Alessandro Baricco

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
IoBalloDaSola
00martedì 20 luglio 2004 10:03
"Perché è così che ti frega la vita.
Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine,
o un odore, o un suono che poi non te li togli più.
E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi.
E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri
da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva"

( Alessandro Baricco )

Matty love Lili
00martedì 20 luglio 2004 10:49
E' tratto da "Novecento"?
IoBalloDaSola
00martedì 20 luglio 2004 11:05
no Mat è tratto da Castelli di Rabbia:SIMLE7:
Matty love Lili
00martedì 20 luglio 2004 12:07
Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: l' America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America. La sera, dopo il lavoro, e le domeniche, si era fatto aiutare dal cognato, muratore, brava persona... prima aveva in mente qualcosa in compensato, poi... gli ha preso un po' la mano, ha fatto l' America...
Quello che per primo vede l'America. Su ogni nave ce n'è uno. E non bisogna pensare che siano cose che succedono per caso, no... e nemmeno per una questione di diottrie, è il destino, quello. Quella è gente che da sempre c'aveva già quell'istante stampato nella vita. E quando erano bambini, tu potevi guardarli negli occhi, e se guardavi bene, già la vedevi, l'America, già lì pronta a scattare, a scivolare giù per nervi e sangue e che ne so io, fino al cervello e da lì alla lingua, fin dentro quel grido, AMERICA, c'era già, in quegli occhi, di bambino, tutta, l' America.
Lì, ad aspettare.
Questo me l'ha insegnato Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il più grande pianista che abbia mai suonato sull'Oceano. Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così, diceva: quello che vedranno...

Tratto da "Novecento"
Stupendo!
isa69
00martedì 20 luglio 2004 21:59
...La guardò. Ma d'uno sguardo per cui guardare già è una parola troppo forte. Sguardo meraviglioso che è vedere senza chiedersi nulla, vedere e basta. Qualcosa come due cose che si toccano - gli occhi e l'immagine- uno sguardo che non prende ma riceve, nel silenzio più assoluto della mente, l'unico sguardo che davvero ci potrebbe salvare - vergine di qualsiasi domanda, ancora non sfregiato dal vizio del sapere - sola innocenza che potrebbe prevenire le ferite delle cose quando da fuori entrano nel cerchio del nostro sentire-vedere-sentire- perché sarebbe nulla di più che un meraviglioso stare davanti, noi e le cose, e negli occhi ricevere il mondo - ricevere - senza domande, perfino senza meraviglia - ricevere -solo- ricevere- negli occhi - il mondo......

da Oceano Mare
IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 00:51
Re:
E' STUPENDO:SIMLE7:
Tratto da "Novecento"
Stupendo!

IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 00:57
da “Oceano Mare”, di Alessandro Baricco)
Cioè… vedete lì, dove l’acqua arriva… sale sulla spiaggia poi si ferma… ecco, proprio quel punto, dove si ferma… dura proprio solo un attimo, guardate, ecco, ad esempio lì… vedete che dura solo un attimo, poi sparisce, ma se uno riuscisse a fermare quell’attimo… quando l’acqua di ferma, proprio quel punto, quella curva… è quello che io studio. Dove l’acqua si ferma.”

“E cosa c’è da studiare?”

“Be’, è un punto importante… a volte non ci si fa caso, ma se ci pensate bene lì succede qualcosa di straordinario, di… straordinario.”

“Veramente?”

Bartleboom si sporse leggermente verso la donna. Si sarebbe detto che avesse un segreto da dire quando disse “Lì finisce il mare.”

Il mare immenso, l’oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l’immane mare onnipotente – c’è un luogo dove finisce, e un istante – l’immenso mare, un luogo piccolissimo e un istante da nulla. Questo, voleva dire Bartleboom.

La donna fece correre lo sguardo sull’acqua che scivolava incurante, avanti e indietro, sulla sabbia. Quando rialzò gli occhi su Bartleboom erano occhi che sorridevano.

(…)

“La natura ha una sua perfezione sorprendente e questo è il risultato di una somma di limiti. La natura è perfetta perché non è infinita. Se uno capisce i limiti, capisce come funziona il meccanismo. Tutto sta nel capire i limiti. Prendete i fiumi, per esempio. Un fiume può esser lungo, lunghissimo, ma non può esser infinito. Perché il sistema funzioni, deve finire. E io studio quanto può essere lungo prima di finire. 864 chilometri. E’ una delle voci che ho già scritto: Fiumi. Mi ha preso un bel po’ di tempo, lo potete ben capire.”

Ann Deverià capiva.

