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Camera, passa la riforma Gelmini
Scontro sulle manganellate agli studenti

Il testo ottiene 307 sì e 252 no. Il ministro: "Le contestazioni? Colpa della demagogia dell'opposizione". Berlusconi: "Colpo mortale a parentopoli". Polemica sugli incidenti. Bersani: "Il governo ha perso la testa". Vendola: "Clima cileno". Maroni: "Le forze dell'ordine hanno agito con responsabilità". Duello sui tempi al Senato

ROMA - Mentre fuori dalla Camera vanno in scena le proteste degli studenti, con annesso corollario di manganellate e lanci di oggetti, dentro l’Aula di Montecitorio il governo prima soffre e poi riesce ad approvare la contestatissima riforma dell’università firmata dal ministro Maria Stella Gelmini (con 307 sì e 252 no). Lo fa mentre Silvio Berlusconi liquida sprezzatemente la protesta degli studenti, Umberto Bossi dice di capirla "almeno in parte" e maggioranza e opposizione litigano sulla responsabilità degli scontri di piazza. Con Vendola che evoca un clima "cileno", con La Russa che accusa l'opposizione "di strumentalizzare" la piazza e con il ministro Maroni che si difende: "Il cordone della polizia per blindare Montecitorio era indispensabile. Volevate che entrassero in transatlantico?".

Dopo il voto favorevole, la Gelmini ostenta soddisfazione: "L'approvazione della riforma è un fatto importante, una tra le più importanti della legislatura. Spiace averlo dovuto fare in un clima di tensione sociale". Per il ministro la colpa è "della incapacità del Pd e dell'opposizione di affrontare i problemi dell'università con senso di responsabilità ma solo con con la lente della demagogia o dell'ideologia".

Polemiche sugli scontri. "Mi pare che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si sono mossi in modo pacifico. Ha impressionato la città militarizzata, mai vista Roma così, e se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità del governo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paese". Così il leader Pd Pier Luigi Bersani attacca il governo, convinto che "non saranno in grado di portare a termine questa riforma nella sua applicazione". Per Bersani il fatto che il governo abbia detto che chi manifesta sta con i 'baroni' "è stato intollerabile e offensivo, e ha suscitato indignazione e ribellione. Stanno perdendo un po' la testa...". Dal governo, però, i toni sono diversi. "Non è pensabile è solidarizzare, come ha fatto la sinistra dai banchi parlamentari con gli atteggiamenti violenti che si sono registrati all'interno delle manifestazioni" attacca il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini se la prende con "gli estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti". Costoro, continua Fini, "non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili, ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra università". Durissima la reazione di Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia libertà, sulla gestione dell'ordine pubblico da parte del ministro dell'Interno, Roberto Maroni: "Roma è stata assediata da una vera e propria tenaglia militare, che ricorda altre epoche e altre capitali: Roma blindata e sequestrata come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet". Maroni, però, respinge le critiche: "Io ho il compito di gestire l'ordine pubblico e evitare incidenti e l'assalto ai luoghi sacri della democrazia, come avvenuto la scorsa settimana in Senato. E mi pare che tutto sta avvenendo con grande responsabilità delle forze dell'ordine che hanno subito violenza e stanno gestendo una situazione molto complicata". Ma anche i centristi, con Pier Ferdinando Casini, invitano alla cautela: "Chi protesta pacificamente non può Nessere liquidato con marchio del terrorista o dell'infame perchè questo non vuol dire avere equilibrio".

Stop sugli emendamenti. I finiani ancora una volta mettono in evidenza la loro 'insostituibilita per la tenuta parlamentare del governo. Il primo stop per l’esecutivo arriva su un emendamento di Fli sugli assegni di ricerca. Lo firma Fabio Granata e prevede che la norma non possa portare “oneri aggiuntivi” anziché “nuovi o maggiori oneri”. “Nulla di grave – replica la relatrice Paola Frassinetti – era solo un emendamento tecnico”.Poco dopo il copione si ripete. Con il governo che va sotto su tre emendamenti identici di Fli, Api e Pd che prevedono la soppressione della "clausola di salvaguardia". Sparisce così la norma che prevedeva una sorta di "commissariamento" per il Ministero dell'Istruzione da parte del ministero dell'Economia nel caso in cui si fossero verificati o fossero in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

