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SUPERSAGGIO
No alla sfiducia, primo tempo al premier
Casini lo gela: "Vada avanti da solo"

Data per scontata la vittoria al Senato, il voto di Montecitorio mette in difficoltà Fini e regala a Berlusconi il tramonto dell'ipotesi "governo tecnico". Per l'esecutivo 314 voti, per la caduta 311 deputati. Decisivi tre finiani "di ritorno" e i "responsabili" di Calearo. Liti, bandiere e urla in Aula. E ora il futuro della legislatura resta tutto da decifrare

ROMA - Berlusconi vince questo round. E Fini si ritrova in grande difficoltà, con un partito spaccato. Eppure, alla fine della giornata più lunga per il governo, restano più dubbi che certezze. La sfiducia tanto attesa da Fli, Udc, Idv e Pd non passa, ma l'esito del voto sulla mozione contro il governo Berlusconi non significa la fine delle fibrillazioni del quadro politico. Anzi. Quando sulla seduta di Montecitorio cala il sipario, dopo un'altalena di emozioni e previsioni smentite, il pallottoliere segna 314 "no" alla sfiducia, 311 "sì" e le due astensioni dei deputati della Svp. A palazzo Madama, poco prima, era finita con margini più ampi per la maggioranza: 162 voti a sostegno dell'esecutivo, 135 contrati e gli 11 senatori di Fli astenuti nel tentativo di un disperato tentativo di mediazione con il Cavaliere.

Vai alla cronaca della giornata minuto per minuto

Poche certezze. Ora le poche certezze del "dopo fiducia" sono legate a doppio filo tra loro: da un lato la vittoria tattica di Berlusconi, dall'altro la netta sconfitta di Fini. Il primo scaccia il fantasma di un voto di sfiducia in grado di spalancare le porte a un possibile, per quanto complicato, governo di transizione e nel pomeriggio si può recare al Quirinale da Napolitano per "godersi almeno per un giorno la vittoria", come ha ironizzato Bossi. Il secondo deve prendere invece atto che la sua creatura non ha retto alla prova della prima "resa dei conti".

La debacle di Fli. Perché a dare una bella mano al premier sono stati proprio i finiani. Le opposizioni possono legittimamente denunciare la "compravendita" dei voti che ha portato tra le braccia di Berlusconi gli ex Pd Calearo e Cesario, oltre agli ex Idv Scilipoti e Razzi, ma resta il fatto che l'annunciata compattezza di Futuro e libertà non c'è stata e per un Moffa che ha preferito non votare, ben due deputati - Catia Polidori e Anna Maria Siliquini - hanno votato contro la stessa mozione di sfiducia che avevano sottoscritto appena pochi giorni fa, uscendo di fatto dal partito. Proprio Moffa, in serata, ha annunciato l'addio al gruppo di Futuro e libertà. Dimissioni in polemica con Bocchino e anche con Fini, che definisce "incompatibile" con il ruolo di presidente della Camera.

In Aula malgrado tutto. La "stoica" presenza in Aula delle parlamentari incinte Giulia Cosenza, Federica Mogherini e Giulia Bongiorno (si temeva potessero mancare, ma una è arrivata in ambulanza, un'altra in sedia a rotelle) sembrava essere di buon auspicio per il passaggio della sfiducia (guarda le foto). La speranza è durata però poco: che qualcosa nel partito del presidente di Montecitorio stesse andando per il verso storto si è capito già durante le dichiarazioni di voto, quando, a sorpresa, la Siliquini ha preso la parola per lanciare un affondo contro Fini quasi più duro di quelli arrivati sino a quel momento dai banchi della maggioranza. Dopo un'incomprensibile offerta di voto a sostegno della sfiducia in cambio delle richiesta dimissioni di Bocchino da capogruppo, la "colomba" Moffa ha preferito disertare sia la prima che la seconda chiama. E se l'ex Idv Razzi ha votato senza esitazioni contro la possibilità di mandare a casa Berlusconi, gli auto proclamati "responsabili" Calearo, Cesario e Scilipoti hanno invece votato solo alla seconda chiama, rimarcando così al premier l'indispensabilità per la sua sopravvivenza del loro cambio di casacca. Ma in una seduta segnata da cori "dimissioni-dimissioni" rivolti a Fini (l'ex colonnello Gasparri gli ha anche mostrato l'indice), dallo sventolio di tricolori e insulti vari, a scatenare la bagarre più violenta è stato l'inaspettato voto di Catia Polidori a sostegno dell'esecutivo. Sono volate parole grosse e i deputati Fabio Granata (Fli) e Giorgio Conte (Pdl) sono venuti anche alle mani, costringendo il presidente a sospendere la seduta per qualche minuto.

