Suicida il portiere di via Poma
"Anni di sospetti non lasciano vivere"

Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma nel quale venne uccisa Simonetta Cesaroni, è stato trovato morto in mare a Torre Ovo, nella marina di Maruggio, in provincia di Taranto. A lanciare la notizia è il Tg5, che spiega come l'uomo si sia suicidato, gettandosi in acqua con una pietra al collo. Vicino al cadavere sono stati ritrovati biglietti con la scritta: "Vent'anni di martirio e di sofferenza senza colpa non lasciano vivere".

Vanacore fu arrestato il 3 agosto del 1990, tre giorni dopo il delitto, con l'accusa di omicidio. Il 16 giugno 1993 fu prosciolto perché "il fatto non sussisteva". Decisione che divenne definitiva nel 1995, anche dopo il ricorso in Cassazione. Dopo l'uscita di scena dal giallo di via Poma, Vanacore decise di lasciare Roma.

Si trasferì infatti a Torricella, in provincia di Taranto, dove continuò a vivere per anni, fino al tragico gesto di queste ore. I biglietti ritrovati, scritti da Vanacore per motivare il suo gesto, sono stati lasciati sul tergicristallo dell'auto e all'interno della vettura, ritrovata poco lontano dal luogo del suicidio. Il corpo dell'uomo era a cinque metri dalla riva, con il volto riverso in acqua. Aveva una pesante pietra legata al collo. Sul posto, oltre a polizia e carabinieri, è arrivato anche il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto, Franco Sebastio.

Il difensore di Busco: ha vissuto con rimorso
"La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza processuale per non essere collegata. Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non perché fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva". Sono queste le parole con cui l'avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, sotto processo proprio per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, commenta la notizia del suicidio. "Non so come interpretare questo fatto - ha aggiunto -. L'ho saputo 20 minuti dopo che era successo. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni. Non se l'è sentita, in sostanza, di affrontare i giudici e gli avvocati in aula"

Avrebbe dovuto deporre il 12 marzo
Pietro Vanacore avrebbe infatti dovuto deporre il prossimo 12 marzo nel processo a Roma per l'omicidio di Simonetta. Ma avrebbe comunque potuto avvalersi della facoltà di non rispondere per essere stato indagato in un procedimento connesso. Si sarebbe potuto presentare in aula con l'assistenza di un avvocato e poi rifiutare, proprio perché già coinvolto in passato nella vicenda Cesaroni , di rispondere alle domande di pm e delle altri parti.

Ex pm: "20 anni di sospetti solo sua idea"
"Il suicidio è un fatto che intristisce e addolora. Il primo pensiero è quello di esprimere una umana compassione, ma i 20 anni di sospetti ai quali allude è, tuttavia, una valutazione personalissima". Lo afferma Italo Ormanni, attuale responsabile del Dipartimento Giustizia del dicastero di via Arenula e già procuratore aggiunto della repubblica di Roma, a proposito del suicidio di Pietrino Vanacore. "Non è un mistero - ha dichiarato - che alla riapertura delle indagini, dovendo riapprofondire tutte le posizioni, fu deciso di indagare nuovamente anche su Vanacore. Era inevitabile, ma non emersero elementi su di lui. Poi, alla luce delle conclusioni peritali che individuavano una traccia di saliva sul corpetto di Simonetta e indicavano la compatibilità del segno di un morso sul cadavere con l'arcata dentale di Raniero Busco, finimmo tutti per non avere alcun dubbio su quest'ultimo".

Fonte: tgcom