Morto Antonio Gava

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binariomorto
00venerdì 8 agosto 2008 23:31
E' MORTO ANTONIO GAVA




ROMA - Si svolgeranno domani, a Roma e poi a Castellammare di Stabia, suo paese natale, i funerali dell'ex ministro ed esponente Dc Antonio Gava. A Roma i funerali alle 11 nella chiesa di S.Pietro e Paolo e a Castellammare alle 17 in cattedrale. Con Gava scompare il padre del grande centro doroteo della ex Dc.

In Parlamento prese il testimone dal padre Silvio (nella foto) nel 1972: da allora fu 13 volte ministro. Cordoglio dal mondo politico e istituzionale a cominciare dal presidente Napolitano. 'Scompare un politico che ha segnato la vita pubblica del Paese', scrive nel suo messaggio il presidente della Camera Fini. 'Antonio Gava e' stato per alcuni decenni una delle figure di primo piano della politica italiana', osserva il presidente del Senato Schifani. 'Mio padre e' stato un perseguitato politico, come Andreotti, Darida, Citaristi, Forlani e altri', lamenta il figlio Angelo. Visione sulla quale concordano anche molti politici come Casini ('ha subito con straordinaria serenita' una stagione di mistificazione e di violenza'), Mastella ('contro di lui teoremi inesistenti') e lo stesso premier Berlusconi ('un calvario giudiziario di tredici anni che ne ha minato la salute').

Per questo, l'attuale segretario della Dc, Gianfranco Rotondi, annuncia il suo impegno per 'restituire un ricordo veritiero della statura, delle qualita' e del valore di Antonio Gava'.

E' stato insieme un viceré e un 'king maker', padrone della Dc di Napoli negli anni '70 e '80 e grande tessitore di alleanze tra le correnti democristiane. Antonio Gava, scomparso oggi all'età di 78 anni dopo una lunga malattia, è stato uno dei più potenti uomini politici del dopoguerra. Sarebbe riduttivo considerarlo alla stregua di un "ras" locale, legato esclusivamente alla sua Napoli. Il suo look esageratamente folkloristico (cappello a falde larghe, bastone con manico d'avorio, anello d'oro, sigaro tra le labbra) non doveva trarre in inganno. Quei simboli dell' uomo di potere locale nascondevano un politico dotato di grande fiuto e altrettanto grande capacità di influenzare le decisioni nazionali del suo partito.

A Napoli e in Campania Gava ha costruito il potere della sua corrente, affiancando il padre Silvio, un veneto arrivato a Castellammare di Stabia negli anni '20, avvocato e poi senatore e ministro democristiano, morto quasi centenario nel 1999. Il vecchio Gava gli consegno' idealmente il testimone nel 1972, quando Antonio arrivò alla Camera. Da allora fu ministro per tredici volte, arrivando alla responsabilità del Viminale nel 1990; ma soprattutto fu l' eminenza grigia in grado di riorganizzare il "grande centro" doroteo e di influenzare la linea politica della balena bianca lungo tutti gli anni '80, che a posteriori sono gli anni del declino scudocrociato. Per essere eletto segretario Ciriaco de Mita, leader della sinistra democristiana che strizzava l'occhio al Pci, ebbe bisogno del suo appoggio. Ma quando ai dorotei sembrò arrivato il momento di cambiare, De Mita nulla poté di fronte alla decisione di Gava di sostenere Arnaldo Forlani.

Sempre Gava fu tra i registi di quel patto tra Craxi, Andreotti e Forlani che fece nascere il "Caf" negli ultimi anni della prima Repubblica. Un occhio a Roma, impegnato nelle grandi manovre che facevano nascere e morire i governi democristiani al ritmo di uno all'anno, un occhio a Napoli, dove doveva fronteggiare la concorrenza degli andreottiani guidati da Paolo Cirino Pomicino (come scrisse Giorgio Bocca, nel capoluogo campano si affrontavano "la dc del non fare e la dc del fare pur di fare"), Gava sembrava avviato a una tranquilla pensione quando su di lui si abbatté l'infamante accusa di collusione con la camorra.

Era il 1993 quando all' uscio della villa di Gava all'Eur si presentò un maresciallo con in mano un avviso di garanzia per associazione mafiosa: un camorrista pentito lo accusava di aver protetto il boss Lorenzo Nuvoletta. Tre giorni di carcere a Forte Braschi, poi gli arresti domiciliari dal settembre del 1994 al marzo del 1995 e la sospensione cautelare dall'ordine degli avvocati. Seguirono tredici anni di udienze e sentenze, fino alla definitiva assoluzione con una sentenza irrevocabile. Arrivata la sospirata assoluzione, Gava, difeso dal figlio Gabriele, ha chiesto un risarcimento milionario allo Stato: 38 milioni di euro, così divisi: 3 milioni per non aver potuto svolgere l'attività professionale, 10 milioni per danno fisico, altri 10 milioni per danno morale e 15 milioni per danno di immagine. La sua verità è consegnata in un libro , "Il certo e il negato", con la prefazione dell'amico Arnaldo Forlani.

Fonte: ANSA
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