L'arresto di Lucia
Ritornate a Siracusa, Eutichia risanata nel corpo e con l'anima piena di gioconda e spirituale letizia, in armonia col desiderio di Lucia, cominciò a vendere ogni cosa, distribuendo il ricavato ai poveri. Tutto ciò non passò inosservato a quel giovane che ambi-va alla mano di Lucia. Questi capì che la fanciulla doveva professare la fede cristiana e che difficilmente avrebbe sposato un pagano come lui. Resosi conto che Lucia non avrebbe mai rinunciato a Cristo e, deluso per il mancato matrimonio, non esitò a denunziarla all'arconte Pascasio, accusandola di prestare culto a Cristo e disobbedire così alle norme dell'editto di Diocleziano.
Lucia fu così arrestata e condotta dinanzi alla massima autorità.
Obbedisco alla legge del mio Dio
La fanciulla tranquilla e serena, nella certezza che Cristo le avrebbe dato la forza di sopportare qualunque pena, anche il martirio se fosse stato necessario, confermò davanti a Pascasio apertamente il suo credo e i suoi sentimenti e con forza ed energia si rifiutò di sacrificare agli dei: "Io obbedisco alla legge del mio Dio, come te a quelle dei Cesari - fu la risposta di Lucia - tu porti rispetto ai tuoi Superiori. io rendo omaggio al mio Signore; se tu non Vuoi offendere i Cesari, vorrò forse io offendere Iddio? Tu ti studi di piacere agli imperatori, io voglio piacere solo a Dio; ...fa dunque quello che credi sia giusto
per te, io opero secondo l'animo mio e secondo i miei princìpi".
Le minacce di Pascasio
Pascasio, sentito che Lucia magnificava la religione di Cristo, la minacciò di sevizie e di tormenti, ma la fanciulla anziché impaurirsi sembrò animarsi sempre più confidando nella promessa del Signore che aveva assicurato l'assistenza dello Spirito Santo ai suoi seguaci trascinati sulla via del martirio.
Pascasio le domandò: "Dentro di te c'è dunque lo Spirito di Dio?" e Lucia rispose con le parole di San Paolo: "Coloro che vivono castamente e piamente sono tempio di Dio; lo Spirito Santo abita in essi".
Queste parole Pascasio non poteva capirle quindi con rabbia crescente la minacciò: "Troverò bene il modo di cacciare da te questo Spirito che tu proclami Santo. Ah, tu vuoi dunque restare fedele sposa del tuo Dio? Ebbene, ti costringerò a subire violenze inaudite. Vedrai come fuggirà da te questo Spirito Santo, se è vero che lo porti nel cuore".
Il prodigioso intervento
Detto ciò comandò che la fanciulla fosse portata là dove avrebbe subito violenza la sua verginità: molti soldati le furono addosso spingendola brutalmente, ma per quanto si adoperassero, i loro sforzi erano inutili.
La legarono con delle funi alle mani e ai piedi e tutti insieme presero a tirare inutilmente; provarono allora a trascinarla con un paio di buoi ma la fragile fanciulla restava immobile come una roccia.
Il prodigioso intervento divino aveva reso Lucia così immobile che nessuna forza umana riusciva a smuoverla dal luogo dove si trovava.
Queste fiamme non possono bruciarmi
Allora Pascasio, inferocito per quanto succedeva, ordinò che il suo corpo fosse cosparso di pece, resina e olio e che si accendesse un gran fuoco. Ma le fiamme si ritraevano senza sfiorare il corpo della fanciulla.
"Queste fiamme non possono bruciarmi, Pascasio, perché i credenti devono conoscere la forza dimostrativa del martirio e perché i non credenti devono essere confusi e molti di loro, abbandonato l'orgoglio, possano credere e umiliarsi dinanzi al Signore".
Pascasio non credendo ai propri occhi domandò:
"Come e perché, fragile come sei, neppure mille ti hanno potuto smuovere?"
Lucia rispose: "Cadranno mille alla tua destra e diecimila alla tua sinistra, ma nessuno potrà accostarsi a te".
