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SUPERSUPREMO
La prima grande monografica dedicata a Bernardino di Betto. A Perugia, Galleria dell'Umbria, tavole da tutto il mondo. A Spello la "cappella Bella" come non è mai stata vista, visitabile dall'interno. Ritrovati i disegni preparatori per gli affreschi della Sistina.

PERUGIA/SPELLO - Pintoricchio, il maestro umbro "offuscato" dal Perugino e con Raffaello sullo sfondo, ingiustamente vituperato dal Vasari, chiede giustizia con la mostra che fino al 29 giugno a Perugia e a Spello celebra i 550 anni della nascita e in cui vuole dimostrare di non essere solo un pittore di "Madonne e Bambini". Mostra difficile perché "l'ottanta per cento della produzione del Pintoricchio è pittura murale", una pittura trionfante dove anche i sassi sono ciotoli d'oro, a Roma e in Vaticano al servizio di cinque papi, a Siena e a Spello. E allora la mostra che riunisce i dipinti mobili del Pintoricchio è a Perugia, Galleria dell'Umbria, e il Pintoricchio "artista murale" è a Spello, una ventina di chilometri, nella chiesa di Santa Maria Maggiore.

Anzi è a Spello che la celebrazione ha una delle vette perché il pubblico può vedere la "cappella Bella", il nome che subito nel 1501 fu dato dal popolo alla "cappella Baglioni", come non l'ha mai vista. Non più a distanza, dalla navata, dietro ai vetri, ma dentro la cappella , a poche decine di centimetri dalle tre grandi lunette affrescate, con una nuova illuminazione. Questo grazie al pavimento trasparente, sollevato di una ventina di centimetri sul pavimento di maiolica (non originale, ma antico), che occupa la zona centrale. Da lì si può penetrare i particolari, quello che il Pintoricchio ha dipinto al fondo dell'"Annunciazione", lo scontro di minuscoli armati fra le mura della cittadella, o nella "Natività" i pastori orbi e sdentati che precedono il corteo dei Magi, o nella "Disputa" il San Giuseppe che Maria strattona mentre assistono esterrefatti a Gesù che tiene testa ai dottori, e la straordinaria galleria di ritratti. Una sorpresa che si paga con il "numero chiuso" dei visitatori ammessi contemporaneamente, 25 per 15 minuti, per mantenere accettabili temperature e umidità.

Altro punto di forza della mostra (e maggiore novità) sono i disegni che per la prima volta documentano quello che si era affermato e cioè la collaborazione di Pintoricchio col Perugino negli affreschi della Sistina. La mostra si espande poi in Umbria con gli itinerari di Pintoricchio.

La mostra chiede giustizia a cominciare dal nome del pittore, quel "Pinturicchio" che se non è una invenzione del Vasari fu la sua codificazione con il titolo della acida biografia nell'edizione 1568 de "Le Vite". Ma è Bernardino di Betto, il nome completo, che nel 1501 si firma sotto l'autoritratto nella "cappella Bella": "Bernardinus Pictoricius Perusinus". "Pintoricchio", "piccolo pittore" adatto a lui che era piccolo, di poco aspetto e sordicchio. Ma il Vasari ignorò il capolavoro di Spello e il capolavoro delle pale del Pintoricchio, quella di Santa Maria dei Fossi (in mostra). Le notizie su Bernardino gliele diede Dono Doni, un pittore locale che non poteva ignorare la produzione locale.

Dalla biografia traspare un malanimo che non può essere capito neppure come i giudizi del pittore di una scuola contro un'altra scuola. "Sì come sono molti aiutati dalla fortuna senza essere di molta virtù dotati" - così comincia - "il che si vide nel Pinturicchio da Perugia", che ebbe "molto maggior nome che le sue opere non meritarono". Gli riconosce solo "molta pratica" "né lavori grandi". "Soddisfece assai a molti principi e signori, perché dava presto l'opere finite sì come desiderano". Vasari non salva Bernardino neppure nella morte, che attribuisce al "dispiacere" per la fortuna dei frati di San Francesco di Siena di aver trovato 500 ducati d'oro in un "cassonaccio" lasciato nella stanza del pittore e che lui aveva fatto togliere. Eppure Vasari non aveva bisogno di inventare: Bernardino morì l'11 dicembre 1513 (a 53-57 anni) nella campagna di Siena dove si era ritirato, ricco, malato e abbandonato dalla moglie.

