(Prima soluzione) "Rimpasto e governo per le riforme"

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silvercloud87
00mercoledì 23 gennaio 2008 18:27
Il Piano B del premier se i senatori a vita saranno decisivi
Vuole portare il Paese alle elezioni che potrebbero tenersi nel 2009
"Rimpasto e governo per le riforme"
D'Alema: "Tutti dietro Romano. Poi, se si apre un'altra fase, si vedrà"


ROMA - Un nuovo governo. Con una nuova missione programmaticamente limitata. Con un orizzonte temporale definito. E magari con una struttura seriamente "rimpastata". Romano Prodi si gioca l'ultima carta. Prova a modificare la natura del suo esecutivo e rilanciare la sua azione per un anno, con una veste del tutto rinnovata. E allora chiama al telefono Giorgio Napolitano per annunciare che se la maggioranza politica non si confermerà, ma si registrerà una maggioranza numerica, allora la sua "squadra" potrebbe cambiare vestito.

Il Professore prova così a sparigliare. Sa che oggi a Montecitorio incasserà la fiducia. Ma è consapevole pure che al Senato i rapporti di forza sono decisamente più critici. E se anche otterrà una risicata fiducia grazie solo ai senatori a vita, il suo governo sarebbe comunque appeso ad un filo. In balia degli eventi. "In quel caso - è il ragionamento del presidente del consiglio - andrò al Quirinale a spiegare la situazione. A chiarire che la maggioranza numerica - con i senatori a vita - non rappresenta pure una maggioranza politica. Dovremo parlarne e trovare una soluzione". Il Professore è convinto di poter essere lui il "king maker" di se stesso e puntare a un reincarico. Con l'obiettivo di arrivare, entro un anno, alle elezioni anticipate. "Voglio essere io - aveva ripetuto fin dall'altro ieri agli alleati del Pd - a portare il Paese alle elezioni". Ma per tutti, quella frase andava riferita solo al voto nella prossima primavera. Ed invece l'inquilino di Palazzo Chigi pensava ad un itinerario ben più lungo.

Sta di fatto che Prodi non ha alcuna intenzione di lasciare ad altri la chance di affrontare le emergenze del Paese: la riforma elettorale, la crisi mondiale delle borse. Ma soprattutto si irrigidisce dinanzi alla possibilità che qualcun altro redistribuisca il "suo" tesoretto. Ma in primo luogo batterà sul tasto sulle urgenze. Le stesse che da tempo vengono rimarcate dal Presidente della Repubblica.

Certo, tutto dipende dal risultato di Palazzo Madama. L'ultima sfida prodiana è strettamente legata al voto di "sopravvivenza" del Senato. Solo in quel caso, infatti, avvierà i contatti con l'Udc di Casini, con la Lega di Bossi e soprattutto con Silvio Berlusconi. Al quale offrirà una sola assicurazione: le elezioni nel 2009.

Eppure qualche segnale positivo già lo ha conquistato. "Rinunci al Senato - è la prima apertura del leader centrista - e poi vedremo cosa fare...". "Se si fa un altro governo - ammette un altro Udc come Bruno Tabacci - allora si discute. L'unica cosa che non ci può chiedere è di aggiungerci a questo esecutivo".

Al momento, però, le sorti di Palazzo Madama restano in bilico. "A me - dice ottimista il sottosegretario D'Andrea - non sembra che il clima sia così negativo". Certo il "no" dell'Udeur peserà, le incognite di Fisichella e Pallaro persistono. Ma gli "ambasciatori" del Professore contano anche sul "partito del non voto" , su qualche assenza nell'opposizione (il forzista Guido Possa è bloccato da una frattura), sui contatti con il senatore Pistorio ("non siamo pregiudizialmente contrari al governo Prodi") e sui dubbi che dentro il partito di Mastella potrebbero emergere viste le alleanze locali con l'Unione. Anche perché Prodi non si stanca di ripetere che molti dei "mastelliani" "li abbiamo eletti noi in Parlamento. Fabris e altri dell'Udeur stavano nella lista dell'Ulivo". A parte le rivendicazioni, comunque, pure tra le file del centrodestra, non tutti danno per certa la morte del governo. "Ci dicono - raccontava una parlamentare vicina a Berlusconi - che al Senato Prodi sta ancora sopra di uno".

I big del Pd - e anche il Colle - avevano invece suggerito in questi due giorni di presentare subito le dimissioni. Senza il passaggio parlamentare. Ma alla fine hanno accettato la strada indicata da Palazzo Chigi. E anche Massimo D'Alema non sembra affatto contrario all'ipotesi immaginata dai prodiani. "Noi - ha fatto sapere il ministro degli Esteri - in questa fase stiamo tutti dietro Prodi. Poi, se si apre un'altra fase, allora si vedrà. Ma prima si dovranno consumare una serie di passaggi". Nel centrosinistra, del resto, sono in molti a lavorare fin da ora per un governo istituzionale temendo il peggio a Palazzo Madama. Fausto Bertinotti è stato esplicito.

In questa direzione sta lavorando anche il presidente del Senato, Franco Marini. E poi il segretario del Pd, Walter Veltroni: "Non ci sono subordinate rispetto a Romano - si raccomandava ieri davanti ai parlamentari del Pd - ma le elezioni sarebbero la cosa peggiore". Il sindaco ha parlato di buon'ora con Gianni Letta per capire le prossime mosse del Cavaliere: e la risposta è stata poco incoraggiante: da soli al voto non andiamo, e le riforme, in questo quadro, ci sembrano in alto mare. E se anche nei Palazzi della politica già si snocciolano i nomi dei potenziali premier "tecnici" o "istituzionali" come Franco Marini, Mario Draghi, Giuliano Amato e Nicola Mancino, nello stesso tempo Prodi scommette sulla sua "rivoluzione": da "politico" a "tecnico".


(23 gennaio 2008)
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