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Fallisce il vertice di maggioranza ottenuto da Pdci, Verdi, Udeur e Psi
alla vigilia del voto sulla bozza di riforma elettorale presentata dal presidente Bianco
Riforme: "Non c'è accordo"
Salta il "tavolo" dell'Unione
Bonelli (Verdi) e Angius (psi): "Pd indebolisce Prodi". Implode la Cosa Rossa
Russo Spena (Rc): "La riforma che scaturirebbe dal referendum è il male peggiore"
ROMA - La rivolta dei cespugli contro il Pd scoppia ufficialmente alle ore 19 e 30 intorno al tavolo del gruppo Pd al Senato dove è riunito un vertice, forse l'ultimo, per trovare un accordo nell'Unione sulla legge elettorale. Più o meno alla stessa ora, e nello posto, si certifica un altro fenomeno nel complesso quadro della maggioranza: lo sfascio della Cosa Rossa dopo appena due mesi di vita.
Succede che il Pd per bocca di Anna Finocchiaro comincia il vertice con toni perentori dicendo: "Dobbiamo calendarizzare il testo e, tempo una settimana, andare al voto sulla bozza Bianco di riforma alla legge elettorale (un proporzionale molto corretto in senso bipolare ndr)". A quel punto Pdci, Udeur, Verdi e Psi alzano il disco rosso e uno dopo l'altro lasciano la riunione. Dentro restano solo Rifondazione e Sd ancora in cerca di una mediazione. E' il segnale che la Cosa Rossa - Rc, Sd, verdi, Pdci- è già finita.
"Non è andata bene. E' rottura. Non c'è nessun accordo e il Pd ritiene prioritario e fondamentale l'intesa con Forza Italia e Berlusconi, a scapito di questioni fondamentali per il Paese". Con queste parole il capogruppo dei Verdi a Montecitorio Angelo Bonelli lascia per primo il vertice di maggioranza. La riunione era cominciata intorno alle 18 e 30 negli uffici al Senato del Pd dove intorno al tavolo si sono riuniti il ministro per le Riforme Vannino Chiti e i capigruppo di Camera e Senato di tutti i partiti dell'Unione. Per il Pd c'era anche il numero 2 Dario Franceschini. Assente, invece, il presidente della Commissione Affari Costituzionali Enzo Bianco (Pd) poiché relatore del testo. "Ma se è assente lui, con chi dobbiamo discutere?" si sono chiesti i rappresentanti dei partiti più piccoli dell'Unione da sempre contrari alla bozza a meno di autentiche rivoluzioni. Che la farebbero però diventare un'altra cosa. Uno snaturamento che Pd e Fi hanno fatto sapere di non accettare. Un concetto che stasera la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro ha ribadito intervenendo in apertura di vertice.
Erano stati stati quattro partiti (Verdi, Psi, Udeur, Pdci), giovedì, a chiedere e ottenere da Prodi il vertice di stasera. In tempo utile cioè per decidere modifiche sostanziali da portare alla bozza Bianco. Il vertice sembra quindi fallito. Anche perché, accordo o no, domani o dopo la Commissione voterà il testo della riforma elettorale con alcune modifiche ma non certo quelle richieste.
"Il Pd vuole andare avanti comunque e se ne frega di noi partiti piccoli. Sia chiaro a questo punto - aggiunge Bonelli - che Veltroni è responsabile dell'indebolimento di Prodi". Dove per indebolimento si deve intendere, come minimo, una crisi di governo che i cespugli faranno scattare alla prima occasione al Senato.
Dopo quella di Bonelli arriva la voce del socialista e transfuga dei Ds Gavino Angius. Anche lui ha lasciato il tavolo della maggioranza prima che la riunione sia finita. "Non siamo d'accordo sulla bozza Bianco. Quella proposta - dice Angius- rompe la coesione della maggioranza e rischia di minarne seriamente la tenuta e con essa quella del governo. C'è da essere molto preoccupati. E' stato improvvido procedere con un accordo preventivo con Forza Italia. Si tratta di una legge ipermaggioritaria a vantaggio esclusivo dei due maggiori partiti e cioè Pd e Fi. Vogliono un bipartitismo coatto. Se lo facciano loro" conclude Angius.
Dopo Bonelli e Angius è la volta di Antonio Satta (Uduer) che commenta: "Non capiamo questa forzatura del Partito democratico per votare la bozza Bianco, sembra un impegno inderogabile che ha preso con Berlusconi, con l'opposizione".
Tra gli ultimi esce il capogruppo di Rifondazione Giovanni Russo Spena. "Domani non si vota il testo Bianco" annuncia. ma il suo è un estremo tentativo di prendere tempo. Di non buttare a mare alleanze. E forse qualcosa di più. Il senatore ribadisce la
richiesta di profonde modifiche in modo da rendere il testo ''sostanzialmente proporzionale e rappresentativo perché in questo momento è troppo bipartitico, va bene soltanto a Fi e Pd. Su questo punto è in atto una discussione seria cui partecipa anche il Partito democratico. Noi, il Pd e la Sinistra democratica partiamo da un punto: la legge che scaturirebbe dal referendum è il male peggiore per la democrazia del Paese''. Già il referendum, la spada di Damocle, la rivoltella puntata: mercoledì la Consulta si riunisce per decidere se i tre quesiti (tutti verso un sistema nettamente maggioritario) sono ammissibili. Indiscrezioni parlano di un esame veloce e di semaforo verde. Questo farebbe scattare il contro alla rovescia per la consultazione tra il 10 aprile e il 10 giugno. O la riforma viene incardinata ddesso oppure il Parlamento potrebbe non avere più tempo per farla.
Il voto in Commissione potrebbe slittare al massimo a mercoledì. Pisicchio (Idv) e altri chiedono di farla slittare almeno alla prossima settimana. Di aspettare la Consulta. Domattina si riunisce la Commissione in Senato per le ultime correzioni possibili. Nel pomeriggio l'ufficio di Presidenza deciderà il calendario per il giorno dopo. La soluzione per salvare l'Unione sembra essere solo una: i quattro partiti dell'estrema sinistra devono confluire in un unico soggetto politico. Udeur e Psi, appena rinato, devono a loro volta sciogliersi in altre realtà più grandi. Perché una cosa è chiara: il Pd andrà avanti. Con Rc e Sd se ci stanno. Con Forza Italia di sicuro. E i piccoli partiti, quelli che si aggirano intorno al 2 per cento, hanno le ore contate.
(14 gennaio 2008)
Repubblica.it |