“Per dire: la foglia di un albero, se voi la guardate per bene, è un universo complicatissimo: ma finito. La foglia più grande la si può trovare in Cina: larga un metro e 22 centimetri, lunga più o meno il doppio. Enorme, ma non infinita. E c’è una logica precisa, in questo: una foglia più grande potrebbe crescere solo su un albero immenso e invece l’albero più alto, che cresce in America, non supera gli 86 metri, un’altezza considerevole, certo, ma del tutto insufficiente a sostenere un numero, anche limitato, perché sarebbe certo limitato, di foglie più grandi di quelle che si trovano in Cina. La vedete la logica?”

Ann Deverià la vedeva.

“Sono studi faticosi, e anche difficili, non si può negarlo, ma è importante capire. Descrivere. L’ultima voce che ho scritto è stata: Tramonti. Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono. E’ un sistema geniale. E giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tramonti. Li ho studiati per settimane. Non è facile capire un tramonto. Ha i suoi tempi, le sue misure, i suoi colori. E poiché non c’è un tramonto, dico uno, che sia identico a un altro allora lo scienziato deve saper discernere i particolari e isolare l’essenza fino a poter dire questo è un tramonto, il tramonto. Vi annoio?”

Ann Deverià non si annoiava. Cioè: non più del solito.

“Così adesso sono arrivato al mare. Il mare. Finisce, anche lui, come tutto il resto, ma vedete, anche qui è un po’ come per i tramonti, il difficile è isolare l’idea, voglio dire, riassumere chilometri e chilometri di scogliere, rive, spiagge, in un’unica immagine, in un concetto che sia la fine del mare, qualcosa che si possa scrivere in poche righe, che possa stare in un’enciclopedia, perché poi la gente, leggendola, possa capire che il mare finisce, e come, indipendentemente da tutto quello che può succedergli attorno, indipendentemente da…”



(da “Oceano Mare”, di Alessandro Baricco)
IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:10
Parlando di oceano mare
Un libro che va riletto più volte. Perché se alla prima lettura ti affascina, alla seconda ti entra nell'anima e più lo leggi più ci ritrovi te stesso con risposte a domande che non ti sei mai posto ma che in te ci sono sempre state.
IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:24
tratto da "Novevento
"E allora.."

"Cioe'...si."

"Si cosa?"

"Parigi"

Potevi pensare che era matto. Ma non era cosi' semplice.

Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c'e' in Bertham Street, d'estate, quando ha appena smesso di piovere, non puoi pensare che e' matto per la sola, stupida ragione che in Bertham Street, lui, non c'e' mai stato.

Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, quell'aria, l'aveva respirata davvero. A modo suo: ma davvero.

Il Mondo, magari, non l'aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il Mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l'anima.

In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti,

sapeva leggere la gente.

I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia...

Tutta scritta, addosso.

Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava... Ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo a quella immensa mappa che stava disegnandosi nella testa, immensa, la mappa del Mondo, del Mondo intero, da un capo all'altro,

citta' enormi e angoli di bar, lunghi fiumi, pozzanghere, aerei, leoni,

una mappa meravigliosa....

IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:33
Alessandro Baricco - Benzinaio da grande
Benzinaio da grande

