Bjork vive in un mondo tutto suo, "un Paradiso di fantasia, un bozzolo in cui mi piace rifugiarmi" diceva ai tempi di Vespertine, dove le cose non stanno normalmente al loro posto e il tempo è sospeso. Quando ci invita a visitarla, è sempre una sorpresa e un tuffo al cuore: sembra ieri la vertigine di Medulla e invece sono passati già tre anni, e questo nuovo album è così vicino così distante da quei luoghi, sempre dentro alle cose del mondo e alla testa della sua protagonista ma in un modo che ancora una volta stupisce.
Non aspettatevi "canzoni" di facile aggancio com’era nelle corde dell’artista giovinetta, non è più tempo di Veneri ragazzini. La proposta è piuttosto quella di un "paesaggio immaginario" in cui trascorrere un pezzo felice di second life, un accuratissimo intarsio elettroacustico cesellato al computer con suoni digitali e batterie vere, gli squilli di una solenne brass band, gli interventi di collaboratori che possono essere Timbaland o Konono n. 1, Brian Chippendale, Antony, Toumani Diabate, Min Xiao. Ogni tanto è musica trasparente, sinuosa, magie e misteri di un mondo sottomarino evocato già nell’album precedente e qui di nuovo inseguito (Bjork ha registrato alcune parti con un’apparecchiatura montata su una barca); altrove sono ricami di corde pizzicate su un risonante tombolo digitale o violente pennellate di ottoni, alte mura di suono che l’ineffabile bambina scala con la sua voce acrobatica.
Album tutt’altro che facile ma generoso, Volta sa ricompensare smodatamente chi arriva a penetrarlo. È incantevole l’entusiasmo della protagonista, che festeggia qui il paradossale trentennale del primo LP (aveva 12 anni!), e colpisce la sua perizia nell’intrecciare luminosi nodi di etnica futurista, lavorando con strumenti millenari come la kora o la pipa cinese per una vertiginosa idea di "trapassato futuro".
Earth Intruders è il primo efficace singolo, il secondo probabilmente sarà Declare Indipendence, o Innocence, per via del sangue ritmico che ribolle in quelle vene. Ma il magico del disco sta nelle canzoni all’opposto, nei momenti più delicati, trasparenti, da camera: in The Dull Flame Of Desire, dialogo tra Bjork e la sua coscienza (il Grillo Parlante è Antony), nel frinire minimale di I See Who You Are e in My Juvenile, ancora con Antony e un dolce scorticante clavicordo.
Riccardo Bertoncelli
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