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PAURA DI AVERE PAURA O PAURA DI AVERE F.E.A.R. ?
Mentre la prima parte di questo ricco, “ludicamente” parlando, 2005 è stato dominato dalle avventure grafiche e dagli RTS, la seconda tranche dell'anno in corso, per la gioia degli appassionati, ha visto un prepotente ritorno in auge degli sparatutto in prima persona. Quello degli FPS è il settore che sempre ha sofferto, più degli altri, di titoli interiormente ridondanti, cioè spesso troppo simili a se stessi, nelle varie incarnazioni. Fortunatamente, questo trend pare essere finalmente, se non concluso, almeno rallentato; infatti, alla Ludicissima Trinità degli sparatutto, ovvero Half-Life 2, Doom III & Far Cry, si aggiunge, finalmente, il Quarto Cavaliere dell'Apocalisse, quel F.E.A.R. che tanto hype ha generato intorno a se fin dall'inverno scorso. Chi vi scrive ha avuto l'onore ed il piacere di visionarlo, nella sua forma multigiocatore, in quel di Parigi, grazie alla squisita ospitalità del tour organizzato da Vivendi. Oggi, GameSurf ha messo le mani sulla versione presente nei negozi già mentre leggete queste righe e quello che abbiamo visto ci ha lasciato davvero stupefatti. Ma, come da consolidata tradizione, partiamo dall'inizio, da quella classica quiete prima della tempesta che presagisce l'avvento della paura...o della F.E.A.R.




Quanto sangue...ma non è il mio!

Lo splendido effetto dell'acqua

Una trappola ben riuscita



In un futuro estremamente prossimo, esisterà una Corporazione che, in barba a tutti i trattati internazionali, porterà avanti esperimenti di genetica volti alla clonazione degli uomini; ancor più subdolamente, quegli stessi, scriteriati scienziati applicheranno la loro sadica scienza allo studio delle capacità telepatiche e telecinetiche dei cloni (e non solo) da loro stessi creati. Il risultato, quando si sfida così tanto Madre Natura, non può che essere solo uno : il fallimento, condito da tanto sangue, paura e morte. I cloni, infatti, progettati per essere dei supersoldati inarrestabili, cadono presto sotto il controllo mentale de “L'Originale”, ovvero l'ambiguo Paxton Fettel, vera figura chiave della produzione. I Replica – tale è il nome dei guerrieri clonati – totalmente asserviti a Fettel, rivoltano come un guanto la sede della Corporazione, prendendone possesso. Ma Fettel, non è solo un sanguinario coprofago; i suoi poteri mentali vanno al di la di ogni immaginazione e il suo scopo non è la vendetta verso chi l'ha studiato e torturato...ma qualcosa di più sottile, che non sveliamo, per non rovinare la sorpresa. Domanda legittima : quando entriamo in scena noi? E' presto detto. Il governo degli Stati Uniti, come spesso accade nel mondo ludico e cinematografico, oltre alle normali forze di polizia, dispone anche di un gruppo speciale, una squadra d'elite di soldati addestrati ad ogni evenienza, sia per le minacce terroristiche ma, anche e soprattutto, per quelle che riguardano il soprannaturale.

E' il caso del team F.E.A.R. , First Encounter Assault Recon, composto dai migliori uomini disponibili. Il nostro alter-ego, entrato nel gruppo da una settimana, si vede incaricato del compito di “apripista”, per la squadra F.EA.R. , nel tentativo di infiltrarsi all'interno della sede principale della Corporazione e scoprire come mai sono stati persi tutti i contatti con gli occupanti. I Replica sono considerati alla stregua dei terroristi, quindi il nostro compito, e quello della nostra squadra, sarà quello di ridurre a mal partito i soldati OGM e arrestare Fettel. Quella che sulla carta sembrava una missione di gruppo, quasi ordinaria, si rivelerà ben presto essere una trappola in solitaria, intrisa di sangue e morte...Un'altra domanda legittima sarebbe : ma perché proprio noi, che siamo dentro solo da una settimana? In primo luogo perché siamo troppo bravi; inoltre, novelli “Signor Anderson”, siamo in grado di alterare i nostri riflessi con la tecnica dello SloMo. In sostanza, mentre tutto il mondo procede a rallentatore, noi, per qualche secondo, ci muoviamo rapidi e precisi, proprio come se ci trovassimo all'interno di una certa Matrice...Con la crudeltà che ci contraddistingue, non ci spingiamo oltre con i dettagli, lasciando al giocatore il piacere di scoprire tutti i mille retroscena di un titolo spettacolare e intrigante, retroscena che vedono la loro massima epitome nella bambina che campeggia sulla scatola, di “Samariana” memoria (la protagonista del controverso “The Ring” e compagnia brutta, NDAleNet).