C'era sempre, in classe, quello che da grande voleva fare il benzinaio. Il benzinaio? Il benzinaio. Che stupido, pensavi. E invece no. Era un poeta, e in modo incomprensibile a noialtri, il meno stupido di tutti. Era uno che, ancora con le braghe corte, già sapeva annusare il profumo del mito. Lo vedeva, là dove noi vedevamo solo un distributore, e puzza di benzina e mani sporche. Lui vedeva il mito.
Quel che vedeva lui, l'ho visto finalmente anch'io quando mi è finito in mano un libro uscito da poco, che si intitola Benzina (l'ha pubblicato Electa). Foto di distributori, latte d'olio, insegne e globi (quelle cose di vetro e poi di plastica che stavano come lampioni sulle pompe, colorati e tondi, con su scritto Amoco, oppure Esso, oppure Gulf: lucciole per serbatoi arrapati). Una cosa storica: dalle prime pompe di inizio secolo a quelle degli anni ottanta. Quasi un secolo di benzinai. Le foto le ha fatte Decio Grassi, facendosi incantare da un museo che prima o poi dovrò andarmi a vedere, il Museo Sirm, via Tirano 18, Palazzolo Milanese. Museo assurdo in un posto assurdo, mi vien da immaginare. Ma comunque. Tu sfogli il libro e ti sale su un'epopea da western, la saga degli ottani, l'epica del carburante. Un mondo, se capite cosa voglio dire. Uno spettacolo.
Forse sarà che uno è venuto su a macchinine e go-kart e auto nuove del papà; o forse sono quelle centinaia di film in cui stanno sempre a fare il pieno, in mezzo al deserto o su autostrade a cinque corsie, e intanto che il serbatoio si ingolla dollari e dollari di Gazoline quelli si baciano, si sparano, si lasciano, si uccidono.
Fatto sta che con gli occhi inchiodati su una pompa della Mobil, americana, 1939, quel che vedi non è una pompa della Mobil americana del '39, ma il mito. I numerini che contano i dollari e, sotto, quelli che contano i galloni (stanno fermi ma è come se li vedessi scorrere, a due velocità diverse, più veloci quelli sotto, più sornioni quelli sopra, mi ricordo di aver pensato mille volte che era una magia che a un certo punto quell'omino in tuta riuscisse a fermarli entrambi su un totale pulito, cioè non con l'ultima cifra a metà, ma tutt'e due belli puliti, una magia), la farfalla sotto la pallina di vetro con la benzina che ci passava dentro e le faceva girare, la scritta Mobil tutta blu però la o era rossa, il cavallo con le ali, il tubo di gomma e la pistola cromata, lontana parente della Colt, è ovvio, come fosse una Colt che ritiratasi dall'attività avesse deciso di rifarsi una vita con un mestiere pulito, in una piazzola sulla Freeway 18, un posto tranquillo, perfino bello, la sera, quando va giù la luce e si accende il globo, sulla pompa, a sussurrare: Mobilgas.
Scemenze, si dirà. Può darsi. Ma a me bastano anche solo i nomi per partire con la fantasia, e con la memoria. Nomi stupendi: Esso (il più bello, con quella "e" minuscola assurda, e l'assurda aria da pronome personale), Shell (ci ho messo anni a scoprire che voleva dire conchiglia, sempre pensato fosse il rumore della benzina quando scorre giù nella gola della macchina), Total (le coccinelle della Total, Cristo, ma se le ricorda qualcuno le coccinelle della Total?), Texano (aria da western), Fina (la benzina femmina, l'unica), Amoco (non so perché, ma generalmente considerata un po' sfigata). Con un certo rammarico non ho trovato la mitica Api (con Api si vola, e l'imbarazzato sorriso di Mino Agostini a rendere il messaggio definitivamente ironico), che ti ci fermavi proprio solo quando eri alla disperazione, con la spia accesa da anni, e l'ago della benzina così giù, sotto lo zero, che non era più un indicatore, era una supplica.
C'era sempre, in classe, quello che da grande voleva fare il benzinaio. Volevo fargli sapere che ci ho messo un po' ma adesso ho capito, e che è vero, aveva ragione lui. Adesso magari fa l'avvocato perché poi la vita ti rende ragionevole e si porta via tutta la poesia, ma non importa. Se si fa vivo mi piacerebbe regalargli questo libro, che dentro ci sono anche i vecchi distributori di miscela, quelli che bisognava pompare la benzina da una parte e l'olio dall'altra, e tutte le pubblicità della Gulf, e un servizio da tè della Mobiloil, e i vagoni da trenino con su scritto Shell e i compressori per gonfiare le gomme che non sai mai se devi dargli la mancia o basta un grazie. Se lo sfogli in fretta, facendo frullare le pagine col pollice, viene su un'aria che per chiunque sarebbe il libro fresco di stampa. E invece, come lui capirebbe subito, è profumo di grasso, e pneumatico lasciato al sole, e benzina.


IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:34
A.Baricco “Castelli di Rabbia”
"Eppure, per quanto indubitabilmente sia meravigliosa la luce della sera,c'è qualcosa che ancora riesce ad essere più bello della luce della sera, ed è per la precisione quando, per incomprensibili giochi di correnti, scherzi di venti, bizzarrie del cielo, sgarbi reciproci di nubi difettose, e circostanze fortuite a decine, una vera collezione di casi, e di assurdi, quando, in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. C'è il sole, il sole della sera, e piove. Quello è il massimo. E non c'è uomo, per quanto limitato dal dolore o sfinito dall'ansia, che di fronte a un'assurdità del genere non senta da qualche parte rigirarsi un'irrefrenabile voglia di ridere. Poi magari non ride, veramente, ma se solo il mondo fosse un sospiro più clemente, riuscirebbe a ridere. Perché è come una colossale e universale gag, perfetta e irresistibile. Una cosa da non crederci. Perfino l'acqua, quella che ti casca sulla testa, a minute gocce prese di infilata dal sole basso sull'orizzonte, non sembra neanche acqua vera. Non ci sarebbe da stupirsi se ad assaggiarla si scoprisse che è zuccherata. Per dire. Comunque acqua non regolamentare. Tutt'una generale e spettacolare eccezione alle regole, una grandiosa presa per il culo di qualsiasi logica. Un'emozione. Tanto che tra tutte le cose che poi finiscono per dare una giustificazione a questa altrimenti ridicola abitudine di vivere certo figura anche questa, in cima alle più nitide, alle più pulite: esserci, quando in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. Almeno un volta, esserci."
A.Baricco “Castelli di Rabbia”


IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:40
A.Baricco “Castelli di Rabbia”
"Aveva ritrovato l'aspetto di un architetto di successo, la sicurezza, e il controllo di se'. Una volta di piu' constato' che la sua anima non conosceva vie di mezzo tra il trionfo e la disfatta."

A. BARICCO - Castelli di rabbia


IoBalloDaSola
00mercoledì 21 luglio 2004 01:42
A.Baricco “Castelli di Rabbia”
Di tanto in tanto il signor Rail tornava. Di regola ciò accadeva un certo tempo dopo che era partito. La qual cosa testimonia l'ordine interiore, psicologico e si potrebbe dire morale del personaggio. A modo suo il signor Rail amava l'esattezza.
Meno facile da capire era perché lui, di tanto in tanto, partisse.

- Diavolo! Un buco nel tubo... come ho fatto a non pensarci... caro Pehnt, ecco dov'è l'errore... un buco nel tubo... un piccolo maledetto buco nascosto da qualche parte, è chiaro... se n'è scappata di lì tutta quella voce... sparita nell'aria...
Pehnt si è alzato il bavero della giacca, tiene le mani sprofondate nelle tasche, guarda Pekish e sorride.
- Be', sai cosa ti dico? lo troveremo Pehnt... noi troveremo quel buco... abbiamo ancora una buona mezz'ora di sole, e lo troveremo... in marcia, ragazzo, non ci faremo fregare così facilmente... no.
E così se ne vanno, Pekish e Pehnt, Pehnt e Pekish, se ne tornano lungo il tubo, uno a sinistra l'altro a destra, lentamente, scrutando ogni palmo del tubo, piegati in due, a cercare tutta quella voce perduta, che se uno li vedesse da lontano potrebbe ben chiedersi cosa diavolo fanno quei due, in mezzo alla campagna, con gli occhi fissi per terra, passo dopo passo, come insetti, e invece sono uomini, chissà cos'hanno perso per strisciare in quel modo in mezzo alla campagna, chissà se lo troveranno mai, sarebbe bello lo trovassero, che almeno una volta, almeno ogni tanto, in questo dannatissimo mondo, qualcuno che cerca qualcosa avesse in sorte di trovarla, così, semplicemente, e dicesse l'ho trovata, con un lievissimo sorriso, l'avevo persa e l'ho trovata - sarebbe poi un niente la felicità.

La morte più assurda, ma se si vuole anche più puntuale e giusta e responsabile, la fece Walter Huskisson, il senatore Walter Huskisson. [...] La gente scese dalle carrozze, e in particolare scese Walter Huskisson dalla sua, che era quella delle autorità, scese per primo e questa si rivelò essere una circostanza non priva di importanza visto che appena sceso - per primo, dalla carrozza delle autorità - fu travolto da uno degli otto treni che procedeva lentamente sul binario di fianco, non abbastanza lentamente per poter frenare davanti al senatore Walter Huskisson che, per primo, stava scendendo dalla carrozza delle autorità. [...] Però arrivò vivo all'ospedale di Liverpool, e lì morì, lì e non prima. Sì che il giorno dopo, su tutti i giornali, in mezzo alle grandi pagine dedicate alla storica inaugurazione, comparve sì un trafiletto dedicato alla singolare morte del senatore Walter Huskisson, ma non sotto il titolo, che non sarebbe parso illogico, "Senatore maciullato dal treno", ma sotto il titolo, lungimirante, "Un treno in corsa per salvare il senatore", sotto il quale, con penna ispirata, il cronista di turno raccontava l'epica corsa contro il tempo, la formidabile capacità del mostro meccanico di divorare spazio e tempo per riuscire a portare il corpo rantolante del senatore all'ospedale di Liverpool in sole due ore e ventitré minuti, infinita prodezza, acrobazia futurista grazie alla quale al senatore non spettò il destino anemico di crepare con la testa appoggiata a un sasso, in mezzo alla campagna, ma quello, nobile, di spegnersi in grembo alla medicina ufficiale in un letto vero e con un tetto sulla testa.