Guarda le foto degli scontri in Aula - Il caso Polidori, il videoconfronto

Successo tattico. La vittoria di Berlusconi è solo tattica però perché, come gli ricordano a caldo i vari Bersani, Di Pietro, Fini e persino Bossi, senza maggioranza assoluta e con appena tre voti di scarto non si può governare. Anche perché Fli annuncia che "d'ora in poi saremo una falange macedone, un esercito compatto", in grado di mettere in minoranza il governo in qualsiasi momento, a iniziare dall'imminente voto di sfiducia al ministro Bondi per lo scandalo del crollo di Pompei.

Le avance della Lega. A questo punto entrano quindi in scena i tanti dubbi che la giornata di oggi lascia sul tavolo. Incertezze che passano quasi tutte attraverso le scelte di Lega e Udc, le due forze che seppure da posizioni opposte hanno in mano il pallino della crisi. Il ministro Maroni ha ricordato che la maggioranza ha vinto una "prova di forza", ma le elezioni restano "sullo sfondo", perché la Lega non vuole fare la fine del "governo Prodi" e per governare servono numeri più ampi. "Vedremo - ha aggiunto - se Berlusconi riuscirà ad allargare la maggioranza ai moderati". Dato per scontato che un rientro di Fli nella maggioranza appare impossibile, resta l'ipotesi Udc.

Bossi si è affrettato a spiegare che da parte della Lega non esistono veti, semmai "il problema del federalismo, ma non basta". Al di là delle timide aperture del Carroccio è ipotizzabile però un ingresso dei centristi nella maggioranza? Casini è rimasto a lungo in silenzio, senza commentare l'esito del voto. Certo, lo schiaffo preso in piena faccia da Fini complica le sue ambizioni "terzopoliste", ma è sufficiente a cancellare quattro anni di opposizione e i tanti, troppi motivi di incompatibilità con la Lega e la frangia più aziendalista del Pdl? Sullo sfondo restano quindi le elezioni anticipate.

Casini: "Se si vota andiamo da soli". Ora Berlusconi ha il dovere di governare, dice il leader Udc Pier Ferdinando Casini gelando per il momento le ipotesi di allargamento della maggioranza all'Udc. Dopo la fiducia ottenuta oggi in Parlamento, Berlusconi ha "il dovere di governare. Se non sarà in grado di farlo si è lasciata aperta solo una strada: costringere irresponsabilmente il Paese alle elezioni. Sia chiaro che in quel caso siamo pronti a presentare agli italiani una proposta di governo alternativa al Pdl e al Pd". Casini ha chiarito che questa proposta alternativa sarà "concertata con le altre personalità e con i parlamentari che hanno dato vita alla mozione di sfiducia con noi. Con Fini certamente".

Divisioni tra Pd e Idv. Per Di Pietro visto che "la maggioranza politica che sosteneva il presidente del Consiglio non c'è più, prima si va a votare e meglio è", ma il Pd continua a frenare.

Guarda l'intervento di Di Pietro in Aula

"Avevo detto che il massimo a cui poteva aspirare Berlusconi era una vittoria di Pirro - ha sottolineato il segretario democratico Bersani - Oggi c'è una maggioranza ristretta, l'opposizione si è allargata, il governo non ha la maggioranza assoluta e quindi c'è una situazione di instabilità conclamata e aggravata dovuta alla irresponsabilità di un capo di governo che non prende atto della situazione e cerca di sopravvivere con certi mezzi". "Noi - insiste Bersani - non cambiano di una virgola la nostra proposta, andare a votare adesso con questa legge elettorale facendo perdere un nuovo giro all'Italia è assurdo. La nostra è l'unica proposta seria in questo momento: governo istituzionale, legge elettorale e misure rapide a sostegno della grave situazione". Il Pd non deve guardardi però solo dai giochi in corso in parlamento, ma anche dall'attacco che arriva da fuori. Deve fare i conti infatti anche con l'attivisimo di Vendola. Il leader di Sinistra ecologia e libertà incalza e, dando in forte rialzo le possibilità di un voto anticipato a marzo, ricorda che "sono pronto a candidarmi alle primarie come premier del centrosinistra".