Pioggia di piombo sui Replica!

Qualche sbavatura nell'ottimo engine...

Questo tizio ha letteralmente perso la testa per me



In fondo, se “lei non dorme mai”, anche noi avremo difficoltà a dormire, dopo gli incontri troppo ravvicinati con la bimba in questione, specialmente perché la pupa avrà la brutta abitudine di palesarsi nei momenti meno opportuni, col vestitino sporco di sangue e camminando sui muri. Ma chi è, e cosa vuole, ci sarà dato saperlo solo alla fine del gioco; tuttavia, è bene precisare che, al contrario di quanto si poteva pensare quando F.E.A.R. era ancora allo stato embrionale, nel titolo sviluppato da Monolith (NOLF, AvsP2, e tanti altri piccoli capolavori), la componente soprannaturale si attesta attorno al venticinque per cento del gioco (sapientemente miscelato). Per la robusta porzione rimanente, ci troveremo di fronte ad un FPS in certa misura “classico”, dove saremo chiamati a sparare a tutto ciò che si muove - e di roba ce ne sarà parecchia – con qualche breve interludio di pura esplorazione o “puzzle-solving”; nulla che si discosti comunque molto dal trovare, ad esempio, la classica chiave che apre la porta, o la leva che alza il cancello. Ma FEAR non è uno sparatutto classico. Ogni pixel che riempirà il nostro monitor porterà con se la storia di una cura maniacale per i dettagli, il racconto di un engine perfetto, e il sibilo frusciante di una paura sottile che, dalla retina al cuore, colpirà il giocatore con il suo tetro splendore impaludato dal sangue nero della violenza.
Ci sono paure e paure. Quella del capolavoro id Software, Doom III, era un tipo di paura quasi hollywoodiana, che puntava a spaventare il gamer di turno con l'effetto dello zombi che spuntava da dietro ad un angolo scuro, ad ogni piè sospinto. Di salti sulla sedia se ne facevano parecchi, non è forse vero? Con il gioco patrocinato da Vivendi, il terrore camminerà, infido, sui nervi, saltellerà dagli occhi alle orecchie, insinuandosi beffardo nelle pieghe del cuore del giocatore, per continuare ad avvolgerlo anche dopo l'esperienza ludica.

Una immagine, un flash, voci lontane che paiono vicinissime, un cadavere urlante che appare e scompare...fantasmi che si palesano, sussurrando per un momento, scomparendo poi in una polla di sangue. Poi, c'e' Lei. Creatura misteriosa, la bimba che ci accompagnerà nel corso della nostra avventura, con il suo carico di inconscio terrore mitigato dall'innocenza insita nei più piccoli...e la sua rabbia che, traslucida, si abbatterà contro chiunque e infine la sua sete di verità e, forse, di vendetta.
Molti giochi ci hanno fatto sobbalzare. Alcuni ci hanno spaventato, pochi, uno o due, ci hanno terrorizzato. F.E.A.R. scavalcherà questi luoghi comuni, con un'arma più sottile della paura da cui prende il nome : l'ansia. L'ansia di sapere. L'ansia di sconfiggere un nemico silenzioso.
Tutto questo addolcisce ottimamente l'aspetto che l'ultima fatica Monolith condivide con il resto del mondo “in prima persona”, vale a dire la consapevolezza di trovarsi in qualche modo relegati in tunnel virtuali senza la benché minima libertà di azione. Ma questo non deve essere visto come un limite, in quanto sono pochi i tunnel magistralmente curati come quelli visti in questo prodotto. Il motore grafico – il famoso o famigerato Lithtech – gestisce con perizia un mondo che pecca forse in varietà, ma comunque bellissimo. Quello che colpisce maggiormente è l'incredibile uso del bump mapping e delle normal map, che, insieme, generano locazioni tanto realistiche quanto spettacolari. Mai visti, in nessun titolo, muri ruvidi e superfici metalliche tanto belle da godere; come se non bastasse, è stato anche implementato il famoso motore fisico Havok, che rende il comportamento gli oggetti di scena affine a quello che ci aspetteremmo nella realtà, sia pur con qualche svarione.