Berlusconi: "Andate a studiare" "Gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso". Berlusconi liquida così la protesta degli studenti. Dipingendoli come una minoranza di facinorosi quelli che da giorni non lesinano energie per bloccare la contestata riforma. Parole a cui il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani replica sibillinamente: "Non riapriamo il tema di chi è fuori corso perchè creerebbe nella maggioranza più imbarazzi di quelli provocati da Wikileaks". Il premier, però, difende la riforma. "Favorisce gli studenti, i professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l'università - continua il premier - meglio di così non si poteva fare". Poi, dopo il voto, dirà: "Altro obiettivo raggiunto, la riforma è un colpo mortale a parentopoli. Siamo il governo del fare"

Norme anti-parentopoli. Passa, con il voto di maggioranza e opposizione (Idv esclusa), la cosiddetta norma "anti-parentopoli". Saranno esclusi dalla chiamata candidati che siano parenti e affini "fino al quarto grado compreso, un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata; o con il rettore, il direttore generale o con un consigliere di amministrazione dell'ateneo".

Scatti. Approvato l'emendamento, proposto da Fli, che ripristina gli scatti meritocratici per professori e ricercatori meritevoli. Un testo che "autorizza la spesa di 18 milioni di euro per l'anno 2011 e di 50 milioni per gli anni 2012 e 2013".

Assunzione professori. Via libera all'emendamento, oggetto di scontro tra Fli e governo, che prevede l'assunzione di 1500 associati all'anno per gli anni 2011, 2012, 2013. Protestano le opposizioni sostenendo che si tratta di una "presa in giro" in quanto le risorse che coprono la norma in questione sono contenute nel ddl stabilità ancora all'esame del Senato in seconda lettura.

L'altolà del Pd sui tempi. "Schifani vorrebbe arrivare all'approvazione definitiva del ddl al Senato prima del 13 dicembre. Noi abbiamo risposto chiaramente che, in questo caso, salterebbe ogni accordo sui tempi per l'approvazione del ddl di stabilità. Ricordo che in Commissione sul ddl di stabilità il Pd ha presentato solo 19 emendamenti su 300". Il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, al termine della Conferenza dei capigruppo del Senato, avverte la maggioranza. Sapendo che una calendarizzazione accelerata sul ddl università sarebbe possibile solo con l'unanimità dei gruppi. La conferenza dei capigruppo ha rinviato ogni decisione a giovedì mattina. Ma il ministro Gelmini avverte: "Se vi sarà la volontà politica da parte della maggioranza, ci sono i tempi per approvare la riforma dell'Università prima del 14 dicembre".

Fonte: Repubblica


02/12/2010 23:43
 
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Università, slitta il voto al Senato
In Aula dopo dibattito su fiducia

La decisione presa dalla conferenza dei capigruppo. Forte l'opposizione delle minoranze contro l'ipotesi di calendarizzazione prima del 14 dicembre. Gelmini ottimista: "Ddl sarà legge entro l'anno"

ROMA - La riforma dell'università sarà discussa in aula al Senato dopo il dibattito sulla fiducia previsto per martedì 14 dicembre: lo ha deciso la conferenza dei capigruppo. L'opposizione ha confermato la sua dura opposizione alla proposta del presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, di approvare la riforma entro la prossima settimana, cioè prima del dibattito sulla fiducia.


Sarà una conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, convocata per il 14 dicembre, a decidere la calendarizzazione del ddl Gelmini, hanno detto la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, e Gasparri. È la proposta di mediazione che, spiega l'esponente del Pdl, è stata fatta "in conferenza dei capigruppo dal presidente Schifani". Quindi, aggiunge, "il 14 decideremo sulla calendarizzazione del provvedimento".