Fonte: Repubblica


17/12/2010 00:31
 
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SUPERSAGGIO
Fini: "Occasione persa, ma reagiamo"
Cei, appello di Bagnasco per il dialogo

Prima uscita pubblica del presidente della Camera dopo il voto di fiducia. Il presidente dei vescovi: "I politici devono essere animati da un pensiero onesto". Avvenire: "Terzo polo non sia terzo pasticcio". Casini: "Ne terrò conto". Di Pietro a Pd e Vendola: "Sposiamoci"

ROMA - "Lo dico con rammarico: è stata un'occasione perduta". Non si nasconde il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nella prima uscita pubblica dopo il fallimento della mozione di sfiducia contro il governo presentata dal suo gruppo a Montecitorio. Ma per il leader di Fli, la sconfitta non sminuisce la bontà del progetto di alternativa al governo Berlusconi: "Solo chi non vuole vincere non mette in conto una battuta d'arresto", dice il leader di Futuro e libertà, secondo cui "c'è il dovere civile di reagire: serve una nuova fase perché siamo in presenza di una promessa non mantenuta, di un fallimento". Il presidente della Camera non può fare a meno di punzecchiare i parlamentari che hanno lasciato il suo gruppo per votare a favore di Berlusconi: "La carne è debole e Berlusconi è un seduttore", osserva, "ma per qualcuno che esce tanti entrano". E a chi ha accusato gli esponenti Fli di "tradimento" del mandato elettorale, il leader del partito risponde osservando che "non si è mai visto qualcuno che con la volonta di tradire lascia il governo. Di solito si tradisce per andare al governo". Governo che, conclude Fini, non potrà continuare a lungo con una maggioranza risicata.

Bagnasco: "In politica serve dialogo". "C'è bisogno di apertura e dialogo nella famiglia, nella società, nelle articolazioni dello stato che altrimenti si inceppano" e questo "vale
anche per la politica". Ai tanti parlamentari che lo ascoltano in prima fila il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, lancia un severo monito. E torna a parlare dopo aver sottolineato, a fiducia del governo ottenuta, l'esigenza di un forte '''desiderio di governabilita', espresso in modo chiaro e democratico'''.

Ad ascoltarlo, durante la messa prenatalizia alla Sapienza a Roma, il leader centrista Pier Ferdinando Casini e gli esponenti del Pdl Carlo Giovanardi, Gaetano Quagliariello, Maurizio Gasparri. Ed è proprio Casini a giudicare positivamente le parole del cardinale. "Appello importante. Le sue sono state parole molto significative. La Chiesa e' un punto di riferimento importante per l'unita' dell'Italia e ci indica i valori comuni e i riferimenti validi per tutti'' dice il leader dell'Udc. E non è difficile ravvisare una sintonia di toni - si vedrà quanto unanime - tra la scelta di puntare su "un'opposizione responsabile che non grida" annunciata ieri dal neocostutuito terzo polo e il monito di Bagnasco.

L'invito del cardinale che presiede la conferenza dei vescovi italiani è a promuovere "un dialogo vero" che si realizza solo quando c'è la volontà di ascoltarsi. "Perché il dialogo non diventi una nebbia di parole - spiega bagnasco - deve rispettare alcune leggi: prima di tutto ci vuole la volontà di dialogare perché se la volontà è inquinata manca la voglia di ascoltarsi. Allora diventa un dialogo tra sordi, dove tutto è distorto e urlato nei toni e nelle parole".

Questo vale soprattutto "per il mondo politico che è chiamato ad essere un punto di riferimento dell'arte del dialogo" e i politici devono essere animati "da un pensiero onesto e dalla consapevolezza di rappresentare persone che vogliono guardare con fiducia a loro".

