto che pian piano, da scoglio della solitudine, appendice di quegli abitanti della vicina Ponza che da sempre l'hanno eletta loro buon ritiro, rifugio dalla “pazza folla” della loro “convulsa” isola, la Regione Lazio pensa di farne oggi un autentico santuario del mare, un luogo protetto con una legge ancor più speciale di quelle che regolano i parchi marini.

Il perché è presto detto: anche in quest'isoletta deserta e meravigliosa, battuta estate e inverno dal mare del largo, aperta a tutti i venti, appaiono ogni anno sempre più insistenti e inequivocabili i segni di una piccola ma costante colonizzazione, una cementificazione silenziosa che ha di fatto già trasformato la bella rada detta del “francese”, in un piccolo borghetto di case bianche, ben visibile dal cielo e dal mare.

Difendiamola, allora, indignamoci, perchè altri nuovi muri e tetti innalzati per la miseria del benessere di un paio di settimane d'agosto per poche persone, non possono in nessun caso valere il patrimonio di natura di tutti, l'inestimabile bene comune. Palmarola dista soltanto sei miglia di mare dalla sempre più frequentatissima Ponza, meta obbligata del turismo “à la page”, che d'estate la trasforma in una rumorosa passerella di motoscafi, minigonne, abbronzature e creme, ritrovo della mondanità più ostentata.


Ma pochi borghi sanno essere incantevoli e affascinanti come la passeggiata sul mare dell'abitato di Ponza, affacciato sulla rada del porto. Il rosso dela banchina disegnata da Antonio Winspeare e realizzata da Francesco Carpi, due degli urbanisti che intorno al 1768 prosperavano alla corte di Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli, le case color pastello, delicate e immutabili in un paesaggio che sembra non poter cambiare mai.

A Ponza hai la sensazione che anche i rumori dell'isola siano sempre gli stessi; suoni che rimandano e richiamano alla bellezza del luogo proprio come il canto delle sirene: le voci dei barcaroli, il suono dei traghetti. E i profumi. L'odore del mare, prepotente; quello della terra e delle sue essenze selvatiche. Già gli antichi romani, da buoni intenditori quali erano, l'avevano scelta come avamposto difensivo; e Ponzio Pilato l'aveva eletta a propria residenza, se non è vero che vi era stato confinato.

Dall'alto Ponza assomiglia ad una mezzaluna adagiata sul mare, una virgola bianca nel mare blu come l'inchiostro. Per vederla non è necessario l'elicottero, che pure è l'ultimo vanto dei vacanzieri di rango, ma basta avere la voglia di arrampicarsi sulla cima più alta dell'isola, il Monte Guardia: una passeggiata a quota 280 metri che apre un panorama straordinario, con l'isola ai piedi, l'Arcipelago Pontino a portata di mano.

Verso sud è Ventotene, più piccola e più inaccessibile di Ponza, con le pareti a picco sul mare e con il nome che racconta senza misteri quali intemperie vi possano spirare. Come Ponza Ventotene è celebre per le sue lenticchie, la coltivazione più tipica delle isole; ed anche qui il suo abitato è un presepe affacciato sul mare, una fitta serie di case color pastello che fanno da cornice all'antico porto romano, un gioiello architettonico interamente scavato nel tufo, un vero ventre di vacca ancor oggi perfettamente funzionale al diporto nautico.

La vita di Ventotene è tutta qui, intorno al porto e nella sua bella piazza cittadina, con gli storni che squittiscono tra i rami degli alberi e l'atmosfera rilassata e senza pretese che ricorda, chissà perchè, certe piazze siciliane in primavera.

Proprio di fronte è l'isolotto di Santo Stefano, disabitato e sede di un antico confino che ha visto tra gli altri Gramsci, Pertini e Spinelli quali prigionieri. Nacque qui il “Manifesto di Ventotene”, la visione liberale di un' Europa unita, il sogno di Altiero Spinelli, oggi divenuto realtà. Ma questa è davvero un'altra storia.
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