Una dura battaglia. La battaglia per impedire la calendarizzazione del ddl Gelmini prima del voto di fiducia "è stata dura". Parola di Anna Finocchiaro, soddisfatta per l'esito della conferenza dei capigruppo. Finocchiaro ha spiegato che la calendarizzazione del ddl ci sarà dopo il 14 "ammesso che il governo sia ancora nelle sue funzioni". Si è tentata una mediazione con il capogruppo di Fli Pasquale Viespoli che ha proposto "di far lavorare intanto la commissione Istruzione" soltanto con delle audizioni. Certo "nessuno potrà impedire al presidente della commissione Istruzione di convocarla, ma noi non ci fidiamo e se avremo il sentore che in commissione si passi a esaminare il provvedimento questo non potrà non avere ripercussioni sui tempi dell'esame della legge di stabilità".

"Buona notizia". ''La decisione di rinviare la riforma universitaria a dopo il 14 dicembre è una buona notizia - commenta il deputato finiano Fabio Granata - 'Serve serenità e stabilità politica, sia per migliorare la riforma, sia per dare voce e ascolto alle imponenti manifestazioni di questi giorni''.

Piano della maggioranza alle ortiche. "Alle ortiche il piano della maggioranza di anticipare la discussione in Aula di una riforma sbagliata e senza coperture prima del voto di fiducia. Il Pdl ha cercato di mostrare i muscoli, ma non ci siamo lasciati impressionare", ha commentato il presidente del Gruppo IdV, Felice Belisario, al termine della conferenza dei capigruppo al Senato. "Siamo soddisfatti perché oggi siamo riusciti, nel rispetto delle procedure parlamentari, a bloccare un ddl politicamente inaccettabile e socialmente pericoloso che il ministro dell'Istruzione si ostina a definire 'epocale', ma che in realtà - conclude Belisario - distrugge l'Università pubblica, il diritto allo studio, la ricerca e le prospettive dei giovani".

La reazione del ministro Gelmini. ''L'opposizione, per motivi di pura propaganda politica, mette a rischio provvedimenti urgenti e indispensabili per l'università italiana. Senza l'approvazione rapida del ddl non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi'', è il commento del ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. ''Sono comunque fiduciosa: il 14 dicembre il governo Berlusconi incasserà la fiducia del Parlamento e il ddl diventerà legge entro l'anno. Il governo Berlusconi potrà dunque proseguire la sua opera riformatrice nell'interesse del Paese'', conclude.

Unione degli Universitari: "Vittoria studenti". "Una grande vittoria degli studenti e dei ricercatori, il risultato di un anno di mobilitazione che mese per mese ha alzato la sua voce". L'Udu, Unione degli Universitari, è soddisfatto della decisione di rinviare il voto. "Dal 28 ottobre dello scorso anno abbiamo occupato le facoltà, presidiato i tetti, riempito le piazze e le strade fino a bloccare il Paese. Questo ennesimo rinvio rappresenta una sfiducia della Gelmini ancora prima del 14. Il ritiro del ddl e le dimissioni della Gelmini ci sembrano, quindi, scelte obbligate". "Di certo -annuncia l'Udu - le nostre mobilitazioni non si fermeranno, anzi continueranno fino al ritiro del ddl, perché abbiamo un'idea migliore di università pubblica per il futuro del paese che vogliamo portare oltre il 14 dicembre".

Fonte: Repubblica


23/12/2010 00:24
 
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Riforma Università, Pd e Idv fanno ostruzionismo al Senato.
Il voto sul ddl Gelmini slitta di un giorno


La riforma universitaria sarà votata in Senato il 23 dicembre: la querelle che sta andando avanti da due giorni tra maggioranza e opposizione non si è chiusa il 22 dicembre per l’ostruzionismo esercitato tra i banchi del centrosinistra. La seduta è stata già sospesa più volte dal presidente di turno a Palazzo Madama.
Verso le 18,30 la tensione è arrivata alle stelle: i gruppi di opposizione hanno contestato vivacemente la decisione della conferenza dei capigruppo di concedere soltanto un minuto a ogni gruppo parlamentare per intervenire su ogni singolo emendamento. La seduta è stata sospesa intorno alle 18,40 dal presidente di turno Domenico Nania dopo l’ennesima contestazione delle opposizioni.
Alla fine l’ostruzionismo è finito e il voto è slittato definitivamente al 23 dicembre. Lo spostamento è stato deciso dopo che hanno preso la parola la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, il suo collega dell’Italia dei Valori, Felice Belisario, e il capogruppo del PdL, Maurizio Gasparri.