Avvenire e terzo polo. ''Occorre che chi e' in politica da cattolico si 'muova' e dimostri di avere idee, capacita' d'interlocuzione, punti di riferimento e obiettivi chiari. Dopo la stagione dei due pasticci (i poli di destra e di centrosinistra, n.d.r.), non c'e' bisogno di un terzo pasticcio, ma un 'di piu'', di un'azione convincente che indichi una volonta' e una prospettiva diverse''. il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio risponde così ad una lettera pubblicata sul quotidiano. "L'Udc ha agito spesso in questa legislatura da 'opposizione responsabile', ieri questa impostazione e' diventata -a parole e in qualche gesto- l'atteggiamento programmatico di un coordinamento parlamentare che riguarda un centinaio di deputati e senatori Udc, Api, Mpa e Fli. Alle radici di questo 'soggetto' ci sono i seri grumi di sospetto che anche lei ricorda (la storia politica di Gianfranco Fini e le posizioni assunte su importanti questioni valoriali da lui e da vari dei suoi), ma gli alberi, come sempre, si riconoscono dai frutti che danno. E questi contano''. Replica Casini: "Monito di cui tenere conto, e anche condivisibile".

E, per restare in tema di Terzo polo, i senatori di Fli Egidio Digilio, Giuseppe Valditara e Maurizio Saia negano di essere in procinto di essere in procinto di migrare verso la maggioranza.

Di Pietro a Sel e Pd: "Sposiamoci". Il leader di Idv, sull'onda della nascita del Polo della Nazione, lancia una proposta a democratici e Vendola. "Troviamoci anche noi, stabiliamo una piattaforma programmatica e presentiamola al Paese per dare vita ad un'alleanza alternativa a Berlusconi". "Il matrimonio è pronto - conclude l'ex magistrato di Mani Pulite - sposiamoci".

Fonte: Repubblica


17/12/2010 00:38
 
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La stampa straniera contro Berlusconi
"Nonostante la fiducia, ha fallito"

New York Times, Economist e Financial Times puntano il dito contro il premier. "Sconfitta personale". "E' aggrappato al potere con le unghie". "Probabili elezioni l'anno prossimo"

ROMA - Non basta la fiducia. Perché, nonostante sia ancora in sella il governo, Berlusconi è "scredidato, non ha più una maggioranza in grado di funzionare. Non è una situazione che l'italia può tollerare a lungo. Servono, e servono con urgenza, nuovi leader, nuove elezioni e uno stile di governo più onesto". Berlusconi ha fallito e il suo è "un fallimento personale". Questo il giudizio, sintetico e impietoso dei un editoriale del New York Times sulla situazione italiana.

Il quotidiano ricorda che "gli investitori sono nervosi sull'Italia". Certo il paese "non è la Grecia o l'Irlanda e il suo deficit è ancora gestibile" ma "anche prima della crisi finanziaria" la crescita economica era molto indietro rispetto a quella degli altri Stati europei "affondata da una corruzione pervasiva e da una pesantissima burocrazia ad ogni livello di governo". Berlusconi sinora ha sempre sostenuto di essere una scelta obbligata, cioè di essere l'unico "capace di tenere insieme le varie e disparate fazioni del centro-destra. Ora è incapace di fare persino questo". Considerato che dall'altra parte resta un centrosinistra "fratturato" al suo interno, "incapace di unirsi e formare un governo", il "fallimento di Berlusconi è personale". Dopo una serie di scandali personali o giudiziari, "si è alienato anche i suoi alleati politici più stretti". Il suo "restare in carica ha estenuato l'italia, indebolito il discorso pubblico, indebolito il governo della legge".

Duro anche l'affondo del Financial Times. Berlusconi deve avere delle "unghie resistenti", scrive oggi il quotidiano, riferendo su come il presidente del consiglio italiano sia riuscito, "tra la violenza nelle strade di roma e le risse in parlamento", a rimanere "aggrappato al potere" con il minimo scarto. Berlusconi può presentarsi come il vincitore, ma la sua "non è altro che una vittoria di pirro - sottolinea il Ft - perchè ha perso la maggioranza assoluta alla Camera e molti suoi ex colleghi sono oggi all'opposizione". Tuttavia, sebbene il governo sia in difficoltà, i suoi oppositori hanno poco da festeggiare, continua il quotidiano economico: "Il loro fallimento a trarne vantaggio serve solo a illuminare il loro scompiglio".

