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SUPERSUPREMO
A Rovigo, a Palazzo Roverella, una grande mostra celebra la Belle Epoque nell'arte italiana. Circa 150 opere tra dipinti e affiches, rievocano l'euforia economica, culturale e di costume dei quarant'anni che precedettero la Grande Guerra.



Ulisse Caputo
L'ora del the, 1914
Collezione privata

ROVIGO - "La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un'armonia generale, non solo nel gesto e nell'armonia delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffe in cui si avvolge, che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità". Così Charles Baudelaire decantava l'essenza della femminilità moderna nel suo trattato Le Peintre de la vie moderne nel 1863, anticipando inconsapevolmente quella che sarà la protagonista indiscussa della Belle Epoque, una sorta di età dell'oro, un momento magico di sviluppo e benessere, di fiducia nel progresso tecnologico, di euforia economica e culturale che investì le grandi capitali europee, Parigi, Londra, Vienna, e in Italia Milano e Torino, tra gli ultimi venti anni dell'Ottocento e lo scoppio della prima guerra mondiale. Una fantasmagorica parabola di nuovi fenomeni di costume, dalle esposizioni universali ai caffè concerto, ai grandi magazzini, ai bagni di mare, alle gare sportive, alle corse automobilistiche, ai voli in aeroplano.

Un'accelerazione vitale che si impose anche nel mondo delle arti, tra strategie pittoriche e pubblicitarie con l'avvento edulcorato della grafica per una cartellonistica d'autore. Un'epopea che viene celebrata a Palazzo Roverella con la grande mostra "La Belle Epoque", visitabile dal 10 febbraio al 13 luglio, dove, sotto la cura di Dario Matteoni e Francesca Cagianelli, sono stati raccolti circa 130 dipinti e una ventina di affiches per raccontare, soprattutto attraverso il leitmotiv del ritratto femminile di una femme fatale cresciuta in una borghesia scalpitante, le mode e le pose, i vizi e le virtù, gli eccessi e le rivoluzioni, i giochi di seduzione e le ambiguità, indagandone i momenti di vita pubblica tra gite al mare, escursioni in riviera, sfilate di moda e uscite notturne nei teatri, casinò e feste, ma anche le pause dell'intimità dai risvolti voluttuosi e torbidi. Tra vanità e lusso, alcool e morfina, al centro di tutto c'è sempre lei, la donna. Come raccontano i grandi italiani della Belle Epoque.

Il pugliese di Barletta Giuseppe De Nittis, le cui donne popolano ippodromi e teatri con mise impeccabili, con il vezzo di una seduta in bilico sulla sedia carica di sfrontatezza o sfoggiando il monocolo, a esprimere un cocktail di eleganza, lusso e emancipazione culturale.

C'è il veneto Federico Zandomeneghi, che si conquista una fama come cantore di un nuova tipologia femminile, della figura di giovane donna che ride, mostrando con una franca civetteria due file di bei denti.

E il ferrarese Giovanni Boldini che costruisce la sua fortuna immortalando dame dell'alta società cosmopolita con un virtuosismo di segno e di colori assolutamente unici, dispiegando la complessa varietà femminile tanto nella lussuosa e felpata intimità dei salotti privati quanto sul palcoscenico della vita urbana.

Il livornese Vittorio Corcos, audace e spavaldo, che decanta una immagine femminile ritenuta addirittura inquietante per la sua estrema modernità, scegliendo eroine ambigue e voluttuose, sull'orlo della perdizione come esprime la sua strepitosa "Morfinomane".

Il cliché della femminilità può essere stravolto dalla modernità, come esprimono le farandoles di Giuseppe Cominetti che mettono in scena l'ebbrezza del can can e del tango, silhouettes scomposte invase da un'emotività ormai incontrollabile. Così come le toilettes delle Perdute di Pompeo Mariani seducono impudiche nell'atmosfera dorata del casinò di Montecarlo.

Euforia e frivolezza dominano nelle opere d'arte della Belle Epoque, anche se sotto la superficie serpeggiavano i virus di un malessere che sfociò nel dramma della Grande Guerra. L'universo mondano rimane il fil rouge della Belle Epoque, che scorre negli abiti, negli sguardi, nei dettagli. Sono, per esempio le piume che adornano i vestiti delle donne, le scarpette, i monocoli, i bastoni e i cilindri degli uomini, che infiammano di edonismo sfrenato il quadro di Aroldo Bonzagni "Mondanità o Uscita dal veglione". L'artista illustra con disincantata ironia l'incedere di una folla di uomini e donne che in abiti eleganti aleggiano, quasi sospesi su un tappeto rosso, fuori da un veglione appeno concluso.

Immagini guida di una modernità che gareggia per affermarsi escono dalla matita di Leonetto Cappiello, o piuttosto di quella di Marcello Dudovic e Leopoldo Metlicovitz, pionieri indiscussi della grafica pubblicitaria, o come si diceva con una parola coniata in quegli anni, réclame, di abbigliamenti, alimenti, bevande, biciclette e automobili, ma anche di nuovi servizi urbani e di invitanti località di villeggiatura.

E i toscani Giovanni Costetti e Alfredo Müller, che rimane a Parigi dal 1889 al 1914 e si impone come incisore e illustratore di grande raffinatezza e forza espressiva, particolarmente dedito alla descrizione delle dame notturne come nella suggestiva "Place Blanche". A dare saggio di un'abilità sopraffina nell'acquaforte a colori, Lionello Balestrieri, e ancora di Serafino Macchiati, che arriva a Parigi nel 1898, proprio in vista dell'incarico per l'illustrazione del libro di Paul Bourget, "Un crime d'amour". Ma è alla Parigi notturna, alla sua vibrante umanità che Lionello Balestrieri dedica molta attenzione, giocando ad arte con gli effetti della luce artificiale sugli abiti degli avventori di Brasserie a' Montmartre e di Cafè du Chat Noir a' Pigalle fino ai drammatici controluce di "I lavori della metropolitana a Parigi".

Icona della Belle Epoque appare poi la bicicletta, quella ormai evoluta con le ruote di uguale grandezza. Federico Zandomeneghi, attento osservatore dell'universo femminile, ne fa un vezzo, come nel suo "Rencontre a' biciclette", del 1896, rappresenta con singolare tempismo proprio la nuova occasione ormai affermata nella vita moderna: "Non è forse un caso - commenta - che la posa e l'abbigliamento delle due figure femminili, l'una a cavallo della bicicletta, l'altra appoggiata ad essa in attesa dell'amica, sembrano quasi ripresi da un coevo catalogo di vendita di un grande magazzino".

Notizie utili - "Belle Epoque", dal 10 febbraio al 13 luglio, Palazzo Roverella, Via Laurenti. Rovigo. La mostra è a cura di Francesca Cagianelli, Dario Mattoni.

Orari: martedì-venerdì 9-19; sabato 9-21; domenica 9-20. Chiuso i lunedì non festivi.

Biglietti: intero € 9, ridotto € 7.

Informazioni: Ufficio Provinciale Turistico, tel. 0425.386290, fax 0425.386270.

Catalogo: Silvana Editoriale Fonte
[Modificato da !Serenella! 13/02/2008 15:43]
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