La Finocchiaro ha rinnovato le accuse alle procedure legislative seguite sul ddl Gelmini che hanno provocato “una torsione del procedimento”. Ha anche criticato la decisione del presidente Schifani di concedere un solo minuto per gruppo per il voto di ogni singolo emendamento. “Se davvero volessimo impaludare questa discussione – ha ammonito – siamo ben in grado di farlo. Noi invece diciamo semplicemente: lasciateci discutere questa legge con i nostri argomenti e già domani, alle 13, si può votare in diretta televisiva perché tutto il Paese possa conoscere e sapere quanto di sbagliato c’è in questo provvedimento”.

Dopo lo scontro del 21 dicembre sulle norme contestate dall’opposizione, con l’annullamento delle votazioni nelle quali la vicepresidente di turno Rosy Mauro (Lega) aveva proclamato l’approvazione di quattro emendamenti delle opposizioni, la Giunta del Regolamento di Palazzo Madama ha deciso a maggioranza di rinviare all’aula la decisione di un eventuale intervento di “coordinamento testi”. In pratica, governo e maggioranza hanno chiuso a ogni modifica del ddl che possa costringere a un nuovo passaggio alla Camera.

Intanto però Pd e Idv hanno attivato una battaglia ostruzionistica in aula nel corso delle votazioni sugli emendamenti e sugli articoli, attraverso l’escamotage della dichiarazione di voto a nome del gruppo seguita da interventi “in dissenso dal gruppo” di singoli senatori. I tempi per gli oratori di ciascuna formazione però sono contingentati, quindi l’opposizione può prolungare solo fino a un certo punto i lavori.

Se nemmeno in nottata il ddl venisse approvato, è prevista una eventuale seduta la mattina del 23 dicembre. “Certamente non siamo aiutati nella conclusione dei lavori, ma la maggioranza è solida. Forse con qualche ora di lavoro in più, il provvedimento sarà approvato”, ha assicurato il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.

Fonte: blitzquotidiano


23/12/2010 22:39
 
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Università, via libera alla riforma
Napolitano: "Ascolto ma decide il Governo"

A Palazzo Madama ok definitivo al ddl Gelmini.
Durissimo scontro in aula tra maggioranza e Pd con insulti alla presidente Finocchiaro.
Gasparri costretto a chiedere scusa. Il Terzo Polo vota diviso.
Gli studenti: "Esito scontato, ma la protesta non si ferma".


ROMA - Il Senato ha approvato la riforma dell'Università. I voti favorevoli sono stati 161, i contrari 98 e 6 gli astenuti. Hanno votato a favore Pdl, Lega e Fli. Hanno votato contro Pd e Idv. Si sono astenuti (anche se al Senato vale come voto contrario) Udc, Api, Svp e Union Valdotaine. Alla prima prova in aula, il neonato Terzo Polo non è riuscito quindi a trovare una posizione comune, complice anche il fatto che i quattro schieramenti principali che lo compongono alla Camera avevano votato in maniera diversa. Il 30 novembre, l'Api di Rutelli si era astenuto mentre Fli e Mpa avevano votato a favore e l'Udc aveva votato contro. Intanto il capo dello Stato Giorgio Napolitano, dopo l'incontro con il movimento degli studenti, specifica: "Io ascolto a 360 gradi ma astenendomi
dall'esprimere qualsiasi opinione di merito su scelte legislative che appartengono alle responsabilità del governo e del Parlamento".

Il testo di legge dovrà essere ora promulgato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale prima di entrare in vigore anche se per essere effettivamente operativo avrà bisogno di una cinquantina di decreti attuativi. Il via libera di Palazzo Madama è arrivato come previsto a metà pomeriggio, ma l'accordo siglato ieri tra maggioranza e opposizione per garantire tempi certi all'approvazione del ddl Gelmini ha rischiato di saltare proprio sul filo di lana. La dichiarazione di voto della capogruppo del Pd Anna Finocchiaro è stata infatti ripetutamente interrotta dagli insulti della Lega, mandando su tutte le furie la presidente dei senatori democratici.