Questa, che è la prima mostra dedicata al Pintoricchio, riunisce più di cento opere, tavole in grande maggioranza di cui 23 di Bernardino, cioè gran parte delle sue opere mobili da mezzo mondo, alcune presentate in Italia per la prima volta. Vittoria Garibaldi che ha curato la mostra (con Francesco Federico Mancini dell'Università di Perugia), osserva che questo gruppo di dipinti, mai messo a confronto, approfondisce la fase matura di Bernardino caratterizzata "da sofisticate squisitezze formali e da brillanti intonazioni cromatiche" per arrivare al capolavoro dei Fossi.

Rispetto alle soluzioni narrative del Perugino - osserva Francesco Buranelli, presidente del comitato per i 550 anni - Pintoricchio fu tra i primi "a estendere, con il paesaggio, la percezione illusionistica dello spazio". Se nella fattura, nei materiali, nell'onnipresenza di una 'pioggia' d'oro nelle lumeggiature, Pintoricchio può rimandare al tardo-gotico del Trecento e primo Quattrocento umbro, Buranelli si augura che la mostra "convinca tutti della grande modernità dell'artista". Per l'interesse al "vero", al dettaglio naturalistico, alla descrizione meticolosa della natura, alla ritrattistica, per la passione per l'antico.

La pittura di Bernardino è "luminosa e raffinata", attenta "ai particolari più decorativi e minuziosi come le lumeggiature dorate sulle fronde degli alberi" che fanno pensare a una formazione da miniatore. In una straordinaria pagina miniata troviamo la "fuga" dei pilastri simmetrici, scolpiti con candelabre, che può aver ispirato Bernardino per l'"Annunciazione" a Spello. Ma con un colpo di genio, lo spostamento leggero dell'asse dei pilastri. Ne deriva uno sfondo molto più dinamico, una proiezione in un altro ambiente molto più animato.

Per la prima volta le celebri otto tavolette dei miracoli di San Bernardino da Siena sono presentate come dovevano essere in verticale negli sguanci di una nicchia e non una accanto all'altra come sono esposte nella Galleria dell'Umbria. La nicchia doveva essere un altare con al centro un gonfalone con l'immagine o piuttosto una statua lignea del santo. In mostra la nicchia è chiusa in alto dal pannello con il simbolo di San Bernardino uscito dai depositi della Galleria.
L'attribuzione per ora è "Bottega del 1473" che è poi quella di Bartolomeo Caporali. A Pierantonio di Nicolò del Pocciolo sono attribuite "le due storie più deboli" e a Sante d'Apollonio altre due che completano il lato destro. Pintoricchio è accolto per le due scene superiori e sempre a Pintoricchio "sono ora riconosciute le due storie in basso tradizionalmente ascritte a Perugino". Ma bisogna anche pensare ad artisti che intervengano in progressione l'uno sul pannello dell'altro.

Fra gli artisti che hanno camminato con Pintoricchio c'è Piermatteo d'Amelia, "interprete di un linguaggio raffinato che esalta la lezione 'verrocchiesca', stemperata alla luce delle preziosità" di Pintoricchio". E in mostra c'è la pala dei Francescani, da Terni, capolavoro di fondi oro, della veste di lacca di Maria che spunta sotto a un mantello blu dalla fodera verde. Ma i visitatori sono attirati da un oggettino da nulla. Isolato sul bordo della base bianca di marmo del trono di Maria e Gesù, è un moccoletto di candela, spento, fissato con un chiodino. Ha una tale forza di attrazione che per evitare guai l'allestimento permette di avvicinarsi a pochi centimetri.

La mostra ha un "cuore", una piccola sala in cui per la prima volta (e con qualche tremore sull'impatto) sono state riunite nove tavolette di "Madonna con Bambino" della maturità dell'artista. Le accompagnano la pala della "Madonna della Pace" e un ritrattino di giovinetto che potrebbe essere uno dei primi ritratti di Bernardino. Le nove Madonne hanno un impatto felicissimo e nella finezza e ricchezza generali fanno scoprire i particolari diversi nelle espressioni, azioni, posizioni, abiti, veli e gioielli, libri, fiori e animali, e soprattutto dettagli di ogni tipo negli sfondi, la vera sorpresa. Un confronto anche per risolvere dubbi (come per la "Madonna Salting", fra Bernardino e Caporali). Sono arrivate da Honolulu (con un sacco di noccioline), Varsavia, Berlino, Philadelphia, Raleigh, Houston (la raffinatissima "Madonna del Latte" con l'arco antico e il martirio di Sebastiano).

