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SUPERSAGGIO
PRESIDIO DELLA LEGA DAVANTI AL TRIBUNALE

Assolto in appello il tabaccaio
che uccise un rapinatore

I giudici: «Fu legittima difesa putativa».
L'accusa aveva chiesto una condanna a 9 anni e mezzo


MILANO - Assolto per legittima difesa putativa dall’accusa di omicidio Giovanni Petrali, il tabaccaio che il 17 maggio 2003, reagendo a un tentativo di rapina alla sua tabaccheria in piazzale Baracca, uccise Alfredo Merlino, 30 anni, e ferì Andrea Solaro, oggi 26enne. I giudici della prima corte d'assise d'appello, presieduti da Maria Luisa Dameno, in parziale riforma della sentenza di primo grado, hanno dichiarato «non punibile» Petrali per i reati di omicidio e lesioni colpose contestati in virtù del riconoscimento della «legittima difesa putativa». In pratica, secondo i giudici il commerciante riteneva in quel momento di agire in uno stato di legittima difesa: di fatto non era più in pericolo (stava inseguendo in strada i due giovani in fuga, sparando loro alle spalle), ma era convinto di esserlo. Il secondo capo di imputazione, invece, ovvero la detenzione e il porto dell'arma all'esterno del locale, è stato dichiarato prescritto. L'arma, con la quale quel 17 maggio del 2003 Petrali sparò sette colpi, era stata sequestrata e i giudici di primo grado avevano stabilito che venisse confiscata. Gli avvocati del tabaccaio, invece, nei motivi d'appello avevano chiesto il dissequestro e la restituzione della pistola, che ora i giudici hanno accolto. Il risarcimento per Solaro, l’unica delle due parti civili che aveva impugnato la sentenza di primo grado, sarà stabilito in sede civile.

LA CONDANNA IN PRIMO GRADO - In primo grado, nel febbraio del 2009, il tabaccaio era stato condannato a un anno e 8 mesi con la sospensione condizionale della pena, per omicidio colposo e lesioni colpose. In quel caso i giudici avevano spiegato che l'anziano commerciante era incorso in un «errore di percezione» perché «sconvolto» al momento della rapina. Nella scorsa udienza il sostituto pg Piero De Petris aveva chiesto per il commerciante una condanna a 9 anni e mezzo di carcere per omicidio volontario e tentato omicidio, come aveva già fatto il pm in primo grado. Lunedì, invece, i difensori dell'uomo, gli avvocati Marco Martini e Marco Petrali (il figlio del commerciante), hanno chiesto l'assoluzione per lui, invocando la legittima difesa. E i giudici hanno «sposato» questa tesi.

LE PERIZIE BALISTICHE - Le motivazioni della sentenza saranno rese pubbliche solo tra novanta giorni, ma è noto che i giudici hanno espresso il loro giudizio sulla base delle tre consulenze balistiche già eseguite durante il primo grado di giudizio: quella della procura, quella della difesa e quella del gip. Tre ricostruzioni dall’esito «marcatamente divergente», secondo il sostituto procuratore generale Piero De Petris. Secondo i periti, dei sette colpi sparati dall’anziano tabaccaio, quattro erano stati esplosi all’interno del bar e tre all’esterno, ad altezza d’uomo, mentre i rapinatori fuggivano lungo corso di Porta Vercellina. Insomma, senza apparente necessità di difesa da parte del tabaccaio e con il pericolo di colpire un passante. Il processo si è dunque giocato tutto sull’individuazione del momento in cui è stato sparato il proiettile mortale. I periti del gip, pur non escludendo che il colpo letale sia stato sparato quando i malviventi erano ancora all’interno del bar, hanno stabilito che in ogni caso è stato esploso mentre i banditi si erano già voltati per fuggire e, dunque, di spalle.

ESULTA LA LEGA - Fuori dal Tribunale, la Lega Nord ha rinnovato il presidio in solidarietà al commerciante, presidio a cui ha partecipato anche l'europarlamentare e consigliere comunale milanese della Lega, Matteo Salvini. Prevedibile esultanza all'annuncio della sentenza di assoluzione. «È un sospiro di sollievo per tanta gente per bene - ha detto Salvini - e saremo orgogliosi di candidare nelle liste della Lega Nord Antonio Petrali (figlio di Giovanni, ndr) e Giuseppe Maiocchi». Quest'ultimo, gioielliere, rimase coinvolto in una vicenda simile dopo aver sparato ad un rapinatore che aveva assalito la sua gioielleria, uccidendolo. «La sentenza - prosegue Salvini - stabilisce che uno che ha risposto dopo essere stato aggredito mentre svolge il suo lavoro è innocente». La Lega si era schierata fin dall'inizio di questa vicenda a sostegno del tabaccaio. «Il nostro atteggiamento non voglio che sia inteso come un invito a farsi giustizia da soli - ha detto Salvini - ma solo a sostegno della libertà dei commercianti». Alla domanda se si debbano dotare i commercianti di pistole, Salvini ha risposto: «Sarebbe sufficiente lo spray da difesa». «Da oggi chi delinque ci penserà due volte prima di aggredire un lavoratore onesto, perché i cittadini possono finalmente difendersi», è stato il commento del segretario provinciale della Lega Nord a Milano Igor Iezzi.

