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SUPERSAGGIO
E' ai vertici del clan di corso dei Mille, condannato per via d'Amelio
Avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella fase attuativa degli attentati

Inchiesta sulle stragi mafiose del '93-'94
arresto in carcere per il boss Tagliavia

I magistrati: "Determinanti le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza"


FIRENZE - Un'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Francesco Tagliavia, 56 anni, già detenuto, nell'ambito delle indagini dirette dalla direzione distrettuale antimafia fiorentina sulle stragi mafiose del 1993-1994 a Firenze, Roma e Milano. Il boss è tra i condannati all'ergastolo per la strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, nella quale morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Determinanti -secondo i giudici - le indicazioni di Gaspare Spatuzza, mafioso noto per le sue accuse al presidente del Consiglio. "Lo abbiamo sempre ritenuto attendibile" ha detto il procuratore capo fiorentino, Giuseppe Quattrocchi.

Arrestato nel 1993, Tagliavia è attualmente detenuto nel carcere di Viterbo dove oggi gli è stata notificata l'ordinanza. E' indagato per strage, devastazione, detenzione di un ingente quantitativo di materiale esplosivo, in concorso con altre persone, tra le quali Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, Matteo Messina Denaro, Bernardo Provenzano, Salvatore Riina e Vittorio Tutino, tutti già condannati per l'inchiesta fiorentina sulla campagna stragista di Cosa nostra in continente. Le indagini riguardano le autobombe che esplosero a Firenze, Milano e Roma, rispettivamente il 27 maggio, il 27 luglio e il 28 luglio del 1993 - causando 10 morti, 95 feriti e danni enormi al patrimonio artistico e religioso -, e i falliti attentati a Maurizio Costanzo a Roma (14 maggio 1993), allo stadio Olimpico (23 gennaio 1994) e al pentito Totuccio Contorno a Formello (14 aprile 1994).

In particolare, gli inquirenti contestano a Tagliavia di aver contribuito alla realizzazione degli attentati anche grazie al suo ruolo ai vertici della famiglia di Corso dei Mille, all'organizzazione dei fatti di strage, e alla gestione della fase attuativa dei delitti, mettendo a disposizione alcuni esecutori e finanziandone le trasferte.

Alla nuova ordinanza si è arrivati dopo oltre due anni di indagini - dirette dalla procura della Repubblica di Firenze e svolte dalla Dia di Firenze in collaborazione con i centri operativi della Direzione investigativa antimafia di Roma e Palermo - che hanno interessato Toscana, Sicilia, Lombardia, Abruzzo, Lazio e Marche. Nel corso dell'operazione sono state eseguite perquisizioni a Palermo, L'Aquila, Padova e Parma, nei confronti di soggetti "del contesto relazionale dell'indagato", con la collaborazione dei Centri operativi Dia di Padova, Roma e Palermo e di personale della polizia penitenziaria.

Fonte: Repubblica


04/02/2011 00:22
 
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SUPERSAGGIO
Stragi '93, parla Spatuzza
"Chiedo perdono a questa città"

Si è conclusa nell'aula bunker di Firenze l'udienza in cui il pentito ha deposto come testimone nell'ambito del processo sulle stragi mafiose: "Nel nostro gergo un attentato si chiamava bingo", ha rivelato, per poi citare Berlusconi e Dell'Utri: "Il loro nome fu fatto da Graviano". E poi: "Sentivo malessere per le bambine uccise a Firenze". In aula anche gli studenti di una scuola superiore

"Chiedo perdono a questa città che ho sfregiato". Così Gaspare Spatuzza chiamato oggi a deporre nel processo per le stragi del '93. "Un perdono che può non essere accettato - ha dichiarato il pentito - può essere strumentalizzato, ma dovevo farlo". Appena aperta l'udienza oggi a Firenze, Spatuzza è entrato nell'aula bunker e ha esordito davanti ai pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi: "Anzitutto buongiorno e che sia un buon giorno per tutti". Unico imputato è il boss Francesco Tagliavia. In aula anche un gruppo di studenti delle scuole medie superiori.

Il processo Le stragi del '93

Ore 17.40
Si è conclusa alle 17.20 l'udienza nell'aula bunker di Firenze in cui Gaspare Spatuzza ha deposto come testimone nell'ambito del processo per le stragi mafiose del '93. Il pentito ha risposto alle domande dei pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi e alle parti civili. Il contro esame della difesa di Tagliavia, oggi appena avviato, proseguirà nella prossima udienza, fissata per il 9 febbraio.

