Nel 2000 sembrava l’eletto, oggi non si sa più chi sia
di ANDREA SCANZI
Un'anima in pena. Questo è, sempre di più, Ryan Adams. C'è da capirlo: nel 2000 lo salutarono come «next big thing» del rock, una sorta di Prescelto che aveva saputo mediare, nell'ancora insuperato Gold, country e pop, acustico ed elettrico, tradizione e innovazione. Si trattava davvero di capolavoro, uno dei pochi dischi irrinunciabili degli ultimi dieci anni.
I suoi primi passi furono tali da giustificare la coniazione di un genere ad hoc che fotografasse lo stile di Ryan Adams: la critica parlò di «alternative country», o addirittura di Americana: come se la musica del buon Ryan, nato 33 anni fa nel North Cartolina, coincidesse addirittura con l'America. Come se nelle sue note, nei suoi lineamenti stropicciati, nella sua voce in grado di arrampicarsi su suoni veracemente autentici, potesse rispecchiarsi un continente intero.
Non è facile esaudire le aspettative, specialmente quando sono (troppo) alte. Adams ha affrontato il futuro con insicurezza onnivora, sbandando di qua e di là come un pugile suonato. Ha inciso di tutto, ha litigato con i discografici di mezzo mondo, ha ammiccato alla nicchia per poi tornare commerciale. Ha «copiato» da ogni genere possibile. Nel 2004 ha regalato una cover mozzafiato di Wonderwall degli Oasis, l'anno dopo ha dato sfogo alla sua attitudine compulsiva incidendo tre dischi in dodici mesi. Per il 2006 aveva promesso altri tre dischi, ma la casa discografica non ha assecondato la sua bulimia compositiva.
Dopo due anni di pausa, per lui un'eternità, Adams (nessuna parentela con Bryan) è tornato sul mercato con Easy Tiger, che non è né carne né pesce. Più confuso che eclettico, più noioso che acustico, tranne qualche sparuto guizzo (perché il talento, a coltivarlo, ci sarebbe eccome).
La situazione è fin troppo semplice: Ryan Adams non ha ancora deciso cosa fare da grande. E' stato idraulico, cameriere, lavapiatti, panettiere, demolitore. Non ha la patente, non guarda la tv (a parte Friends, dice lui), è un mezzo matto che ama bere e vestirsi da cani (dicono gli altri). E' grande amico di Phil Lesh, icona dei Grateful Dead.
A volte è Bob Dylan, altre Neil Young, quando ha la luna di traverso oscilla tra Gram Persons e Damien Rice. L'auspicio, un giorno non lontano, è che decida di essere se stesso.
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