DE CORATO: GIUSTIZIA E' FATTA - «È una sentenza che fa giustizia. E che inquadra la vicenda correttamente, come avevo prospettato», ha affermato il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato. «La condanna a 9 anni e mezzo chiesta dall'accusa sarebbe stata una beffa. Non può essere accettato che un tabaccaio, già plurirapinato, debba subire l'infamia di passare per assassino e rischi di finire in carcere solo perché si è difeso da malviventi armati per salvarsi la pelle». «Tutto bene quel che finisce bene - conclude De Corato -. Per il futuro ci aspettiamo che i magistrati si concentrino più sulla caccia ai criminali che destano allarme sociale, anziché accanirsi contro le vittime».

IL PD: GIOCANO SULLA PELLE DELLA GENTE - «E’ il centrodestra che governa la città di Milano dal ’93 e negli ultimi 18 anni è spettato a loro garantire la sicurezza», attacca Roberto Caputo, vicecapogruppo del Pd a Palazzo Isimbardi. «Lega e Pdl sono anche al governo del Paese e al ministero degli Interni siede un esponente del Carroccio. Proprio per questo risulta ancora più grave il loro atteggiamento: strumentalizzare una vicenda drammatica solo a fini elettorali». «È vergognoso - aggiunge Caputo - giocare sulla pelle delle persone, soprattutto su quelle che sono più esposte a rischio criminalità, come tabaccai, tassisti e negozianti in generale. La verità è che dopo tanti anni di governo di Lega e Pdl, la città è ancora insicura con una micro criminalità galoppante in alcuni quartieri popolari dove cittadini vivono in grave difficoltà, ostaggio della malavita».

I COLLEGHI TABACCAI - «Giustizia è stata fatta» è invece il commento di Giovanni Risso, Presidente Nazionale della Federazione Italiana Tabaccai. «Il fatto che, secondo i giudici, il collega abbia agito per legittima difesa, equivale a riconoscere, una volta per tutte, che la nostra categoria lavora ogni giorno all'ombra della paura ed in uno stato di stress comprovato. Non si dovrebbe mai ricorrere alle armi, non si dovrebbe nemmeno possederle, come ricordo sempre ai colleghi - continua Risso - ma ci sono casi di particolare gravità, come quello accaduto a Petrali, in cui difendere fino all'estremo il frutto del proprio lavoro e, non dimentichiamolo, la propria famiglia è assolutamente comprensibile». «Per questo - conclude Risso - a nome di tutti i tabaccai italiani, sento di ringraziare i giudici della prima corte d'assise d'appello di Milano che, con la loro sentenza, hanno ascoltato il grido di allarme della nostra categoria».

IL FIGLIO AVVOCATO - «Oggi è stata scritta bella pagina di giustizia e finalmente abbiamo avuto la risposta che aspettavamo da tanti anni», ha commentato Marco Petrali, figlio e legale di Giovanni. «Adesso dobbiamo aspettare le motivazioni - ha detto l'avvocato - ma su questa decisione ha giocato molto lo stato mentale in cui versava mio padre dopo l'aggressione all'interno del negozio». Sull'ipotesi che il padre possa tornare a possedere un'arma, Petrali risponde: «Non la vorrebbe più avere un'arma con sé, perché se poi succedono certe cose i processi morali che uno si porta dietro sono devastanti».

«FOSSE RIMASTO A CASA...» - «Meglio di così non poteva andare - ha commentato l'altro figlio, Antonio Petrali -. Per noi è la fine di un incubo». E sul rapinatore ucciso: «Fosse stato a casa sua, non sarebbe successo». Secondo il figlio del tabaccaio, in ogni caso, «meglio un brutto processo, che un bel funerale». E anche se suo padre ha detto di non voler più tenere una pistola, «se succede di nuovo, bisogna valutare il momento. All’epoca lui aveva agito perché ha visto la vita sua e di mia madre in pericolo». Quanto alla pistola di cui hanno chiesto e ottenuto il dissequestro, Antonio Petrali ha detto: «È un ricordo di guerra di mio nonno. La vogliamo tenere».

Fonte: CorrieredellaSera


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