Ore 17.19
La presidente dell'Associazione famigliari vittime di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, commenta le dichiarazioni di Spatuzza: "Solo un processo sui mandanti esterni a Cosa Nostra potrà chiarire una buona volta come sono andate le cose in Italia in quel 1993". "Tralasciando i de relato - spiega poi - quando il collaborante parla di 'trattativa', non possiamo demandare a tempi migliori. Quello che noi abbiamo capito, secondo Spatuzza naturalmente, è che Cosa nostra ha trattato con pezzi dello Stato sul 41 bis e altro, non ha ottenuto nulla dalle vecchie forze in campo, si è rivolta quindi a forze nuove che hanno promesso e a questo punto ha deciso di dare un colpo di grazia a chi non aveva mantenuto e il colpo di grazia doveva essere un attentato all'Olimpico. Cosa nostra voleva uccidere 100 carabinieri per dare il colpo di grazia a chi fino a quel momento aveva trattato con lei, e aveva fallito". "E allora - continua Maggiani Chelli - va da sé che noi non possiamo non interrogarci ancora una volta su quel passaggio di mafiosi da 41 bis a carcere normale alla fine del 1993, che verteva a fermare le stragi, ed è vero forse che la strage dell'Olimpico quei passaggi da 41 bis l'hanno fermata, ma nulla si fece per fermare la strage di via dei Georgofili e le altre di luglio. Sempre più angosciati invochiamo un processo sui mandanti esterni a Cosa nostra per la strage del 27 maggio 1993, dando nuovamente la parola a Brusca Giovanni affinchè faccia il suo dovere e dica tutto quello che sa".

Ore 16.44
Spiegando il suo percorso di collaborazione, Spatuzza ha detto: "Mi sono inginocchiato davanti allo Stato e ho chiesto perdono e sono qui a dimostrarlo. Avevo tanta paura. Entravo in conflitto con la magistratura per un processo chiuso da 18 anni (quello di via d'Amelio) con i servi segreti, con la politica. Non ho detto tutto subito. Giuridicamente ho sbagliato ed è giusto che sia punito dallo Stato, che mi nega il programma di protezione. Moralmente credo di aver fatto la cosa più giusta".

Ore 15.58
Sempre su Graviano: "Quando Giuseppe Graviano disse: 'meglio che ci portiamo dietro un po' di morti perché così si smuovono', capii che c'era qualcosa in atto. Cosa Nostra non è così imbecille da andare in guerra senza spalle coperte"

Ore 15.56
Il pentito: "Parlo di Giuseppe Graviano come di un padre nel senso che ho preso la mia vita e l'ho messa nelle sue mani e mi ha fatto diventare carne da macello. Solo un pazzo può andare dietro a Giuseppe Graviano e alla sua mente perversa. Lo chiamavano 'Madre Natura': non siamo nemmeno degni di vivere a paragonarlo a Madre Natura. Era per il suo carisma. Era il signore. La sua persona come potenza, come un Dio da adorare".

Ore 15.35
In un incontro con altri mafiosi, Pietro Romeo e Francesco Giuliano, Gaspare Spatuzza ha raccontato di averli dovuto tranquillizzare dicendo che i Graviano "avevano puntato molto su questo soggetto politico che si stava formando, Forza Italia e Berlusconi". Spatuzza l'ha detto ricordando che, in particolare Giuliano, alcuni esprimevano dubbi sull'opportunità delle stragi. "Così in una confidenza a tutti e due, Romeo e Giuliano, dissi a entrambi per tranquillizzarli che 'siamo in mani buone', siccome era nato questo soggetto politico che si chiama Forza Italia".

Ore 15.25
Spatuzza ha spiegato: "Dissi che 'quei morti non ci appartengono' perchè sentivo malessere per le bambine uccise a Firenze. Capaci ci appartiene, via d'Amelio ci appartiene, ma i morti di Firenze, di Milano, i carabinieri no".

Ore 15.10
Spatuzza dice di aver ricevuto, prima degli attentati a Roma e Milano, cinque lettere da Cannella, con il mandato di imbucarle il giorno prima delle esplosioni. "Affidai il compito a Lo Nigro" ha detto Spatuzza. "Alcune lettere erano indirizzate a quotidiani" ha spiegato il pentito, che ha detto di non averne conosciuto il contenuto. "Solo dopo ho saputo che contenevano gravissime minacce".

Ore 14.55
L'udienza è ripresa dopo una pausa di circa mezz'ora. Il racconto di Spatuzza arriva agli impegni economici: "Il villaggio Euromare lo costruì mio cugino Domenico Sanseverino con il papà dei Graviano. Poi Sanseverino fu arrestato e Tullio Cannella si impadronì di tutto (Il villaggio) e ha fatto le scarpe ai fratelli Graviano. La sua salvezza è stata che doveva dei soldi ai Graviano e non glieli dava. Se avesse finito di pagare lo avrebbero ucciso".

Ore 13.38
Il pentito racconta dell'incontro avvenuto con Giuseppe Graviano al bar Doney a Roma nel gennaio del '94. "Ho visto che Graviano era gioioso, felice. Mi disse: 'Abbiamo chiuso tutto e ottenuto tutto quello che cercavamo grazie alla serietà delle persone che avevano portato avanti questa cosa, non come quei socialisti che ci avevano venduto'. E mi fece il nome di Berlusconi, la persona di Canale 5 e mi spiegò che dietro c'era un nostro paesano, Dell'Utri. 'Ci siamo messi il Paese nelle mani' aggiunse. Allora io dissi: 'Occupiamoci di contorno'. Ma lui rispose: 'Un attimo, l'attentato ai carabinieri lo dobbiamo fare perchè dobbiamo dare il colpo di grazia'.