Matty love Lili
00mercoledì 21 luglio 2004 10:10
Barrico è veramente un grande scrittore![SM=g27811]
Riguardo a "Novecento" un complimento anche a Tornatore che da quel breve monologo ha tirato fuori un grande capolavoro![SM=g27811]
Matty love Lili
00mercoledì 21 luglio 2004 10:10
Barrico è veramente un grande scrittore![SM=g27811]
Riguardo a "Novecento" un complimento anche a Tornatore che da quel breve monologo ha tirato fuori un grande capolavoro![SM=g27811]
Matty love Lili
00mercoledì 21 luglio 2004 10:10
Barrico è veramente un grande scrittore![SM=g27811]
Riguardo a "Novecento" un complimento anche a Tornatore che da quel breve monologo ha tirato fuori un grande capolavoro![SM=g27811]
Matty love Lili
00mercoledì 21 luglio 2004 10:11
Barrico è veramente un grande scrittore![SM=g27811]
Riguardo a "Novecento" un complimento anche a Tornatore che da quel breve monologo ha tirato fuori un grande capolavoro![SM=g27811]
Matty love Lili
00mercoledì 21 luglio 2004 10:12
Barrico è un gradne scrittore![SM=g27811]
Riguardo a "Novecento" un complimento anche a Tornatore che ha tirato fuori da quel breve monologo un capolavoro![SM=g27811]
serenaorlando
00giovedì 2 settembre 2004 08:17
anch'io ho letto "castelli di rabbia" davvero affascinante!
barrico a mio parere è uno scrittore sensibile,a volte le sue descrizioni sembrano musica!CIao[SM=x322185]
ex segnapunti
00venerdì 3 settembre 2004 19:11
Poi la vita non è che vada come tu te la immagini…Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada. Così…io non è che volevo essere felice, questo no, volevo.. salvarmi. ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisogna andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l’onestà, essere buoni, essere giusti. No, sono i desideri che salvano, sono l’unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l’ho capito. Se le dai tempo, alla vita, le si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti male. È li che salta tutto, non c’è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non lo puoi nemmeno immaginare.

Da “OCEANO MARE”
Alessandro Baricco


TROPPO BELLO!!!!!!!!
Baricco scrive in una maniera eccezionale
Matty love Lili
00lunedì 6 settembre 2004 14:17
Io in questo momento sto leggendo "City": è un libro bellissimo, Barrico ha uno stile magnifico![SM=g27811] X scrivere un librò così bisogna avere un intelligenza sovrannaturale! Quasi come quella di Benni...[SM=g27828]
IoBalloDaSola
00sabato 19 febbraio 2005 13:27
Ho comprato il libro -di Baricco mi mancava solo quello-
Ho comprato il libro (di Baricco mi mancava solo quello) ed ho iniziato a leggerlo stamattina facendo colazione. Non ne ho letto molto, giusto la prefazione dell'autore dove spiega le ragioni di questa ultima opera.
Già le prime tre pagine mi hanno emozionato.
So già che sarà uno di quei libri che leggerò centellinandoli, come ultimamente mi capita di fare spesso. Io che sono sempre stata una divoratrice di libri, capace di iniziare a leggerne uno al mattino e alla sera averlo finito, ora mi ritrovo a portarmi in giro nella borsa (la borsa di Eta Beta, la chiamo io) per leggerne poche pagine ogni giorno, per fare in modo che l'emozione che mi regala il testo rimanga con me il più a lungo possibile.
"Omero, Iliade" è uno di questi, lo sento.
A parte la frase sul retro della copertina del libro "LA TRISTEZZA E' IL NOSTRO DESTINO: MA E' PER QUESTO CHE LE NOSTRE VITE SARANNO CANTATE PER SEMPRE, DA TUTTI GLI UOMINI CHE VERRANNO", ho trovato nella prefazione una frase di Baricco che mi ha colpito:
"L'Iliade è piena di nomi, alcuni celeberrimi, altri pronunciati una volta e mai più. Come cerco di spiegare ai miei attori, i nomi non sono una cosa noiosa da liquidare velocemente litigando con l'accento, ma suoni eterni, che meritano rispetto, e che, a modo loro, producono piacere. Vorrei che fosse così anche per chi leggerà, in solitudine e non a voce alta, questo libro".
Non so dirvi, non so spiegarmi che cosa ho provato, ma questa affermazione mi ha dato da pensare. Quante volte leggendo, proprio sui nomi sorvogliamo più che su ogni altra parola del testo? A me capita e forse dopo questo libro non capiterà più
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:02.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com