Si scoprono certi accorgimenti per far fronte a una produzione richiestissima, di devozione privata. Così il Bambino che stringe un cardellino, da Honolulu, e che ha una stretta somiglianza con il Bambino di Cleveland, era stato disegnato nudo. All'origine i due Bambini erano identici e venivano adattati secondo richieste. Il volto di un mesto Bambino che in piedi legge un libretto (da Raleigh) è molto simile al volto del Bambino da Philadelphia in piedi su di uno sgabello, che impara a leggere sotto l'attenzione di Maria. Il Pintoricchio è il pittore che ha più rappresentato il Bambino con un libro in mano.

La tavolettina (36 per 26) dal Brooklyn Museum, e il committente ripreso dal vero nella pala di San Severino Marche, fanno capire quale formidabile ritrattista avrebbe potuto essere Bernardino ed è stato negli affreschi. Il committente della pala (1490 circa) è don Libero Bartelli, ricco e importante canonico di San Severino, ritratto di profilo, veste rossa e mani giunte, ma dal piglio deciso, senza condiscendenze. La venuzza sulla tempia, le rughe, la fossetta a lato della bocca dicono di una "presa diretta". Siamo di fronte a una "suprema perizia tecnica".

Prima di scendere dalle sale superiori alla Sala Podiani fermatevi sulla "terrazza" che affaccia sulla monumentale pala di Santa Maria dei Fossi (altezza oltre i cinque metri e base di 3,14) dipinta dal febbraio 1495 al 1496 e alla quale è riservata un'intera parete di blu intenso. La Madonna col Bambino diventerà un prototipo per una serie senza fine di dipinti devozionali (di Bernardino o no). Dalla "terrazza" si è all'altezza del Cristo in Pietà che emerge dal sepolcro, sorretto da due angeli: un corpo cinereo e atletico nelle pieghe della pelle, pettorali, muscoli addominali appena accennati.

Il grande fregio in latino ricorda "Guarda o mortale da quale sangue sei stato redento". Nella scena centrale la Madonna con Gesù è su un trono dalla maestosità ed elaborazione antiche, proiettato su di uno sfondo infinito (ma con casette a un piano curate con minuzia). San Giovannino sta consegnando a un mesto Gesù una sontuosa Croce su cui è avvolta la scritta "Ecce agnus Dei". Il tema cristologico è ribadito dalla melograna in mano a Gesù (e Maria a significare il dramma della Croce che trapasserà anche il suo cuore di madre), dai frutti sparsi ai piedi del trono. Nella predella sotto lo scomparto centrale doveva esserci Alessandro VI, con cardinali, frati, dignitari. Quel papa Borgia oltremodo chiacchierato. Fatto sta - osserva Mancini - che alla morte del papa nell'agosto 1503 e alla vasta "damnatio memoriae" che ne seguì, la scena scomparve, sostituita dal "Battesimo di Cristo" e la predella fu riorganizzata e forse fatta dipingere da Eusebio da San Giorgio.

La pala pur lodatissima dai contemporanei nel 1784 era già smembrata e il "Battesimo" disperso. Nel 1863 però la pala era ricomposta negli altri pannelli diventando una delle opere di riferimento dell'appena inaugurata Galleria dell'Umbria. Al posto del "Battesimo" era collocata una iscrizione che ricordava la ri-composizione della pala ed anche l'"incuria" che aveva rovinato la "ligneam molem". Solo nel 2006 l'iscrizione è stata messa al suo posto.