Ore 13.16
Spatuzza racconta: "A fine del '93 Giuseppe Graviano mi dice: 'Bisogna fare un attentato ai carabinieri'. Io obietto: 'Non è che ci siamo portati dietro un po' di morti che non ci appartengono?'. Giuseppe Graviano ha notato la mia debolezza e avere il cuore è una debolezza per Cosa Nostra. Allora ha detto: 'E' bene che ci portiamo dietro un po' di morti. Capite qualcosa di politica? E' in piedi una situazione che se va a buon fine sarà un bene per tutti soprattutto per i carcerati'. In seguito avvenne qualcosa di anomalo e Giuseppe Graviano disse di aumentare la potenza della bomba e perciò abbiamo utilizzato una tecnica che nemmeno i Talebani. Abbiamo aggiunto un bel po' di chili di tondini di ferro".

Ore 13.11
Spatuzza: "Se avessi perdonato Salvatore Contorno, che aveva ucciso mio fratello, non avrei rovinato la vita mia e della mia famiglia. Attraverso il perdono si raggiunge la fratellanza".

Ore 12.48
Spatuzza ha ricostruito la stagione stragista di Cosa Nostra. Dopo aver riferito dell'attentato di Firenze, ha ricostruito quelli di Roma e Milano del 27 e 28 luglio '93. Nella capitale le chiese di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano e a Milano il padiglione di arte contemporanea, con 5 morti. "Tutti gli attentati sono stati pianificati da Giuseppe Graviano" ha detto il pentito, che poi ha aggiunto: "Nel nostro gergo un attentato di chiamava 'bingo'".

Ore 11.46
Quanto al perdono chiesto da Spatuzza, intanto, dall'Associazione famigliari vittime di via dei Georgofili arriva un no risoluto: "Bisogna che si rassegni, il nostro perdono non glielo daremo mai - ha risposto la presidente Giovanna Maggiani Chelli - mi sono consultata anche con i parenti delle altre vittime, non ci riusciremo mai". "Siamo con Spatuzza - ha aggiunto Maggiani Chelli - come collaboratore di giustizia, ma il perdono glielo darà Dio, quel Dio in cui lui crede. Ma non saremo noi quelli che lo aiuteranno ad andare in Paradiso".

Ore 11.37
Nella villetta in cui si svolse l'incontro per organizzare l'attentato a Firenze, ha raccontato Spatuzza, c'erano Giuseppe Graviano, Francesco Tagliavia, Matteo Messina Denaro, Barranca e Giuliano. "Graviano - racconta Spatuzza - mi comunica che siamo lì per mettere a punto un attentato. Sul tavolo ci sono dei libri con figure artistiche, dei monumenti, delle fotografie. Per quello che ho capito loro avevano già fatto sopralluoghi a Firenze, parlavano di quei posti come se fossero già a conoscenza". Su richiesta di precisare da parte del presidente Nicola Pisano, Spatuzza ha confermato che in quella riunione i boss stavano studiano "monumenti di Firenze".

Ore 10.55
Spatuzza ha cominciato così: "Nel maggio del 1993 sono arrivato in questa città da terrorista, il nostro obiettivo era di colpirla al cuore e ci siamo riusciti. Oggi, 18 anni dopo, vengo qui come collaboratore di giustizia, come uomo e come pentito e intendo chiedere perdono a questa città che ho sfregiato..."

Ore 10.21
Spatuzza è arrivato nell'aula bunker di Firenze, dove si svolge il processo a Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili e gli attentati che insanguinarono l'estate del 1993, scortato da 7 agenti coperti da 'mefistò per motivi di sicurezza. Lui stesso è stato fatto accomodare su una sedia circondata da paraventi. Si vedono solo i piedi. Numerose le telecamere presenti in aula, autorizzate a fare le riprese pur con queste cautele per la sicurezza del testimone. In collegamento dal carcere di Viterbo l'imputato Francesco Tagliavia. Il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi assiste in aula alla deposizione del pentito Spatuzza. Nell'aula bunker assiste al processo anche una scolaresca dell'Istituto tecnico per il turismo 'Marco Polo' di Firenze, accompagnata dagli insegnanti. A fare le riprese anche uno studente dell'Università di Firenze per un sito di informazione studentesca autorizzato dal presidente della Corte di Assise Nicola Pisano.

Su Francesco Tagliavia, Spatuzza ha continutato: "L'ho visto per la prima volta nell'86-87, periodo in cui eravamo partecipi per spingere il Partito socialista. C'è stato un incontro politico in Sant'Erasmo, in un ristorantino in via del Tiro a segno". Questo il racconto del pentito sull'incontro con Tagliavia, che figura come unico imputato nel processo. Spatuzza risponde alle domande del pm Nicolosi: "Non era una persona comune - ha detto riferendosi a Tagliavia -, l'ho capito subito, quel giorno era tutto vestito di nero, non so se gli era morto il fratello. Negli anni seguenti abbiamo poi fatto degli omicidi insieme".

Fonte: Repubblica


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