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Secondo round di consultazioni. I partiti minori al Quirinale da Napolitano
Il Pd chiede al centrodestra un governo per le riforme, ma si prepara al voto
D'Alema. "Governo di responsabilità"
Berlusconi: "No all'unità nazionale"
Il leader della Cdl: "Subito al voto, legittimati dagli italiani"
ROMA - Seconda giornata di consultazioni al Quirinale, con ben undici delegazioni salite sul Colle per esporre al capo dello Stato il loro punto di vista sulla crisi. Un processione di partiti dallo scarso peso in Parlamento che non ha certo aiutato il presidente Napolitano a trovare il bandolo della matassa per scongiurare la fine anticipata della legislatura. Conclusione che ogni minuto che passa appare sempre più l'unico approdo possibile.
Ma sullo sfondo delle consultazioni si muovono i partiti maggiori. Il confronto sul dilemma governo-elezioni vede in campo, soprattutto, Pd e Forza Italia. Dal partito di Veltroni partono segnali a favore di un governo per le riforme o, addirittura di un esecutivo di "responsabilità nazionale". Per tutto il giorno, dalla Cdl arrivano dei "no" e si ripete il ritornello del "voto subito". In serata, il "no" più pesante arriva direttamente da Berlusconi: "Niente governo di unità nazionale, ci vuole un esecutivo legittimato dal voto".
Napolitano. Il capo dello Stato incontrando i giornalisti non ha potuto fare a meno di ammettere che "per il momento è impossibile qualsiasi anticipazione e qualsiasi sintesi", ma i rapporti di forze tra chi, come il Pd invoca un governo "di responsabilità nazionale" per porre mano a un piccolo numero di riforme urgenti e chi preme per tornare subito al voto sembrano in realtà molto chiari e sono decisamente a favore di questi ultimi.
I partiti minori. Tra i primi a incontrare il presidente della Repubblica è stato Clemente Mastella per ribadire la richiesta di elezioni anticipate: "No a governi tecnici. La politica in questa fase deve essere il medico della propria acuta malattia", ha detto il leader dell'Udeur.
Sostanzialmente sulla stessa posizione Dc di Rotondi e Nuovo Psi. I Comunisti italioani con Diliberto hanno detto no a qualunque governo che snaturi la coalizione, mentre i Verdi, con Pecoraro Scanio hanno chiesto un reincarico a Romano Prodi. Due sbocchi di fatto impossibili. Prima del Pdci era toccato ad Antonio Di Pietro, che lasciando lo Studio della Vetrata aveva spiegato: "Siamo disponibili a un governo istituzionale brevissimo che lavori solo per le emergenze di una nuova legge elettorale". Ragionamento condiviso dai partiti espressione delle minoranze linguistiche e dalla Sinistra democratica.
Lo scontro sul governo di responsabilità. Molto più che i distinguo e i veti incrociati espressi dai "piccoli", a pesare sull'esito della crisi saranno in realtà le scelte dei partiti maggiori, che oggi nel rimando di dichiarazioni alle agenzie e interventi ai convegni non si sono spostate di una virgola. Dal convengo della Fondazione Italianieuropei Massimo D'Alema, ribadendo la necessità di un governo che porti il Paese alle urne solo dopo una serie di riforme, ha richiamato Berlusconi e An al senso di responsabilità e a pensare all'interesse generale più che al tornaconto personale.
"Vorrei dire a Berlusconi - ha osservato il ministro degli Esteri - che è giustamente attento alla popolarità, che un governo di responsabilità nazionale sarebbe un governo popolarissimo, che restituirebbe credibilità alla politica". "Una volta esaurito il compito" di questo governo, ha proseguito, la parola tornerebbe "agli elettori in una condizione in cui il bipolarismo sia ricostruito in modo efficace". "Non si guardi all'interesse immediato ed effimero", ha concluso D'Alema, ma si abbia "uno sguardo di lungo respiro".
Il "no" del Cavaliere. Appello caduto nel vuoto. Il Cavaliere, dopo aver fatto visita all'anziana mamma malata a Milano, ha dichiarato in tarda serata: "Credo che l'Italia abbia bisogno non di un governo di unità nazionale ma di un governo che operi immediatamente, legittimato dal voto degli italiani". "Una crisi così profonda e le condizioni del Paese che tutti vediamo oggi" ha detto ancora Berlusconi "non possono che portare a una cura rivitalizzante che solo un governo che abbia la legittimità vera, determinata dal voto degli italiani, può fare".
A chiudere la porta in faccia al Pd ci aveva del resto già pensato Gianfranco Fini. "Oggi non ci sono le condizioni politiche né per fare le riforme istituzionali né per la legge elettorale", è stata la sua replica. "Lunedì - ha aggiunto il leader di An - chiederemo al presidente della Repubblica di prendere atto che non ci sono le condizioni né politiche né numeriche perché nasca un nuovo governo e quindi come la Costituzione espressamente prevede chiederemo di firmare sollecitamente il decreto di scioglimento delle Camere".
Esito, quello delle elezioni anticipate, che il Pd non ha potuto fare a meno di inserire chiaramente nel suo orizzonte. Ha il tipico sapore della campagna elettorale ad esempio la controreplica a Fini di Walter Veltroni. "Berlusconi ha una sua posizione, ma chi non capisco - ha commentato - è An che ha votato la legge Calderoli, poi ha promosso un referendum contro quella legge e ora vuole andare a votare con la legge Calderoli che voleva abrogare con il referendum".
Poi, cercando di dare la carica a un partito scosso dalla rapidità con cui si è consumata la crisi, il sindaco di Roma ha ricordato che "l'esito delle elezioni non è scontato". "Se ci sarà la sfida elettorale il Pd sarà pronto", gli ha fatto eco D'Alema, precisando che la proposta di un governo delle riforme "non muove dalla preoccupazione del voto", perché il Pd è pronto anche ad affrontare la sfida delle urne.
(26 gennaio 2008)
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