E titola "Aggrappato" (sotto un'irridente vignetta che ritrae il Cavaliere nudo attaccato a una colonna mentre sotto infuria la protesta) anche l'editoriale dell'Economist. Che descrive quanto accaduto il 14 dicembre - tra scontri e voto di fiducia una "giornata non bella per la democrazia parlamentare in Italia - per poi delineare un futuro incerto per Berlusconi, leader di "un governo di minoranza", destinato a barcamenarsi "di crisi in crisi e a racimolare giorno per giorno e legge per legge maggioranze raccogliticce". La sua unica speranza è di "andare avanti finché non ci siano i segni di una ripresa dell'economia e della sua popolarità personale". Il vero perdente, conclude il settimanale britannico, è Fini. "Ma anche il premier è stato gravemente indebolito. A meno che non riesca a concludere un accordo con l'Udc, sembra ancora probabile un'elezione l'anno prossimo".

Fonte: Repubblica


17/12/2010 23:33
 
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Premier: "Si riparte dai 5 punti"
"Prima giustizia e intercettazioni"

Il presidente del Consiglio annuncia di ripartire dai cinque punti del programma presentato a settembre e, soprattutto, dalla riforma della giustizia. "Sarà difficile realizzare la vera riforma della giustizia per fare dell'Italia un Paese veramente libero" ha detto Silvio Berlusconi. Altro punto che sta a cuore al premier è quello delle intercettazioni che "violano la privacy. Non è possibile non poter parlare liberamente al telefono".


Disposto ad allargare maggioranza a deputati Ppe
Intervenendo telefonicamente alla festa degli Amici del presidente del Molise, Michele Iorio, il premier si è detto anche disponibile ad allagare la maggioranza a quei deputati che militano in partiti aderenti al Ppe. "Ci sono cariche a disposizione - ha detto - ma non è calciomercato. La squadra di governo che ho è la migliore di tutta la storia della Repubblica, allargarla significa offrire una possibilità di arricchimento, coinvolgendo chi condivide il nostro programma".

"Fini diventato vice di Casini"
Silvio Berlusconi parla anche del co-fondatore del Pdl e della scissione di Futuro e Libertà. "Hanno voluto giocare allo sfascio sulla pelle degli italiani. Hanno cercato, con una congiura di palazzo, di rovesciare la volontà degli elettori. E così il tentativo di ribaltone di Fini e del Pd ha fatto sì che Fini stesso, in un anno, sia passato da erede di Berlusconi a vice di Casini".

"Andrò avanti fino al 2013"
Il premier è convinto che il suo governo arriverà fino al 2013 perché ha "le idee chiare e i numeri" e se questa situazione dovesse cambiare "i sottoporrà al giudizio del popolo". "Questa è stata la settimana della verità - ha detto a proposito del voto di fiducia incassato -. Sono stati smentiti tutti i pronostici e abbiamo avuto una vittoria politica. Ho la certezza di portare a termine la legislatura fino al 2013. I deputati saliti sul carro a guida Fini si sono trovati sul convoglio con destinazione sinistra". "Abbiamo sconfitto il tentativo di portare indietro l'Italia, alla prima repubblica. Abbiamo le idee chiare e i numeri. Se ciò dovesse cambiare ci sottoporremo al giudizio del popolo. Sono convinto che vinceremo ancora le elezioni".

Fonte: tgcom


20/12/2010 23:42
 
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Berlusconi: “Patto tra Fini e giudici sulle intercettazioni”.
Il leader Fli: “Barzellette”


Gianfranco Fini legato ai giudici tramite un “patto sulle intercettazioni”? Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, secondo il quale il presidente della Camera “è protetto dall’Associazione Nazionale Magistrati”. In cambio, il presidente della Camera avrebbe assicurato alla magistratura che in Parlamento non sarebbe passata la cosiddetta “legge bavaglio”. Il leader di Futuro e Libertà ha replicato dicendo che si tratta di “una delle solite barzellette” del premier.
Secondo il presidente del Consiglio c’è un accordo tra Fini e Anm in base al quale il presidente della Camera non farà niente contro i magistrati ed in cambio Fini e i suoi uomini ”saranno protetti”. Sarebbe questo il ragionamento fatto da Silvio Berlusconi durante il pranzo con gli europarlamentari del Pdl. In questo quadro, secondo quanto riferito da diversi partecipanti, si inserisce, a detta del premier, lo stop alla riforma delle intercettazioni.
Il Cavaliere ha circostanziato la sua “accusa”, sostenendo che il presidente dell’Anm, Luca Palamara, avrebbe consegnato quattro emendamenti a Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera. E proprio questa intesa sarebbe alla base dello stop subito dal decreto sulle intercettazioni, mai del tutto digerito dalla componente ex An ma che sta invece particolarmente a cuore al Cavaliere.
La Bongiorno da parte sua ha chiesto che il presidente del Consiglio smentisca le insinuazioni che le ha rivolto.

