"Basta autogol nel Nord-Est è ora di parlare alla gente"

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silvercloud87
00giovedì 5 marzo 2009 13:05
I giovani del Pd/6. Marta Meo responsabile in Veneto della questione settentrionale
"Bisogna essere aperti sui temi del lavoro e all'attacco su laicità e stranieri"

"Basta autogol nel Nord-Est
è ora di parlare alla gente"

di CURZIO MALTESE

MARTA Meo, 38 anni, veneziana, architetto, due figlie, responsabile del Pd veneto per la questione settentrionale. Un rapporto assai dialettico con la dirigenza nazionale, per usare un eufemismo. Nel 2005 fu una delle protagoniste della vittoria a sorpresa di Massimo Cacciari al Comune contro il candidato diessino, il magistrato Felice Casson. L'ultima polemica col Pd nazionale è stata sulla composizione del nuovo esecutivo ombra.
Che cosa non le piace del nuovo governo ombra di Franceschini?
"E' una media ragionata fra il governo ombra precedente e l'ultimo governo Prodi, che non sono stati esattamente due successi".

In compenso la segreteria è innovativa, le pare?
"Appunto. Perché tenere al solito i piedi in due scarpe? Tanto valeva rinnovare anche il governo ombra. Guardi, non è soltanto una questione di immagine o di nomi, spesso di qualità".

E allora dov'è il problema?
"Le idee. Prenda Bersani, che è il nome di maggior spicco. Lo stimo molto ma c'era bisogno di novità. E' stato l'ultimo dei liberalizzatori, quando gli altri parlano d'intervento statale per sostenere l'economia. Arriviamo sempre in ritardo".

A lei non piaceva neppure il governo ombra precedente. Criticò l'assenza del suo concittadino Andrea Martella, ministro ombra delle infrastrutture, all'inaugurazione del passante di Mestre.
"Un bell'autogol, davvero. Ma come, il centrosinistra è sempre stato favorevole al passante, ma il giorno dell'inaugurazione Martella non va perché, dice, è un'opera di regime. Ma i veneti lo volevano, risparmiano tempo e danaro. Sa qual è il vero problema del centrosinistra, al di là della storia vecchi e giovani?".

Che non si sforzano di pensare come i cittadini?
"Sì. E impartiscono lezioni su problemi che non conoscono. Uno che non ha lavorato un giorno nella vita non può venire a spiegare che il passante è un'opera di regime".

Lei invece appartiene al popolo delle partite Iva. Come va con la crisi?
"Molto male, nel Nord Est la crisi è pesantissima, ma non se ne parla. Si discute soltanto di aiutare le banche, le grandi imprese. Qui la gente soffre in silenzio, cerca di salvare le aziende a tutti i costi. Il governo non ci ha capito nulla. Ha detassato gli straordinari che di questi tempi non si fanno più. Ci sarebbe tanto lavoro politico da fare con i piccoli imprenditori".

Voi del Pd del Nord Est vi lamentate di essere considerati come missionari in terra straniera, abbandonati dal partito nazionale.
"Una volta. Ora preferiamo che non venga nessuno da Roma a far danni. Durante il governo Prodi ogni volta che Visco apriva bocca per denunciare il Nord evasore noi facevamo la croce su migliaia di voti".

Ma il problema dell'evasione nelle imprese del Nord Est è reale, non le pare?
"Certo che lo è, ma bisogna capire il fenomeno e non lanciare crociate moraliste. L'evasione fiscale è un tema, ma non il principale. Il più importante è creare lavoro. Spesso poi le soluzioni proposte erano velleitarie, dilettantistiche. E qui le persone lo capiscono. Ormai se vai nel vicentino senti casalinghe parlare di politiche tributarie meglio dei professori di Cà Foscari".

Il Pd di Veltroni era partito dal Lingotto con una grande attenzione per i problemi del Nord. Che cosa è successo dopo?
"Che sono arrivati i nomi delle liste e qui a tutti sono cascate le braccia. Ma è vero che Veltroni era stato il primo dirigente del centrosinistra, da molto tempo, a dire cose giuste e non convenzionali sulla questione settentrionale, ovvero sulla modernità. Da qui bisogna ripartire e mi pare che Franceschini ci stia provando".

In Veneto e Lombardia il centrosinistra si trova davanti una specie di muro ideologico, difficile da sfondare anche per chi conosce bene il territorio, com'è stato per Cacciari prima e Riccardo Illy in ultimo.
"Cacciari e ancora di più Illy hanno pagato un atteggiamento comunque aristocratico di fronte ai cittadini, da vicerè mandati in provincia".

La presunzione mista a vago disprezzo con cui i leader del centrosinistra trattano le popolazioni del Nord Est insomma non aiuta a raccogliere consensi.
"Andiamo sul pratico. Voglio proprio vedere stavolta chi candidano alle europee. Perché qui l'Europa è presa molto sul serio, altro che provinciali. Le imprese vivono di esportazioni, tutti hanno rapporti con l'estero, non c'è artigiano che non conosca le leggi comunitarie. La Lega, non per caso, ha impostato tutta la campagna europea sulle macroregioni. Il centrosinistra invece di solito usa le europee come cimitero degli elefanti".

Non c'è il rischio che le critiche del Pd del Nord siano interpretate come un invito a inseguire la destra sul terreno della demagogia, per poi finire a organizzare ronde di sinistra o democratiche cacce al lavavetri? Col risultato di perdere quei pochi voti di sinistra e non prenderne mezzo dall'altra parte.
"E' tutto il contrario. Noi dovremmo essere molto aperti sulla questione del lavoro, sganciarci dalla gabbia del sindacato e della difesa dei garantiti. Ma poi andare all'attacco sulla laicità e sui diritti di cittadinanza, per italiani e stranieri. Chiedere con forza il diritto di voto per i migranti. Per fare tutto questo ci vuole coraggio. Ma col moderatismo siamo arrivati al 22 per cento. Che cosa abbiamo da perdere?".

(4 marzo 2009)
repubblica.it
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