La corona del martirio
Il grande momento era vicino; Lucia stava per conquistare la corona del martirio e per congiungersi al suo Creatore, suo celeste Sposo. Con gli occhi e l'anima fissi in cielo immaginava di vedere Sant'Agata, vicina a lei, sorridente, che la invitava.
Lucia disse ancora: "E giunta la mia ora. Colpisci, Pascasio. e io morrò. Ma ti annunzio che la pace sarà restituita alla Chiesa di Dio. Diocleziano e Massimiano passeranno, e il Cristianesimo continuerà a diffondersi".
Lucia cadde in ginocchio come in atto di preghiera e la violenta spada penetrò in quelle teneri carni recidendo il capo. Era il 13 dicembre 304: Lucia, chiusa la sua giovane vita terrena, rinasceva nella gloria.
Dies natalis
Il giorno della morte è per i santi e per i martiri quello della vera nascita: il "dies natalis" cioè il "giorno natalizio" quando essi rinascono alla vita eterna. In-fatti, il Martirologio Gerominiano, sotto la data del 13 dicembre, riporta: "A Siracusa, città della Sicilia, il natale di santa Lucia vergine".
Una notevole discordanza si rileva quanto al supplizio di S. Lucia. Gli Atti greci dicono che fu decapitata, mentre la tradizione latina, ritiene S. Lucia trafitta al collo.
Il gesuita siracusano P. Ottavio Gaetani dei Marchesi di Sortino, che fu cultore della storiografia dell'antica Sicilia, riuscì a scoprire gli Atti greci di S. Lucia presso Giorgio Papadopulo, prete di rito greco "Il mio animo, scrisse egli allora, mi fa ritenere che gli Atti greci di S. Lucia siano più antichi dei Latini per Questo li stimo moltissimo.
Papadopulo
Il Codice, che fu denominato "Papadopulo" e pubblicato, oltre che dal Gaetani anche dal Can. G. Di Giovanni, concorda con le memorie su S. Lucia lasciateci sia da S. Gregorio Magno nel "Sacramentario" nell'Antifonario", sia da S. Adelmo nel suo poema "De laudibus virginum". Degno di nota è che il codice nel descrivere il supplizio di S. Lucia, a differenza degli Atti latini che parlano di rescissione della giugulare, riporta: "dette queste cose, le recisero il capo". La decapitazione, riservata ai condannati di nobile stirpe, narrata dal Papadopulo è confermaa dal fatto che il corpo di S. Lucia presenta il capo separato dal busto: un particolare questo che depone
a favore della maggior attendibilità storica degli Atti greci rispetto ai latini.
Mons. Lancia di Brolo nella sua "Storia della Chiesa in Sicilia" afferma che il Codice Papadopulo contiene gli Atti di S. Lucia senza errori ed incoerenze e presenta l'interrogatorio del Preside e le risposte delle Santa in tutta la loro semplicità e sublime bellezza, conformi a tutto quanto gli antichi Padri ricordano di S. Lucia; sicché si può ritenere siano stati composti sopra gli atti proconsolari subito dopo il martirio e sulle deposizioni delle persone che ne furono testimoni.
"A mio parere "afferma il Lancia di Brolo "gli Atti di S. Lucia sono uno dei più bei testimoni della nostra storia".
Iscrizione di Euskia
"Ma il più antico documento", scrive Mons. Garana, "del culto tributato a S. Lucia è costituito dalla celebre iscrizione di Euskia, nome corrispondente a quello di Ombrosa o Ombretta, rinvenuta il 22 giugno 1894 dall'archeologo Paolo Orsi durante le esplorazioni nelle Catacombe di S. Giovanni... L'epigrafe greca, tradotta in italiano, dice:
Euskia, la irreprensibile, vissuta buona e pura
per anni circa 25, morì nella festa
della mia Santa Lucia, per la quale non vi ha elogio condegno; (fu) cristiana fedele, perfetta grata al suo marito
di molta gratitudine".
L'epigrafe, datata al V secolo dall'Orsi al IV dal Pace, è la solida conferma della personalità storica di Lucia e del culto a lei tributato da sempre.