Fonte: blitzquotidiano


21/12/2010 00:04
 
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Fini, il “senzavoti”. Casini, il “belloccio”.
E per Berlusconi è tre volte Natale


Fini? “E’ nell’area del non voto”. Casini? “Piace alle signore e sta tanto in tv grazie alla par condicio, altrimenti…Comunque i cattolici non possono stare con la sinistra”. Il Pdl? “Sta nei sondaggi al 31 per cento”(il 15 dicembre era al 28). Silvio Berlusconi pranza con i suoi in un anticipo del cenone natalizio, si mostra convinto e sicuro di arrivare a mangiare la colomba pasquale da presidente del Consiglio, ma parla soprattutto di performance elettorali, sue e degli altri. E’ l’onda lunga del voto di fiducia del 14 dicembre, onda alta su cui il premier fa surf. Mare aperto o laguna morta che sia, le acque sono sue. Casini e i “cento” parlamentari del Terzo Polo o Polo della Nazione che dir si voglia se ne stanno su un’isola e non mettono nessuna barca in acqua. Non faranno assalti al governo, almeno fino a febbraio e forse anche per qualche altro mese ancora. Devono prima assicurarsi che altri “berluscones” non sbarchino nell’isola, l’ex finiano Moffa sta reclutando equipaggio per incursioni e “saccheggio”. Nella sua isola Casini ha chiuso anche i “porti”, niente ambascerie del Pd. Pd che sta su una zattera senza vele, la corrente spinge verso Vendola, il candidato premier che Berlusconi preferisce come avversario.

L’acqua è sua, di Berlusconi. E gli va per l’orto. Una sola prospettiva elettorale lo inquieta un po’. Ma è una prospettiva impossibile o quasi da realizzarsi e comunque ogni brezza spira contro. Numeri, immagine e sostanza alla mano, l’unica cosa che Berlusconi può vagamente temere, affondato il vascello del governo tecnico, è un confronto elettorale ravvicinato con “un altro Prodi”. Ma l’unico “altro Prodi” possibile è appunto Casini. Casini candidato premier di un’alleanza tra il Polo della Nazione e un Pd staccato da Vendola e Di Pietro. I numeri dicono che questa alleanza potrebbe fare quaranta per cento e passa nelle urne, più o meno quanto vale l’alleanza tra Berlusconi e Bossi. Ma sono numeri teorici, molto teorici e numeri fissi come stoccafissi gelati. A un’alleanza del genere buona parte della base elettorale del Pd non ci sta. Anche se Pd più Vendola e Di Pietro fa 37 e non quaranta per cento. E Casini con questi chiari di luna non se la sente, non noggi, forse domani, forse mai. Quindi Berlusconi incrocia tranquillo, se non sbatte in Parlamento contro lo scoglio federalismo, anche Bossi non disturba il timoniere-capitano. Capitano-timoniere che scommette come, a furia di girare intorno all’isola, quelli si convertono, imbarcano oppure si sfiniscono.

Non è dalla “politica” che possono venir guai per Berlusconi, non ora. Magari tenere a freno qualcuno dei suoi ministri che sfida la piazza, ma non è questa la cultura del premier. Magari evitare che il disagio sociale dei precari si sommi a quello dei disoccupati e cassa integrati, ma non è questa la cifra della sua politica. Magari preoccuparsi di una risalita dei tassi e degli interessi sul debito pubblico, ma non è questo che ha mai turbato i sonni del premier. E’ Natale, vero e pieno Natale per Berlusconi, sapori di festa tranquilla. Il Vaticano partecipa e benedice. E se a qualcuno “non piace il presepe”, peggio per lui: la stella cometa indica sempre la stessa grotta, quella di Arcore. Anche se le montagne, il fiume e il mulino sono di cartapesta e anche se pastori e zampognari accompagnano e allietano un gregge politico di lupi neanche travestiti da agnelli.

Fonte: blitzquotidiano


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