Abbiamo notato, non senza rammarico, che in certi casi urtare un barilotto con la punta delle dita, lo farà volare a decine di metri di distanza; altre volte, spostare una cassa piccola e vuota si è rivelata una impresa degna di Ercole. Qualche leggerezza anche in piccoli e sporadici fenomeni di bad clipping (ovvero, compenetrazione di poligoni), di cui dovreste vedere una foto qui attorno. L'ottimo sistema Ragdoll - letteralmente, bambola di pezza - donerà ai nostri avversari movimenti fluidi e quasi perfetti. Quasi, perché a volte i loro corpi assumeranno, specie nella morte, delle forme degne del miglior contorsionista circense.
Parlando di avversari, è impossibile non citare l'estremamente evoluta Intelligenza Artificiale che riempie il cranio dei nemici; normalmente, siamo abituati a routine di IA basate su script. In parole povere, se i programmatori determinano che un certo avversario deve fare una certa cosa, costui farà quella e sempre quella, anche ripetendo la scena cento volte. I Replica, così come le altre classi di avversari presenti (ovvero, gli Assassini, che dispongono di un sistema di occultamento. Gli androidi; i robot, e gli agenti di vigilanza), invece, si comportano in maniera incredibilmente realistica: tentano sempre di accerchiarci, creano sbarramenti e trappole, e si adattano alle nostre mosse. Percepiscono i rumori, cercano fuoco di copertura e, spesso, li vedremo buttare giù uno scaffale, nascondersi dietro di esso e far spuntare solo un braccio, sparando all'impazzata.
Per liberarci di questi bruti (!), avremo a disposizione una dozzina di strumenti di morte : dalla pistola, usabile anche in doppio, passando per il classico fucile a pompa alle granate, finendo con lanciarazzi, mitra di varia fattura e...il nostro corpo.

Nei casi di avversari troppo appiccicosi, infatti, avremo la possibilità di colpirli con la nostra arma, oppure, con la dovuta combinazione di tasti (che complessivamente, per tutto il gioco, non sono poi molti : grazie, Monolith!) saremo in grado di produrci in uno spettacolare calcio volante o una devastante scivolata. Se poi, ad uno qualsiasi dei quattro livelli di difficoltà (il quarto dei quali è al limite dell'impossibile), dovessimo malauguratamente perdere la vita, non crucciamoci : la possibilità di salvare a piacimento, unita ad un ottimo sistema di checkpoint, renderanno la nostra missione più piacevole da affrontare.
Un plauso al sonoro. Anzi, due plausi. Perché F.E.A.R. fa paura anche sotto l'aspetto del comparto audio, davvero ai massimi livelli. A fronte di sound fx impeccabili, troviamo una localizzazione e un sistema di sottotitoli in Italiano assolutamente perfetta. Ottime anche le musiche scelte per l'occasione. Se ci fossero gli Oscar per i videogames, F.E.A.R. si aggiudicherebbe quello del Sonoro senza scampo per gli altri.
Non manca, infine, una ricca sezione multigiocatore, disponibile già da diverso tempo, almeno in beta. Fino a sedici giocatori in spettacolari arene, nelle classiche modalità Deathmatch, Cattura la Bandiera et similia. Insomma...non ci sono scuse, per non affrontare la P.A.U.R.A. . In ultima raccomandazione, si ricorda che, data la natura violenta del gioco in esame e l'uso di un linguaggio a tratto scurrile, la sua fruizione è sconsigliata ad un pubblico troppo giovane.

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