La capacità di socializzare sta nei geni

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Frida07
00martedì 27 gennaio 2009 13:16

la «timidezza» protegge però dai contagi

Uno studio condotto sui gemelli spiega la relazione tra successo sociale, interrelazioni e codice genetico

C'è chi sembra nato per fare da trascinatore, e quando è ora di divertirsi e far festa è sempre al centro dell'attenzione. E c'è chi invece non può proprio essere definito un «animale sociale» e preferisce evitare le serate di gruppo per dedicarsi a relazioni con singoli amici. Non è un caso: il fatto di essere più o meno popolare e disinvolto, quando si tratta di amicizia, dipende dal codice genetico.

LA RICERCA - Lo rivela uno studio condotto dai ricercatori dell'Harvard University su un campione di oltre mille coppie di gemelli sia etero che omozigoti, solitamente scelti per questo genere di indagini dato che, oltre a condividere l'ambiente in cui crescono, condividono anche il codice genetico (per metà nel primo caso, interamente nel secondo). Confrontando le informazioni ottenute sul numero delle conoscenze e delle amicizie i ricercatori hanno riscontrato che le reti sociali erano più simili fra i gemelli identici. Questo era relativamente scontato, ma la ricerca ha anche spiegato come la genetica possa determinare le interconnessioni tra amici di una stessa persona. Se una persona ha tre amici – supponiamo – la possibilità che questi si conoscano tra loro dipende dai geni del primo, responsabili quindi della sua maggiore o minore inclinazione a presentare gli uni agli altri.

EVOLUZIONE - Secondo gli scienziati che hanno condotto lo studio, la sua importanza è da leggere non tanto in chiave psicologica o sociale in sè, ma piuttosto in chiave evoluzionistica, perchè introduce un'ipotesi ulteriore su come la genetica possa influire sul posizionamento degli individui all'interno di un gruppo sociale. Il saper coltivare un network di relazioni permette infatti di accedere più facilmente a un maggior numero di informazioni, e ciò è un vantaggio in termini evolutivi, mentre un atteggiamento più riservato e cauto porta a essere meno esposti al contagio da malattie varie e anche questo rappresenta un vantaggio immediato in termini di conservazione dell'individuo, ma è di segno opposto al primo e di diverso o valore. Comunque sia, come ha riconosciuto Nicholas Christakis – uno degli autori dello studio – quella emersa dalla ricerca di Harvard è senza dubbio «una scoperta alquanto bizzarra».



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