"Signor presidente - ha tuonato la Finocchiaro rivolta a Schifani - lei non può permettere che io venga insultata. Annuncio il voto contrario del Pd". "Abbiamo ancora 110 voti per il coordinamento formale", ha poi aggiunto facendo capire che il Pd aveva ancora delle risorse per creare problemi all'approvazione della norma. La sfilza degli interventi a disposizione dell'opposizione è poi effettivamente iniziata, ma si è poi fermata quando da parte del presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri sono arrivate scuse formali a nome di tutto il gruppo alla Finocchiaro.

La riforma Gelmini è composta da 29 articoli che cambieranno il volto gestionale
ed organizzativo dei 66 atenei pubblici italiani. Ad iniziare dai rinnovati cda, i quali verranno caricati di maggiori responsabilità su assunzioni e spese, anche delle sedi distaccate, ma anche di più rappresentanze di privati (40%) al fine, secondo gli ideatori del ddl, di garantire una valutazione oggettiva e imparziale.

Vai alla scheda della riforma

Vengono poi introdotti i ricercatori a tempo (al massimo due contratti consecutivi di 3 anni ciascuno), ma anche le valutazioni dei docenti con l'obbligo di relazione triennale e il limite per i docenti ordinari di rimanere in cattedra non oltre i 70 anni. Vengono introdotte poi nuove modalità di gestione dei concorsi: d'ora in poi i commissari "interni" avranno una rappresentanza minima (solo un componente) e arrivano le commissioni di abilitazione nazionale, con presenza anche di prof stranieri.

La riforma introduce, inoltre, la fusione o la federazione degli atenei (massimo 12 facoltà ciascuno) con meno iscritti o settori di attività simili e meno finanziamenti a quelli che non produrranno qualità (a valutare saranno anche gli studenti). Si introducono anche direttori generali, che diventeranno veri e propri manager dell'ateneo. Novità pure sul fronte dei bilanci, che dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Spariscono, invece, le borse post-dottorali.

L'ok definitivo al ddl Gelmini è stato accolto con un sospiro di sollievo e grande soddisfazione dalla maggioranza. Il presidente dei senatori Pdl Gasparri l'ha definita "un passaggio chiave della legislatura" e il minstro Sacconi nientemeno che "la fine della ricreazione iniziata nel 1968". Quanto alla copertura finanziaria delal riforma, il ministro Gelmini assicura: "Ho i soldi, è stato stanziato un miliardo di euro nella legge di stabilità che è sufficiente per garantire le spese di funzionamento e il riconoscimento degli scatti meritocratici ai ricercatori e ai professori. E ci sono 125 milioni di euro per le borse di studio. Mi pare siano risorse significative, che determineranno l'entrata in vigore della legge sul piano concreto".

Per quel che riguarda poi i tempi, secondo il ministro "è già stato predisposto il decreto attuativo per il reclutamento con la promozione attraverso un concorso di 1.500 posti da professore associato. Nel prossimo Consiglio dei ministri presenteremo il provvedimento e nell'arco di sei mesi tutti i regolamenti e i decreti previsti per l'attuazione della riforma saranno ultimati".

Duro invece il parere del Pd che definisce la nuova norma "una foglia di fico sui tagli imposti dal governo all'università". L'accusa più forte dell'opposizione è infatti quella di "risparmiare drasticamente sulle università pubbliche" mentre "si elargisce generosamente nei confronti degli atenei telematici e privati".

Intanto, anche dopo l'approvazione, i collettivi studenteschi annunciano che la mobilitazione non si fermerà. "Sapevamo che ormai dentro il Parlamento non c'erano più margini - commentano le studentesse e gli studenti di Link-Coordinamento Universitario - ma la battaglia non è finita. I tanti cortei di ieri l'hanno dimostrato: questo movimento riesce a mobilitare centinaia di migliaia di studenti fino a 3 giorni prima di Natale, ben al di là delle canoniche manifestazioni autunnali. In questi mesi è successo un fatto storico: un'intera generazione di studenti e lavoratori ha deciso di prendere in mano il proprio destino, è intervenuta con una forza e una determinazione senza precedenti sullo scenario politico, è riuscita a bloccare l'Italia per porre i temi dell'università pubblica, della precarietà del lavoro, del futuro rubato al centro del dibattito pubblico. E non ci fermeremo".