Di fronte alla pala il confronto con un angelo del giovane Raffaello e il Cristo in Pietà del Perugino. Il "Busto di un Angelo" viene considerato "una delle opere più pintoricchiesche di Raffaello", ispirato dagli angeli di Pintoricchio alla "cappella Bella". L'"Angelo" è un frammento della perduta "Incoronazione di San Nicola da Tolentino" commissionata per una cappella a Città di Castello al diciassettenne Raffaello e al più anziano Evangelista di Pian di Meleto. La cappella fu travolta con la chiesa da un terremoto nel 1789 e la pala fu segata nei quattro pezzi che potevano essere venduti: uno è l'"Angelo" finito a Brescia, pinacoteca Tosio Martinengo (le ali furono dipinte in toni di verde molto diversi). Anche il Cristo in Pietà del Perugino è una cimasa, della celebre pala dei Decemviri per la cappella dei Priori, firmata e datata 1495. Rimossa la pala intorno al 1560, la cimasa è rimasta a Perugia e la scena centrale è finita alla Pinacoteca Vaticana dopo essere stata portata a Parigi con le razzie napoleoniche. Cristo è solo ed emerge ad occhi chiusi dal sepolcro offrendo le piaghe. Nulla di scolpito, il torace appena accennato, un corpo sfatto, di ocra intenso.

Anche in mostra c'è un frammento della formidabile pittura su muro di Pintoricchio: un Bambino, un pezzo della scandalosa scena affrescata nell'appartamento Borgia in Vaticano, con una Madonna dalle fattezze di Giulia Farnese, l'amante di Alessandro VI.

Grande pregio della mostra sono i disegni che Claudia La Malfa ha trovato e che superano la mancanza di documenti e fonti sul Pintoricchio alla Sistina. "I disegni provano che Pintoricchio fu coinvolto in modo attivo, fornendo, come Perugino, i disegni preparatori". I più importanti sono "Giovane uomo nudo che incede" (Biblioteca Reale di Torino) che esce dalla cerchia del Perugino e per la tecnica è attribuito al Pintoricchio. Il disegno corrisponde allo stesso gruppo nel "Battesimo di Gesù", uno dei due riquadri assegnati al Perugino. Un doppio disegno di Bernardino (uscito per la prima volta dal Courtauld Institute di Londra): un angelo in volo (recto) e un uomo in piedi di spalle (verso). L'angelo corrisponde a quello sulla destra della mandorla dell'"Assunzione della Vergine", la pala del Perugino cancellata dalla parete finale della Sistina. L'uomo a quello all'estrema sinistra del "Battesimo di Cristo".

Notizie utili - "Pintoricchio". Dal 2 febbraio al 29 giugno. Perugia: Galleria nazionale dell'Umbria, corso Vannucci. Spello (Perugia): Chiesa di Santa Maria Maggiore, cappella Baglioni e Pinacoteca civica. Promossa dal Comitato nazionale per il 550° anniversario della nascita del Pintoricchio. A cura di Vittoria Garibaldi e Francesco Federico Mancini. Comitato scientifico internazionale. Catalogo Silvana Editoriale. Guida "Pintoricchio. Itinerari in Umbria" di Paola Mercurelli Salari (Silvana Editoriale).

Orari Perugia: tutti i giorni; fino al 30 marzo 9,30-19; 31 marzo-29 giugno 9,30- 20. La biglietteria chiude un'ora prima.

Biglietti Perugia: intero 10 euro; ridotto 8 (gruppi minimo 15 persone); ridotto scuole 4; integrato mostra-Galleria 12; cumulativo mostra a Perugia-Cappella Baglioni e Pinacoteca a
Spello 12. Visite guidate scuole (massimo 25 persone, durata un'ora) 60 euro. Audioguide 5 euro. Radioguida (microfono per la guida e apparecchi riceventi per visitatori) obbligatoria per i gruppi, con o senza guida propria 30 euro. Prenotazione 1,50 euro (0,50 studente).

Orari Spello: chiesa di Santa Maria Maggiore, cappella Baglioni (accesso programmato nel rispetto delle funzioni religiose; massimo 25 persone ogni 15 minuti). Fino al 30 marzo, dal lunedì al sabato 9,30-19; domeniche e 24 marzo 12,30-19. Dal 31 marzo al 29 giugno dal lunedì al sabato 9,30-20; domeniche 12,30-20. Chiuso il 25 maggio (Corpus Domini). Pinacoteca civica tutti i giorni 10,30-18,30. La biglietteria chiude 30 minuti prima.

Biglietti Spello: intero 5 euro; ridotto 4 (gruppi minimo 15 persone); ridotto scuole 2; cumulativo mostra a Perugia-Cappella Baglioni e Pinacoteca a Spello 12. Audioguide 4 euro. Prenotazione 1,50 euro (0,50 studente).

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