Fonte: Repubblica


31/12/2010 19:20
 
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Colle promulga riforma, 'alcuni punti da chiarire'
Università, criticita' da correggere con ampio confronto. Gelmini: terremo conto osservazioni

di Alberto Spampinato

ROMA - C'e' un comma contradditorio, da sopprimere, sul ruolo di professore aggregato. C'e' poca coerenza nel riservare borse di studio su base territoriale. C'e' ''dubbia ragionevolezza'' nel vincolare i contratti di insegnamento in base al reddito degli aspiranti. Ci sono formulazioni equivoche. Giorgio Napolitano ha segnato con la matita rossa e blu queste e altre pecche della legge di riforma universitaria approvata il 23 dicembre. Ma ha deciso di promulgarla. Contestualmente ha inviato al premier Berlusconi una lettera in cui segnala queste e altre criticita' e chiede in fase di attuazione di correggerle ''cercando un costruttivo confronto con tutte le parti interessate. Nella lettera a Berlusconi, resa nota dal Quirinale, il capo dello Stato spiega di non aver ravvisato ''motivi evidenti e gravi'' per rinviare alle Camere una legge cosi' faticosamente approvata e la cui attuazione ''del resto'' prevede numerosi passaggi nel corso dei quali le criticita' potranno essere corrette.

Napolitano fa appello alla iniziativa del governo per apportare le correzioni e anche per attuare gli incisivi richiami contenuti negli ordini del giorno approvati, e che contengono ''precise indicazioni anche integrative, sul piano dei contenuti e delle risorse. A caldo, il ministro Gelmini ha annunciato che i richiami di Napolitano saranno accolti dal governo. Consenso a Napolitano e' venuto dal Pd e dal Pdl. Consenso anche da Giuseppe Valditara (Fli), relatore al Senato, che propone un decreto correttivo. Ma e' evidente che la scelta del Colle di dire un ''si' pero''' delude' i piu' critici, fra i quali alcuni esponenti del movimento degli studenti, che lo avevano sollecitato a negare la firma. Nel prendere atto della decisione del Capo dello Stato, il leader dell'Idv Antonio Di Pietro ha osservato: ''Resta il fatto che riteniamo questo provvedimento ingiusto, iniquo ed incostituzionale''..

La via scelta dal presidente della Repubblica non e' nuova. Ci sono due precedenti. Il 15 luglio 2009, Napolitano promulgo' il pacchetto sicurezza accompagnando la firma con una lettera ai presidenti delle Camere. Nel Ddl c'erano norme con criticita' (le ronde, il reato di immigrazione clandestina) ma c'erano anche le nuove piu' incisive norme antimafia e per non ritardarne l'applicazione Napolitano firmo', invitando a correggere in fase di attuazione la parte criticabile. L'altro precedente e' del 22 maggio scorso, quando Napolitano ha promulgato il decreto incentivi con una lettera di motivazione indirizzata ai presidenti delle Camere. Anche stavolta c'era un'accozzaglia di provvedimenti, alcuni poco coerenti, ma c'erano anche le nuove misure per la lotta all'evasione fiscale, e Napolitano non se la senti' di rimandarne l'entrata in vigore. Lo disse nella lettera, esprimendo amarezza per un modo di legiferare con decreti omnibus eterogenei e disomogenei. Non firmero' piu' simili provvedimenti, dichiaro' sollecitando ''il senso di responsabilita''' del Governo e del Parlamento. Il 31 marzo scorso, quando gli fu inviata per la promulgazione la legge sull'arbitrato per le cause di lavoro, Napolitano non ebbe dubbi. Rifiuto' la firma. La rinvio' alle Camere ritenendola ''incoerente'' rispetto alle norme vigenti, ''estremamente eterogenea'' e tale da produrre guai in una materia ''di indubbia delicatezza sul piano sociale''

Fonte: ANSA


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